Condominio

GUIDA – Le tabelle millesimali degli edifici in condominio – Parte 5

di Marco Barrani

La tabella millesimale dell'ascensore, generalmente denominata Tabella C, è quella che determina la ripartizione delle spese di manutenzione e sostituzione di tale impianto. La ripartizione millesimale, e l'individuazione delle unità immobiliari che vi partecipano, dipendono prima di tutto dall'epoca di installazione dell'ascensore, ovvero, vanno distinti i casi in cui l'ascensore è stato installato contestualmente alla costruzione dell'edificio da quelli in cui è stato installato in epoca successiva.
Per consolidata giurisprudenza, nel caso in cui nell'edificio sia sempre stato presente l'ascensore, e dove non si sia diversamente disposto sui titoli di proprietà o regolamenti condominiali accettati all'unanimità, l'ascensore è proprietà comune di tutti i proprietari delle unità immobiliari dell'edificio come stabilito dall'art. 1117 c.c.. In tale situazione, la ripartizione delle relative spese e la ripartizione dei millesimi seguiranno gli stessi criteri dettati dalla norma per la ripartizione delle spese delle scale (Cass. Civ. Sez.VI n. 23222/2018, Cass. Civ. Sez.VI n. 22157/2018, Cass. Civ. Sez. II n. 20713/2017, Cass. Civ. Sez.II n. 5975/2004, Cass. Civ. Sez.II n. 3264/2005). Con la L. n. 220/2012, infatti, in accoglimento di un consolidato orientamento, il termine ascensore è stato aggiunto a quello delle scale nella nuova formulazione dell'art. 1124 c.c. che così dispone: “Le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l'altra metà esclusivamente in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo. Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune”.
Quanto detto per la ripartizione dei millesimi delle scale al capitolo precedente, vale quindi anche per la ripartizione dei millesimi dell'ascensore: seguendo l'identica ratio, pertanto, tutte le unità immobiliari dovranno partecipare a tale ripartizione secondo una suddivisione di 500 millesimi in base ai rispettivi valori ed una suddivisione di 500 millesimi in base alle altezze di ubicazione. Sempre secondo gli stessi dettami normativi, ma soprattutto secondo gli orientamenti dettati dalla Giustizia di legittimità, anche le unità al piano terra, ancorché prive di accessi dall'androne o dal vano scala, rientreranno in tale ripartizione ma limitatamente a quella della prima metà stabilita in base al valore di tutte le unità immobiliari; sempre limitatamente alla ripartizione di tale prima metà parteciperanno anche quegli immobili, come soffitte, palchi morti, cantine, ecc., anche se accessibili da un piano raggiunto direttamente dalla scala o dall'ascensore, visto che per la loro specifica destinazione d'uso non implicano un effettivo maggior utilizzo di tali parti o impianti comuni e pertanto non vanno considerate nella ripartizione della seconda metà dei millesimi. A tale seconda metà, invece, ripartizione che sarà eseguita in base alle effettive altezze di ubicazione, e nella quale ad ogni piano sarà attribuita una quota millesimale che sarà poi ripartita tra le unità ubicate al piano medesimo ed in proporzione dei rispettivi valori, parteciperanno solo quelle posizionate ai piani superiori al piano terra.
Se l'installazione dell'ascensore è avvenuta in epoca successiva rispetto alla costruzione dell'edificio, invece, la relativa proprietà appartiene, esclusivamente, ai condomini che vi hanno provveduto a proprie spese. In tale fattispecie, infatti, l'installazione dell'ascensore rientra tra quelle innovazioni disciplinate dall'art. 1121 c.c., e considerate tra quelle comportanti una spesa gravosa ma, soprattutto, tra quelle suscettibili di utilizzazione separata: “Qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa.
Se l'utilizzazione separata non è possibile, l'innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.
Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera” (Art. 1121 c.c.).
In tale seconda ipotesi, pertanto, la tabella C sarà predisposta includendo soltanto le unità immobiliari appartenenti ai condomini che hanno provveduto all'installazione dell'ascensore; la ripartizione delle spese di manutenzione e dei relativi millesimi sarà eseguita tra gli stessi condomini secondo i medesimi criteri stabiliti dall'art. 1124 c.c., suddividendo quindi la prima metà dei millesimi in base ai valori delle unità immobiliari e la seconda metà in base alle altezze di ubicazione, ma escludendo le unità dei proprietari che non hanno voluto partecipare a tale innovazione. Questi ultimi, tuttavia, come consentito dal 3° comma dell'art. 1121 c.c., e come avvalorato da consolidata giurisprudenza, potrebbero usufruirne successivamente, pagando pro quota le spese di costruzione maggiorate dei relativi interessi e compartecipando, da lì in avanti, al pagamento delle relative spese (Cass. Civ. sez. II n. 20713/2017).
