Condominio

Sottotetto comune o privato, senza il titolo si fa riferimento alla sua funzione concreta

di Selene Pascasi

La proprietà del sottotetto si determina in base al titolo e, qualora manchi, dovrà prendersi in considerazione la funzione cui è concretamente destinato. Lo ricorda la Corte di cassazione con ordinanza n. 33037 del 20 dicembre 2018 (relatore Antonio Scarpa) . Ad accendere la lite è la decisione del tribunale di Siena di sancire – così accogliendo la domanda formulata da tutti i condòmini di uno stabile – l'illegittima occupazione, da parte di un proprietario, dello spazio corrispondente al sottotetto posto sulla verticale e includente l'appartamento di sua proprietà.
Quello spazio, ad avviso del giudice, era destinato a servizio comune.
Indebita, peraltro, anche la realizzazione, non coperta da alcuna valida autorizzazione assembleare, di un nuovo locale in sopraelevazione dalla propria abitazione ottenuto occupando il sottotetto con innalzamento del colmo. L'uomo contesta la pronuncia ma la Corte di appello la conferma: il sottotetto non poteva ritenersi di proprietà esclusiva sia perché il relativo accesso non era direttamente collegato al suo alloggio e sia perché quel vano era strumentale – vista la presenza di canne fumarie, di cavi di utenze televisive provenienti dalle singole unità e di botole d'accesso poste alla fine di ciascuna scala condominiale – all'intera collettività del palazzo. Né, d'altronde, era stato allegato ai carteggi di causa alcun documento idoneo a provare l'acquisto del locale da parte dell'appellante.
Circa la deliberazione, poi, non era affatto valida giacché non emessa all'unanimità ma sulla base della partecipazione di nove condòmini su dodici e solo sei voti a favore. Una ricostruzione esaustiva che, però, non convince il proprietario. Di qui, il ricorso per cassazione con cui lamenta, principalmente, che il sottotetto fosse stato qualificato come bene condominiale «non in base alla sua consistenza e potenziale utilizzazione, ma soltanto per la mancanza di collegamento con l'appartamento sottostante» di cui era titolare. Tesi bocciata. Oggetto di controversia, scrivono i giudici di legittimità, è un sottotetto sovrastante un alloggio di proprietà esclusiva. E tale bene, marcano, non è espressamente nominato nell'elenco di cui all'articolo 1117 del Codice civile. Ancora, per consolidata interpretazione – ribadita, di recente, dall'ordinanza di cassazione n. 3627/2018 – sono comunque oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari «i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune».
Di conseguenza, quegli spazi andranno considerati di pertinenza di un determinato alloggio soltanto quando non risultino destinati all'uso comune o comunque non collegati all'esercizio di un servizio di interesse condominiale ma, al contrario, assolvano all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità l'appartamento dell'ultimo piano e non abbiano dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'uso come vano autonomo. In altre parole, conclude la cassazione, la proprietà del sottotetto si determina «in base al titolo e, in mancanza, in base alla funzione cui esso è destinato in concreto».
Ecco che, nella vicenda in esame, erano più che corrette le conclusioni raggiunte dalla Corte di appello di Firenze ossia che il sottotetto non fosse posto in destinazione pertinenziale a servizio dell'appartamento del ricorrente ma destinato all'uso comune come locale di sgombero «tenuto conto delle modalità di accesso ad esso, del suo utilizzo per l'installazione di canne fumarie e per il passaggio di cavi televisivi provenienti dai vari appartamenti, nonché del collegamento con le scale condominiali». Si trattava, pertanto, di un locale da ricondursi a quelli di cosiddetta contitolarità condominiale necessaria e, perciò, non privato. Inevitabile, per questi motivi, la scelta operata a Piazza Cavour di rigettare il ricorso.

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