Condominio

Guida – Le tabelle millesimali degli edifici in condominio - Parte 1

di Marco Barrani

Introduzione

Le tabelle millesimali sono un importantissimo strumento necessario all'amministrazione ed alla gestione dei condominii negli edifici; in pratica, sono un insieme di valori numerici, indicati in forma tabellare ed associati distintamente ad ognuna delle unità immobiliari di un edificio (appartamenti, negozi, magazzini, box, ecc.), che hanno lo scopo di rappresentare numericamente diritti e doveri di ogni condomino sulle parti comuni. La relativa formazione sembrerebbe argomento piuttosto semplice ed, in effetti, la predisposizione delle tabelle millesimali non presenta alcuna particolare complessità per quel che attiene le relative formule e metodologie di calcolo; tuttavia, ciò che rende l'argomento veramente complesso, come dimostra l'abbondante e spesso conflittuale giurisprudenza in materia, è l'applicazione dei criteri estimativi corretti e conformi alla disciplina codicistica che regola tale settore della vita condominiale. D'altronde, le tabelle millesimali rivestono importanti interessi visto che dai relativi valori dipendono i quorum necessari per deliberare questioni inerenti la gestione condominiale e che, in taluni casi, possono avere una certa importanza. Soprattutto, incidono sugli interessi economici dei singoli condomini poiché determinano la ripartizione delle spese necessarie alla gestione del condominio ed, in particolar modo, alla manutenzione delle parti comuni dell'edificio, che in caso di interventi di una certa rilevanza determinano la ripartizione di spese notevoli. Conseguentemente, all'interno della problematica della convivialità condominiale, che detiene uno dei primi posti tra le cause che impegnano maggiormente i Tribunali italiani, le tabelle millesimali sono state spesso una delle fonti di maggiori discussioni, sfociate in conteziosi giudiziali ad altissima frequenza.
Molte inerenti problematiche sono poi divenute tormentate questioni giudiziarie: basti pensare all'annosa questione sui quorum necessari per l'approvazione delle tabelle millesimali predisposte per edifici sprovvisti di tali ripartizioni, così come di quelli necessari per le operazioni di revisione e modifica delle tabelle stesse; oppure, sulla ripartizione delle spese inerenti scale ed ascensori condominiali e sui relativi obblighi di contribuzione per i proprietari delle unità immobiliari ubicate al piano terra, o di quelle prive di accesso dall'androne comune; oppure ancora, sulle ripartizioni delle spese per le coperture costituite da lastrici solari e terrazze a livello. La lista di tali problematiche potrebbe essere ancora più lunga e, per questi motivi, anche gli stessi tecnici redattori delle tabelle millesimali si sono trovati spesso ad affrontare dubbi e perplessità sulla corretta applicazione della norma.
Ciò premesso, si deve però riconoscere che la Giustizia di legittimità ha, negli anni, fornito interpretazioni che in molti dei casi suddetti hanno fornito chiare interpretazioni circa l'applicazione dei criteri di ripartizione corretti ed operando spesso ricomposizioni di divergenze interpretative sorte anche in seno alla stessa Cassazione; tipico è il caso della vexata questio sulle modalità di approvazione delle tabelle millesimali così come delle relative rettifiche e modifiche, che ha permesso alla Suprema Corte a Sezioni Unite, con una Sentenza particolarmente nota agli specialisti della materia (Cass. Civ. S.U. n. 18477/2010), di dare chiara interpretazione di tutti i precedenti orientamenti e pronunce e, specialmente, di dare precisa definizione della valenza giuridica delle tabelle millesimali. Anche e soprattutto a tali orientamenti ci riferiremo nelle prossime pubblicazioni al fine di fornire chiara spiegazione sulla valenza e sulle metodologie di calcolo delle varie tabelle millesimali che possono sussistere nei vari condominii, così come tratteremo l'argomento anche alla luce delle modifiche attuate ad alcuni articoli del codice civile introdotte con la Legge n. 220 del 11/12/2012, cosiddetta “Riforma del Condominio”. Le modifiche della riforma hanno in parte recepito tali orientamenti interpretativi ma, per alcuni aspetti, fanno emergere la necessità di ulteriori vagli della questione. Anche alcune di tali secondarie questioni, non ancora del tutto univocamente interpretate, non ci esimeremo dal trattare con la presente guida.