In definitiva, sia la scala che l'ascensore sono annoverate tra quelle parti comuni dell'edificio che forniscono un'utilità differente ai condomini e la cui differente ripartizione delle spese, non più proporzionale soltanto al valore delle unità immobiliari, è genericamente prevista dal 2° comma dell'art. 1123 c.c.: “Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne”; come abbiamo visto, per scale ed ascensori, i criteri di ripartizione sono poi stabiliti in modo particolare dall'art. 1124. In base a quanto detto prima, è chiaro che quanto disposto invece dal 3° comma dell'art. 1123 c.c., per le parti comuni suscettibili di utilizzazione separata, non è applicabile alla singola scala presente in un edificio poiché nessuna delle unità immobiliari, secondo gli orientamenti interpretativi descritti, può essere esclusa dalla contribuzione delle relative spese; lo stesso principio vale anche per le spese inerenti la manutenzione e la sostituzione dell'ascensore quando lo stesso sia sempre esistito nell'edificio. Nel caso in cui l'ascensore sia stato installato successivamente, invece, essendo suscettibile di utilizzazione separata a favore dei condomini che hanno provveduto all'installazione, si possono esonerare dalle relative spese gli altri condomini.
Per le scale e gli ascensori, quindi, l'applicazione di quanto previsto dalla normativa per la ripartizione delle spese di quelle parti o impianti comuni che forniscono un servizio ad una parte soltanto dei condomini, è possibile solo quando gli edifici dispongono di più di una scala o più di un ascensore (Art. 1123, 3° comma c.c. - Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità). Come nel caso di un edificio composto da più corpi di fabbrica, e nel quale ad ognuno corrisponde un distinto vano scala e impianto ascensore, i condomini devono corrispondere soltanto alle spese di quelli ubicati nello stesso corpo di fabbrica in cui sono posizionate le proprie unità immobiliari. In tal caso, pertanto, saranno predisposte separate tabelle millesimali, una per ogni corpo scala ed ascensore, nelle quali i proprietari delle unità immobiliari parteciperanno alle ripartizioni della sola scala o ascensore di cui fanno effettivo uso o perché ubicata nello stesso corpo edilizio; i criteri di ripartizione delle suddette tabelle seguiranno poi gli stessi criteri dettati dall'art. 1124 c.c..
Approfondimento
Nell'approfondimento precedentemente svolto sulla ripartizione di spese e millesimi delle scale, è stata messa in luce la tormentata questione legata alle unità immobiliari al piano terra, soprattutto di quelle prive di accesso dall'androne. A tale riguardo si è rilevata una diffusissima prassi estimativa in tempi passati, correlata ad altrettanto diffusa interpretazione normativa sulla diversa utilità delle cose comuni e sull'utilizzazione separata di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 1123 c.c. ed ai criteri di cui all'art. 1124 c.c., secondo la quale le unità immobiliari al piano terra non erano quasi mai considerate nelle ripartizioni di scale e ascensori. Contestualmente, è stato richiamato il differente e consolidato orientamento della Giustizia di legittimità per il quale le scale sarebbero elementi necessari alla configurabilità stessa di un fabbricato, necessari anche ai proprietari dei piani terra per il godimento e la conservazione delle strutture di copertura, a tetto o a terrazza e, inoltre, la proprietà apparterebbe anche a questi ultimi per l' uso che gli stessi potrebbero farne in relazione all'obbligo ed alle responsabilità, che anch'essi hanno, di rimuovere o prevenire qualsiasi situazione di pericolo (Cass. Civ. Sez. II n. 761/1979, Cass. Civ. Sez. II n. 9986/2017, Cass. Civ. Sez. I n. 2328/1977). In base a questi principi, per come si è più volte pronunciata la Cassazione, nessuna delle unità immobiliari potrebbe essere esclusa dalla ripartizione delle spese della scala, anche quando tali unità fossero accessibili unicamente dalla strada.
