Condominio

Il condominio, piccolo Stato dove la democrazia va organizzata

di Valeria Sibilio

In epoca di società complesse, segnate da evidenti limiti dei corpi intermedi nei meccanismi di accesso alla gestione del potere, è emersa prepotentemente una scuola di pensiero e di azione incentrata su leadership che si esprimono attraverso una visione individualistica e verticale della gestione del potere.
Una visione giustificata da una distorta lettura del consenso elettorale dove la maggior percentuale raggiunta implicherebbe inevitabilmente anche un investimento popolare, nonostante tra governanti e governati manchino reali punti di sutura relazionale.
Un quadro che, negli anni, ha finito per valorizzare le formule di democrazia diretta attraverso l'uso indiscriminato della piazza o, più recentemente della rete, modificando quel reale e corretto equilibrio, nell'esercizio dell'egemonia, che rende proporzionalmente simile la gestione di un condominio da quello di uno Stato. Dimenticando che ogni struttura organizzata dovrebbe basare la propria gestione sui dati dell'esperienza, sottoponendola a critiche, verifiche e modifiche, e valorizzando la propria natura metodologica nel variegato universo della complessità e della dialettica del mondo reale.
In fondo, amministrare un condominio vuole dire relazionarsi quotidianamente con coloro, i condòmini, dai quali si è ricevuta la delega a rappresentare e concretizzare esigenze ed aspettative. Faccia a faccia ogni giorno.
Una forma di collegialità assorbente nella quale la responsabilità dei risultati è frutto di una compartecipazione attiva di più soggetti, ma che senza la presenza di una forza unificante della volontà condominiale, renderebbe vuota la determinazione della rappresentanza, anche se questa fosse espressione di una compiuta manifestazione di democrazia.

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