Parte I - Cosa sono, a cosa servono e quali possono essere


In introduzione abbiamo sommariamente definito le tabelle millesimali come un importantissimo strumento necessario all'amministrazione ed alla gestione dei condominii negli edifici e, in pratica, come un insieme di valori numerici, indicati in forma tabellare ed associati distintamente ad ognuna delle unità immobiliari di un edificio (appartamenti, negozi, magazzini, box, ecc.), che hanno lo scopo di rappresentare numericamente diritti e doveri di ogni condomino sulle parti comuni. Precisando meglio: per quanto riguarda i diritti, tali valori servono principalmente per determinare la validità delle assemblee condominiali e delle relative delibere; per quanto riguarda i doveri, invece, servono essenzialmente per ripartire le spese necessarie alla conservazione ed al mantenimento delle cose comuni: il peso del voto di un singolo condomino nel raggiungere il quorum necessario per l'approvazione di un'eventuale delibera avente ad oggetto una cosa o un servizio comune, e le quote di spesa a lui spettante per la gestione e l'amministrazione del condominio, e soprattutto per le opere manutentive alle parti comuni dell'edificio, sono proporzionali ai valori numerici che, nelle tabelle, sono associati all'unità immobiliare di proprietà dello stesso condomino.
Per non creare equivoci e al fine di inquadrare, fin dal principio di questa guida, la normativa che regola tale argomento e che regola l'istituto del condominio stesso, è bene fare subito un'importante precisazione: i valori millesimali non rappresentano delle quote di proprietà che possiede ogni partecipante al condominio sulle parti comuni. Il condominio, infatti, regolato dal Codice Civile dall' art. 1117 al 1139, ben si differenzia dalla comunione che è invece regolata dall'art. 1100 all' art. 1116 dello stesso Codice.
La comunione è la titolarità della proprietà o di altro diritto reale in capo a più persone (art. 1100 c.c.) dove ogni partecipante ha diritto ad una rispettiva quota, generalmente espressa con una frazione numerica, che non rappresenta una parte materiale del bene di cui il comunista ne ha proprietà, uso e godimento esclusivo, ma rappresenta una quota astratta dell'intero bene indiviso; ciò avviene, ad esempio, quando marito e moglie acquistano un appartamento per rispettive quote di ½, oppure, quando Tizio, Caio e Sempronio acquistano un bene immobile per rispettive quote di proprietà, che siano uguali o differenti. Nel condominio, invece, che si attua quando le unità immobiliari di uno stesso stabile non sono proprietà di un singolo soggetto o non sono comunque tutte di stessa uguale titolarità, ogni partecipante è, da un alto, distintamente proprietario esclusivo di una o più unità immobiliari (appartamento, box, soffitta, ecc), e quindi di una parte ben materializzata e separata dell'edificio, e dall'altro lato è contemporaneamente comproprietario di quelle parti comuni (fondazioni, tetti, scale, androni, ecc.) necessarie all'esistenza dell'edificio stesso ed al godimento delle proprietà esclusive medesime.
Di tali parti comuni, tuttavia, i condomini non possiedono quote ideali di proprietà, come è invece nel caso della comunione, e infatti, l'art. 1118 c.c. sancisce che: “Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell'unità che gli appartiene. Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni. Il condomino non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d'uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali….”.
Peraltro, secondo l'art. 68 disp. Att. c.c.: “Ove non precisato dal titolo, ai sensi dell'art. 1118 c.c., per gli effetti indicati dagli artt. 1123, 1124, 1126 e 1136 del codice, il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio….”.
Pertanto, l'art. 1118 c.c. ci fornisce, indirettamente, la definizione di cosa sono i valori millesimali, ovvero, la traduzione numerica del rapporto tra i valori delle proprietà esclusive di un edificio che ha lo scopo di definire aritmeticamente il rapporto tra i diritti ed i doveri di ciascun condomino sulle parti comuni; l'art. 68 disp. Att. c.c. ce ne fornisce poi l'unità di misura, disponendo che detti valori di ogni singola proprietà vanno espressi in millesimi, proporzionalmente ai valori delle altre unità immobiliari, e dove pertanto la somma del valore totale di tutte le unità immobiliari dell'edificio è pari a 1000. Per quanto dettato dalle disposizioni di attuazione del codice civile, inoltre, le tabelle millesimali vanno rappresentate in un documento che è necessario allegare al regolamento condominiale dell'edificio; ciò non esclude, come confermato da autorevole giurisprudenza, che anche per gli edifici composti da un numero modesto di unità immobiliari, inferiore al limite per il quale incorre l'obbligo di predisposizione del suddetto regolamento, non sia vietato predisporre relative ripartizioni millesimali qualora i condomini intendessero comunque avvalersi di tale strumento per la gestione dell'edificio e per la ripartizione delle relative spese comuni.