Pur considerando l'autorevolezza della fonte e la pertinenza delle motivazioni addotte dalla Giustizia di legittimità per controvertere le precedenti interpretazioni, è stata evidenziata la difficoltà applicativa di tali criteri soprattutto in fase di condivisione ed approvazione in sede assembleare. Se tali difficoltà si riscontrano per le ripartizioni delle scale, soprattutto nei casi in cui alcuni proprietari di immobili di elevato valore, ubicati al piano terra e privi di accesso dall'androne, si trovano a dover sostenere spese maggiori o poco differenti rispetto a quelle addebitate ai proprietari di unità immobiliari ubicate ai piani superiori, è facile immaginare le altrettante difficoltà per spese solitamente ben più onerose come quelle di manutenzione dell'ascensore, o addirittura di quelle necessarie per la sua sostituzione.
Già per le scale avevamo esposto alcuni dubbi in merito alle effettive volontà del legislatore, che come evidente sulla relazione di presentazione del Codice Civile del 1942, non fa menzione alcuna di unità immobiliari al piano terra sebbene la stessa relazione è particolarmente significativa e ricca di precisazioni in merito alla ripartizione delle spese di cui all'art. 1124 c.c.. In tale relazione, infatti, è evidente la volontà di ridurre il carico di spese attribuito alle unità ubicate ai piani maggiori, visto che era ritenuta iniqua la ripartizione del vecchio codice basata esclusivamente sull'altezza di piano, imponendo una ripartizione che considera per metà il valore delle unità immobiliari e solo per la restante metà le effettive altezze di ubicazione. A tale proposito il legislatore svolge un'ulteriore precisazione, ma riferita sempre a quelle unità ubicate a piani effettivamente raggiunti dalla scala, sebbene adibite ad usi particolari come soffitte, palchi morti e cantine, disponendo la loro considerazione solo nella prima metà della spesa. Nessun riferimento invece è fatto per unità al piano terra che, secondo precedente e diffusa interpretazione, sembrava il legislatore volesse escludere proprio con il 1° comma dell'art. 1124: “Le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono….”.
Se questi dubbi si nutrono per le scale, tanto più il discorso vale per gli ascensori: per questi ultimi in particolare, potrebbe essere significativo come sono considerate le modalità di ripartizione delle relative spese nel Regio Decreto n. 1165 del 28/4/1938, sebbene si tratti, ovviamente, di disposizioni anteriori a quelle del nuovo Codice del 1942 il quale, tuttavia, originariamente non indicava l'ascensore all'art.1124. Nel Decreto suddetto, inerente Disposizioni sull'edilizia popolare ed economica (stesso campo di applicazione della Circolare Ministeriale LL.PP. n. 12480/1966, che come abbiamo visto in precedenza è divenuta elemento fondante non solo della prassi estimativa ma anche di molta giurisprudenza di settore) scale e ascensori sono precisamente indicati quali parti comuni ed indivisibili a tutti i proprietari dell'edificio; tuttavia, per le modalità di ripartizione delle spese dell'ascensore, l'art. 225 del Decreto esonera i proprietari dei piani terra sopraelevati che non sono raggiunti dall'ascensore, con ovvia ed implicita esclusione dei proprietari dei piani terra. Solo nel caso l'ascensore consenta l'accesso a terrazze, soffitte ed altri locali, e nel caso che l'impianto sia utilizzabile dai proprietari dei piani terra, è previsto che anch'essi concorrano alle spese ma soltanto con una quota di modica misura da stabilire nel Regolamento. Chiaramente, tale “modica misura” non potrebbe essere quella basata sulla ripartizione della prima metà in base al valore perché, eccezione fatta per immobili di basso valore, sarebbe tutt'altro che modica per unità adibite ad abitazioni o negozi, quantunque ubicati al piano terra. Conseguentemente, una quota di misura inferiore rispetto a tale disposizione, vista la giurisprudenza e l'assenza di una specifica misura nella norma, sarebbe da ritenersi stabilita in base ad un criterio convenzionale per il quale sarebbe pertanto necessaria l'approvazione unanime.
