Condominio

L’apertura nel muro di cinta è illecita se il regolamento prevede il sì dell’assemblea

di Luana Tagliolini

L'apertura di un varco praticato da un condomino nel muro di cinta dell'edificio per mettere in comunicazione la proprietà esclusiva con la pubblica strada potrebbe ravvisare gli estremi dello «spoglio».
Tale principio è stato applicato di recente dal Tribunale di Roma (sentenza n. 2352/2019) al caso sottoposto al suo giudizio e riguardante un condomino proprietario di una villetta facente parte di un comprensorio condominiale il quale, in violazione del regolamento di condominio, aveva demolito, senza preventiva autorizzazione assembleare, parte del muro perimetrale posto a protezione dei confini del condominio creando, in tal modo, un passaggio che metteva in collegamento diretto la sua proprietà esclusiva con la via pubblica prospiciente tale proprietà.
Il condominio lo citava in giudizio e chiedeva la cessazione della turbativa con conseguente condanna del convenuto al ripristino dello stato dei luoghi oltre al risarcimento dei danni.
Il convenuto contestava le pretese del condominio ed evidenziava come il varco nel muro di cinta era stato realizzato previa le necessarie autorizzazioni comunali e in rispetto dei limiti di cui all'articolo 1102 codice civile ovvero l'opera non alterava la destinazione del bene comune, non costituiva impedimento al godimento o all'utilizzo del bene (muro) degli altri condòmini, non arrecava pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza e al decoro architettonico del fabbricato.
L'intervento, a suo dire, rientrava nel legittimo uso delle parti comuni.
Il Tribunale, però, è stato di contrario avviso perché - pur sostenendo l'orientamento giurisprudenziale in base al quale la comproprietà dell'intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare ad esso tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini a condizione di rispettare i limiti di cui all'articolo 1102 codice civile – ha ritenuto che l'uso di un “bene comune” per essere legittimo non deve contrastare il regolamento di condominio qualora, come nella fattispecie, sia presente una clausola contrattuale che richieda il consenso preventivo dell'assemblea e, in assenza, «l'obbligo del ripristino dell'immobile ed il risarcimento dei danni».
La modifica della parte comune operata dal convenuto non era stata autorizzata dall'assemblea e ciò sarebbe stato sufficiente per ritenere illegittima la modifica e obbligatoria la rimessione in pristino.
Tuttavia, ha ulteriormente osservato il Tribunale, nel condominio in questione tra le funzioni del muro di recinzione vi era, indiscutibilmente, anche quello di garantire la sicurezza di tutti i residenti a fronte di indesiderate intrusioni, attraverso altre vie di ingresso, di estranei che potevano così sfuggire alla sorveglianza che il condominio aveva predisposto per la tutela dei residenti.
Per tali motivi, il Tribunale accoglieva la domanda del condominio e condannava il convenuto a ripristinare lo stato dei luoghi e al pagamento delle spese di lite.

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