Condominio

Bed&breakfast come affittacamere, non è semplice «civile abitazione»

di Valeria Sibilio


I bed and breakfast sono, da qualche tempo, la nuova frontiera vacanziera, rappresentando anche una potenziale nuova fonte di reddito per quelle famiglie che decidono di destinare le loro proprietà a questi usi alternativi. Tuttavia, talvolta possono crearsi problematiche legate all'interpretazione del regolamento condominiale per valutare se esercitare questa attività contrasta con il suo dettato o se risulta perfettamente conforme alla destinazione d'uso abitativo.
Il Tribunale di Milano, nella sentenza 11784 del 2018 ( si veda anche il Quotidiano del Sole24 Ore - Condominio dell’11 dicembre scorso ), ha affrontato un caso originato dall'atto di citazione notificato dall'amministratore di un Condominio che conveniva in giudizio una condòmina per aver destinato il proprio appartamento ad attività di Bed & Breakfast, in violazione del regolamento condominiale.
Il Condominio riferiva che la convenuta aveva adibito l'appartamento per soggiorni di breve durata, costituendo un'impresa individuale pubblicizzata su diversi siti internet nei quali le stanze in questione venivano offerte con indicazione dei prezzi, descrizione analitica dell'arredo, nonché del tipo di trattamento offerto. Una attività che per il ricorrente violava l'art. 4 del regolamento condominiale ai sensi del quale gli appartamenti dello stabile si intendono destinati ad uso abitazione civile e ad uffici ed ogni diversa destinazione dei locali deve essere preventivamente autorizzata dall'assemblea dei condòmini. Autorizzazione che l'assemblea straordinaria, chiamata a deliberare sull'argomento, aveva negato. Non solo, ma poiché la convenuta, all'atto della stipula del contratto di compravendita, aveva dichiarato di conoscere e accettare il regolamento condominiale, questo doveva ritenersi vincolante nei suoi confronti. Il Condominio, oltre all'inibizione dell'attività illegittima, la condanna della condòmina al pagamento della sanzione ex art. 614 bis c.p.c. non inferiore ad euro 100,00 per ogni giorno di ritardo nell'adempimento o per ogni violazione o inosservanza successiva del provvedimento.
Costituendosi in giudizio, la convenuta chiedeva il rigetto di tutte le domande del condominio, eccependo che l'attività di B&B svolta nel proprio immobile non contrastava con il regolamento condominiale in quanto la stessa non risultava espressamente e inequivocabilmente vietata e, inoltre, era perfettamente conforme alla destinazione d'uso abitativo prescritta dall'art. 4 del regolamento, per cui non era da ritenersi necessaria alcuna preventiva autorizzazione da parte dell'Assemblea condominiale, evidenziando, inoltre, che la legge della Regione Lombardia 15/2007 stabiliva espressamente che tale attività non comportasse il mutamento di destinazione d'uso dell'immobile ai fini urbanistici.
Per il Tribunale occorreva stabilire se la locuzione “ad uso abitazione civile” presente della clausola di cui all'art. 4 del regolamento condominiale, nel quale “gli appartamenti dello stabile si intendono destinati ad uso abitazione civile e ad uffici”, potesse ricomprendere o meno l'attività di B&B. Se per il condominio si trattava di uso commerciale dell'immobile, per la convenuta tale locuzione presupporrebbe l'uso a civile abitazione, differenziandosi dall'attività alberghiera, come indicato dall'art. 45 della legge della Regione Lombardia 15/2007, secondo cui l'attività di B&B non comporta il mutamento di destinazione d'uso dell'immobile ai fini urbanistici. Una questione risolta dal Tribunale facendo riferimento ai criteri dettati dal legislatore agli artt. 1362 e ss. c.c. per l'interpretazione dei contratti, ponendosi un problema interpretativo della volontà espressa dai condòmini proprietari nell'originario regolamento condominiale e non intendendo in senso assoluto il carattere prioritario del significato letterale del regolamento, verificando se l'ipotesi di comune intenzione ricostruita era coerente con le restanti parti del contratto e con la condotta dei contraenti.
Il Tribunale ha osservato che per abitazione si intende, nel linguaggio comune, il luogo in cui la persona fisica vive stabilmente e abitualmente, non rientrando, in questa nozione, i soggiorni temporanei, escludendo, perciò, che l'attività di affittacamere possa assimilarsi all'uso abitativo, dovendo essere qualificata come attività commerciale ed equiparata a quella alberghiera, con caratteristiche imprenditoriali simili. Inoltre, non sussiste ragione per differenziare la disciplina del contratto stipulato tra locatore e conduttore rispetto a quello stipulato tra condòmini, che deve essere interpretato seguendo i medesimi canoni interpretativi.
L'attività di B&B, peraltro, in considerazione dell'evoluzione del costume sociale, è del tutto sovrapponibile a quella di destinazione delle unità abitative ad affittacamere
L'intervento legislativo con il quale leggi regionali stabiliscono che tale l'attività non comporti il mutamento di destinazione di uso dell'immobile ai fini urbanistici non può interferire con la volontà contrattuale dei comproprietari, con la quale si è voluto escludere ogni modifica della destinazione ad uso abitativo dei singoli piani, proprio in considerazione del fatto che la legislazione regionale, nel disciplinare i rapporti verticali tra privati e la pubblica amministrazione, persegue finalità diverse, di natura pubblicistica, relative unicamente alla classificazione delle attività. Al legislatore regionale, perciò, non è consentito incidere su un principio di ordinamento civile e, in particolare, sul rapporto civilistico tra condòmini e condominio. Inoltre, è risultato che il regolamento sia stato oggetto di accettazione da parte della convenuta al momento dell'acquisto, avendo dichiarato di conoscere e di accettare anche le clausole ivi contenute
Il Tribunale di Milano, accertando l'illegittimità dell'attività di “Bed and Breakfast” esercitata, ha condannato la convenuta a cessare immediatamente tale attività ed a corrispondere, in favore del Condominio, in persona dell'amministratore, una penale determinata in euro 100,00 per ogni giorno di prosecuzione di tale attività a decorrere dal 31 gennaio 2018, compensando per metà le spese di lite tra le parti, ed alla rifusione, a favore dell'attore, delle spese nella restante metà, liquidate in euro 272,50 per spese di giudizio documentate ed in euro 5.171,50 per compensi, oltre al 15% per spese generali.

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