L'apparente semplice definizione dei valori millesimali, estrapolata dalla norma e che abbiamo prima riportato in grassetto, è il frutto di una preziosa ricomposizione operata dalla Suprema Corte a Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 18477/2010) di una divergenza sorta in seno alla stessa Cassazione. Sulla base di tale Sentenza, che passando in rassegna ed analizzando tutte le precedenti pronunce della stessa corte, ha dato chiara definizione della valenza delle tabelle millesimali ed ha fornito un orientamento univoco per quel che attiene, in primo luogo, le relative modalità di approvazione anche nei casi di rettifica e modifica ex art. 69 disp. Att. c.c.., e che vedremo meglio nelle prossime pubblicazioni, è stata ricomposta una divergenza frutto di conflittuali sentenze che si ravvisano dal finire degli anni'90 per oltre un decennio. Con la stessa Sentenza, inoltre, è stato capovolto un precedente consolidato orientamento secondo il quale l'atto di approvazione delle tabelle millesimali, almeno di quelle redatte secondo i criteri di ripartizione dettati dalla legge, era sempre soggetto all'approvazione unanime dei contraenti.
Come rivedremo meglio parlando di approvazione, rettifica e modifica, va evidenziato che le tabelle millesimali predisposte secondo i criteri stabiliti dalla Legge non hanno natura attributiva e quindi non determinano e non incidono sui rapporti tra i diritti dei condomini poiché, tali rapporti di diritti, sono già stabiliti dalla Legge (Cass. S.U. n. 18477/2010) Le tabelle millesimali redatte secondo i criteri legali, invece, hanno semplice natura valutativa e servono solo per rendere visibili in termini numerici tali rapporti di diritti e, agli effetti degli artt. 1123, 1124, 1126 e 1136 c.c., per ripartire le spese e computare i quorum costitutivi e deliberativi in sede di assemblea. Conseguentemente, anche nel caso in cui i valori delle tabelle fossero calcolati in modo errato, arrecherebbero un pregiudizio per il condomino ma limitatamente al pagamento delle spese ma non inciderebbero sui suoi diritti e, nel caso di errore, il condomino potrebbe comunque porvi rimedio attraverso la revisione di cui all'art. 69 disp. Att. c.c. (Cass. Civ. S.U. n. 18477/2010).
Quanto detto finora vale, ovviamente, quando le tabelle millesimali sono predisposte secondo i criteri dettati dalla Legge e, pertanto, quando ai sensi del citato art. 1118 c.c. le tabelle millesimali sono predisposte in modo proporzionale ai valori delle unità immobiliari dell'edificio; la Legge, inoltre, stabilisce anche ulteriori particolari criteri di ripartizione delle spese inerenti cose comuni che forniscono un'utilità differente ai singoli condomini, come le scale e gli ascensori, o che servono ad una parte soltanto dei condomini, come quando l'edificio è composto da più corpi scale o coperture, o per particolari strutture come le terrazze a livello o i lastrici solari che siano di proprietà esclusiva. Tuttavia, la Legge consente che i condomini, nella loro autonomia, possano prevedere criteri di ripartizione differenti, e derogatori di quelli stabiliti dalla Legge, stabilendo quindi, con accordo unanime tra tutti i partecipanti al condominio, rapporti di diritti differenti ed attribuendo quindi ai condomini maggiori o minori diritti sulle parti comuni rispetto a quelli dettati dalla norma. L'art. 1118 c.c., infatti, dispone: “… salvo che il titolo non disponga altrimenti …” e l'art. 68 disp. Att. c.c.: “Ove non precisato dal titolo…”; per titolo deve intendersi l'atto con cui è stata data vita al condominio, come potrebbe essere il Regolamento allegato ai singoli atti di vendita con cui il costruttore ha alienato le varie unità immobiliari dell'edificio, e con i quali i condomini potrebbero avere tutti accettato dei criteri di ripartizione convenzionali e derogatori di quelli legali. A titolo esemplificativo, i condomini potrebbero decidere di equiparare i propri diritti sulle parti comuni così come la ripartizione delle relative spese, stabilendo quote uguali per tutte le unità immobiliari indipendentemente dalle relative ed effettive differenze di valore; oppure, potrebbero disporre tabelle millesimali secondo criteri differenti da quelli basati sul valore delle unità immobiliare, oppure ancora, per le spese inerenti quelle cose comuni particolari come le scale, le coperture, ecc., per le quali il Codice Civile prevede ulteriori criteri di ripartizione, potrebbero stabilire ulteriori metodi derogatori e convenzionali. Chiaramente, trattandosi di disposizioni aventi natura attributiva e negoziale, tali valori millesimali potrebbero essere approvati solo con il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio.