In barba alla giurisprudenza ed alle relative interpretazioni normative, è molto frequente il caso in cui i costruttori di nuovi edifici predispongano regolamenti e tabelle millesimali che escludono i proprietari degli immobili ai piani terra, quando accessibili unicamente da ingressi indipendenti esterni, dalle spese di manutenzione e sostituzione di scale e ascensori. D'altronde, in fase di vendita delle unità immobiliari, tali regolamenti e ripartizioni vengono accettati da tutti i condomini al momento dei rogiti notarili, rendendo quindi validi i relativi criteri di ripartizione derogatori esplicitamente richiamati nei regolamenti. Nel caso di edifici sprovvisti di ripartizioni millesimali, e dove i relativi regolamenti condominiali non prevedano simili e particolari criteri per la suddivisione delle spese, la necessità del consenso unanime rende invece difficilissima la relativa approvazione; in tale contesto anche la semplice assenza di un condomino pregiudica la possibilità di approvazione, fatto salvo il caso che sia effettivamente possibile la tacita approvazione per facta concludentia, caso comunque parecchio controverso anch'esso.
Altra questione incerta, peraltro, si rileva nel determinare se quanto disposto dal 2° comma dell'art. 1124 c.c. sia applicabile per via analogica anche ai box: “Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune.” Ovviamente, vista l'epoca a cui la norma risale, e che trae le proprie origini già dal Codice del 1865, simili immobili non erano sostanzialmente contemplati. La diffusione dell'automobile, e le successive Leggi Urbanistiche che imposero l'obbligo di reperimento e realizzazione di spazi destinati al parcheggio delle autovetture nella costruzione di nuovi edifici, per non parlare delle più recenti legislazioni che hanno imposto l'obbligo di annessione di almeno un posto auto ad ogni nuova unità abitativa anche in caso di ristrutturazione di un fabbricato, hanno comportato un'evoluzione delle caratteristiche costruttive ed architettoniche degli organismi edilizi. Ai giorni nostri, infatti, gli edifici di nuova fabbricazione comprendono quasi sempre autorimesse ai piani interrati, talvolta sviluppate su più livelli nel sottosuolo. Cosicché, se è indubbio un minor uso delle scale per i proprietari di soffitte, cantine, lastrici solari, ecc., l'uso dei box, che è spesso congiunto a quello delle abitazioni annesse ai piani superiori, potrebbe implicare un paritario utilizzo di tali parti comuni, con la conseguente necessità di comprendere anche detti immobili destinati al parcheggio delle autovetture nella ripartizione della seconda metà della spesa basata sull'altezza di ubicazione di piano, salvo sempre che i box siano ubicati a piani interrati direttamente raggiunti da scala o ascensore e non siano invece al piano terra. Chi scrive ritiene, tuttavia, che sia maggiormente condivisibile l'equiparazione di tali immobili a quelli di cui al 2° comma dell'art. 1124 c.c., e che i proprietari degli stessi dovrebbero quindi partecipare alle ripartizione della prima metà in base ai rispettivi valori e non anche a quella basata sull'altezza di ubicazione. La norma, infatti, sembra distinguere precisamente quelle che potrebbero considerarsi le unità immobiliari principali di un edificio, come le abitazioni, ed alle quali è senz'altro connesso un maggior uso di scale e ascensori, dalle pertinenze secondarie annesse come cantine, soffitte, pachi morti, e tra le quali potrebbero annoverarsi quindi anche i garage. Tale criterio inoltre, si adatterebbe bene anche a quelle situazioni, oggi molto frequenti, nelle quali le proprietà esclusive di alcuni condomini sono limitate ad un box, senza che gli stessi proprietari possiedano unità abitative nello stesso edificio; in simile situazione è innegabile un minor uso delle parti comuni in questione e risulterebbe sproporzionata la quota di spese ad essi addebitata se fosse considerata anche la relativa ubicazione di piano a fronte di un uso occasionale o totalmente assente di scale e ascensori interni al fabbricato.
Si può senz'altro concludere che anche per questi aspetti, e visto quanto già esposto negli approfondimenti degli altri capitoli, emerge la necessità di interventi legislativi che possano fornire precise istruzioni almeno per quelle questioni, che tutti gli operatori professionali del settore conoscono e saprebbero facilmente ed univocamente indicare, e che rivestono le maggiori e più controverse problematiche. La stessa recente Riforma del Condominio, pur avendo trattato alcuni dei numerosi temi dell'ambito condominiale che richiedevano adeguato intervento, nonostante numerose modifiche attuate al Codice, e proprio in materia di parti comuni, approvazione e ripartizione delle spese, non ha fornito puntuali indicazioni per le questioni più controverse che stiamo analizzando in appendice di ogni capitolo.

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