Condominio

Quando il parcheggio è una «servitù» e non un diritto personale

di Angelo Busani

Il diritto di parcheggiare un'autovettura in un dato posto-auto è definibile come “servitù” se la situazione concreta sia configurabile come utilità oggettiva per il fondo dominante (e cioè per l'edificio al cui servizio è destinato il posto-auto) e non come utilità personale del soggetto che ha interesse a parcheggiare.
Questa conclusione circa la liceità del contratto con il quale si costituisce una servitù di parcheggio è stata affermata dalla Cassazione nella sentenza n. 7561 del 18 marzo 2019: una pronuncia veramente rilevante in quanto, seppur non sia la prima volta che la Cassazione enuncia questo principio (vi è infatti un precedente nella sentenza 16698 del 6 luglio 2017):
a) il fatto che la Cassazione consolidi, con la sentenza n. 7561/2019, la svolta compiuta con la sentenza 16698/2017, è segno evidente che si è senz'altro aperta una nuova stagione interpretativa rispetto alla costante e rigida chiusura che la Cassazione (8137/2004, 1551/2009, 20409/2009, 5769/2013, 23708/2014) aveva avuto in passato con riferimento alla configurabilità di una servitù di parcheggio;
b) la predetta striscia di pronunce nelle quali la Cassazione aveva decisamente e ripetutamente negato la configurabilità di una servitù di parcheggio si scontrava infatti con la realtà degli interessi evidenziati dalla prassi della contrattazione quotidiana con riferimento a una questione, quella del parcheggio delle auto, di evidente importanza e densa di valore economico.
Infatti, la chiusura della Cassazione sulla configurabilità di una servitù di parcheggio comportava, ad esempio che:
- il diritto di parcheggio, non potendosi qualificare come servitù, avrebbe dovuto configurarsi come un diritto di uso o come un diritto derivante da un contratto di locazione o di comodato e, quindi, come situazioni giuridiche che non possono essere cedute da chi ne sia il titolare: quindi se Tizio, proprietario di un appartamento, acquisisce il diritto personale di parcheggiare nelle vicinanze e poi vende l'appartamento a Caio, quest'ultimo non subentra nel diritto di parcheggiare, ciò che invece accade se quel diritto di parcheggiare sia configurabile in termini di servitù;
- il contratto costitutivo della servitù era addirittura bollato come affetto da “nullità” per “impossibilità dell'oggetto” (Cass. 23708/2014): pertanto, chi avesse sborsato soldi per acquisire il diritto di parcheggiare avrebbe potuto richiederne la restituzione e il titolare del suolo gravato avrebbe potuto pretendere di non vedersi l'area gravata dalla presenza di autovetture altrui;
- il diritto di servitù, non essendo considerabile come “diritto reale”, non si rende suscettibile di essere usucapito.
La Cassazione argomentava questo suo atteggiamento negativo con la considerazione che il “diritto di parcheggiare” è un'utilità propria della persona fisica e che, pertanto, non può essere oggetto di un diritto di servitù, il quale, per sua natura, deve avere a oggetto l'utilità di un fondo (il fondo dominante) a carico di un altro fondo (il fondo servente).
La svolta della sentenza 16698/2017, confermata dalla sentenza 7561/2019 consiste dunque nell'affermazione dell'idea che il diritto di parcheggio può essere configurato:
- sia come diritto personale di godimento (se è una situazione di vantaggio riferibile a un dato soggetto);
- sia come diritto reale di godimento e, quindi, come servitù, se il contratto esprime il vantaggio che viene procurato a un immobile (si pensi a un'abitazione, a un ufficio, a un negozio, evidentemente nelle vicinanze) dal fatto di offrire, a chi ne sia il titolare, il vantaggio di poter utilizzare una data area come zona di parcheggio.
La rilevanza di quest'ultima situazione è che, se si vende il fondo dominante (l'edificio), per effetto del suo acquisto si ottiene anche il diritto di posizionare un'auto sul fondo servente (lo spazio di parcheggio); e che, viceversa, se si vende il fondo servente, chi lo acquista subisce l'altrui diritto di parcheggio. E' questo dunque un risultato con il quale le esigenze della vita reale e l'osservazione che ne fa l'ordinamento giuridico finalmente collimano, senza più stridere come accadeva in passato.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©