Tornando invece alle tabelle predisposte secondo i criteri stabiliti dalla Legge, chiunque abbia mai risieduto in un edificio condominiale sa benissimo che il documento inerente tali ripartizioni non si compone usualmente di un'unica tabella ma di molteplici ripartizioni.
La tabella principale è quella che individua i millesimi di proprietà generale e che nella prassi è denominata Tabella A. Tale tabella è quella che, ai sensi dell'art. 1118 c.c. e dell'art. 68 disp,. Att. c.c. , ripartisce i valori millesimali tra tutte le unità immobiliari dell'edificio, nessuna esclusa, ed in modo proporzionale ai relativi valori. I valori di tale tabella sono quelli generalmente menzionati negli atti di vendita con cui il costruttore, o l'originario proprietario dell'intero edificio, ha alienato i vari immobili componenti lo stabile, atti ai quali è generalmente allegato o menzionato il regolamento condominiale trascritto presso i pubblici registri. La Tabella A è quella che serve poi per determinare la validità delle assemblee e delle relative delibere e per la ripartizione delle spese per la conservazione delle parti comuni a tutti i proprietari di tutte le unità immobiliari dell'edificio.
Per alcune parti comuni, tuttavia, il Codice Civile prevede dei criteri di ripartizione delle relative spese di manutenzione e sostituzione, differenti da quelli con i quali è stata predisposta la Tabella dei millesimi di Proprietà Generale o Tabella A. La distinzione principale si rileva nell'art. 1123 c.c. che riconduce ai seguenti basilari concetti: uguale utilità, differente utilità, ed utilizzazione separata della cosa comune.
Il 1° comma art. 1123 c.c. dispone le modalità di ripartizione delle spese per le cose comuni, così come per i servizi e per le innovazioni, che forniscono uguale utilità a tutte le unità immobiliari dell'edificio e che, parimenti a quanto disposto dall'art 1118 c.c., vanno ripartite tra i condomini in base al valore delle rispettive proprietà. Per tali spese, quindi, sarà sempre utilizzata la Tabella A di Proprietà Generale. (Art. 1123, 1° comma c.c. - Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione). Anche tale disposizione fa salva la possibilità di diversa convenzione ovvero la citata facoltà dei condomini di stabilire criteri differenti.
Il 2° comma art. 1123 c.c., invece, prevede che alcune cose comuni possano fornire un'utilità differente alle unità imm.ri dell'edificio, come tipico è il caso delle scale o degli ascensori che forniscono un'utilità differente agli immobili in base alla loro ubicazione di piano (Art. 1123, 2° comma c.c. - Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne). Al successivo art. 1124 c.c., quindi, il Codice prevede il criterio di ripartizione delle spese necessarie alla manutenzione ed eventuale sostituzione di tali strutture ed impianti per i quali, conseguentemente, andranno predisposte corrispondenti tabelle millesimali. Le tabelle millesimali di scale e ascensori sono generalmente e rispettivamente denominate Tabella B e Tabella C e vedremo in seguito quanto dettato dalla norma e dalla giurisprudenza per le relative ripartizioni e metodologie di calcolo.
Il 3° comma art. 1123 c.c., infine, prevede l'esistenza di cose comuni che possano servire solo una parte dei condomini – utilizzazione separata - come ad esempio, e come esemplificato dalla stessa disposizione, nel caso in cui un edificio possieda più corpi scale, più coperture ecc. In tale fattispecie, quindi, andranno predisposte differenti tabelle millesimali nelle quali saranno distintamente indicati i valori millesimali di una e dell'altra scala, oppure, di una e dell'altra copertura, e nelle quali ogni unità immobiliare comparirà nella tabella corrispondente alla scala utilizzata per il relativo accesso o che è ubicata nello stesso corpo di fabbrica, così come comparirà nella tabella della copertura dalla quale è effettivamente coperta (Art. 1123, 3° comma c.c. - Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità). In particolare, attiene all'utilizzazione separata, di cui alla suddetta disposizione, anche l'impianto di riscaldamento comune le cui spese e relative ripartizioni millesimali escludono quelle unità immobiliari, come cantine, box, soffitte, ecc., che non sono allacciate e non usufruiscono di detto impianto.
Va infine evidenziato che i tre concetti desunti dall'art. 1123 c.c. si riferiscono all'utilità delle cose comuni, che sia uguale, differente o separata, e non invece alla proprietà; ai sensi dell'art. 1117 c.c., infatti, e fatto sempre salvo titolo contrario, tali parti comuni come le scale e le differenti coperture di un edificio sono comunque proprietà comune a tutti i proprietari delle unità immobiliari dell'edificio mentre, ciò che è disposto in modo particolare dall'art.1123, è volto unicamente alla ripartizione delle relative spese.

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