Condominio

Ripartizione spese, i danni vanno sempre provati

di Selene Pascasi

Chi “rompe” paga. Nessuna ripartizione fra i condòmini, quindi, per le spese necessarie a riparare il danno causato da uno dei proprietari. Ma, è chiaro, solo se lo si riesca a provare. Lo marca il Tribunale di Roma con sentenza n. 13704 del 4 luglio 2018 . Accende la controversia la titolare di un locale posto parzialmente sotto un cortile a servizio comune. Contestata è la delibera con cui era stata approvata la spesa di rifacimento del cortile ponendola, con riguardo ai lavori di sbancamento, metà a suo carico e metà a carico del condominio convenuto, mentre gli esborsi per il ripristino dell'impermeabilizzazione le erano state addebitate totalmente. Decisione ingiusta, puntualizza la signora, considerato che la delibera aveva fatto seguito ad un giudizio che aveva promosso per avere la tutela d'urgenza del proprio immobile, gravato da infiltrazioni d'acqua provenienti dal piazzale soprastante. Causa che si era conclusa, aggiunge, con condanna del condominio ad eseguire i lavori indicati in consulenza. Il criterio di riparto delle spese, perciò, era del tutto arbitrario derivando le perdite dalla cattiva manutenzione del cortile o da rotture della guaina, per cui andavano imputate per intero al condominio, peraltro responsabile nei suoi confronti in quanto custode dell'immobile.
Il condominio si difende ma il tribunale romano annulla parte della delibera. In primo luogo, scrive, andava accertato se la spesa deliberata e impugnata con riferimento alle modalità di riparto, dovesse o meno ricondursi a una responsabilità da fatto illecito. Ciò, tenuto presente che la divisione dei costi indicata dall'articolo 1125 del Codice civile «riguarda le ipotesi nelle quali la necessità delle riparazioni non sia da attribuire ad alcuno dei condomini o al condominio mentre, quando il danno sia ascrivibile alla condotta di qualcuno, trova applicazione il principio generale secondo il quale il risarcimento dei danni rimane a carico di colui il quale li abbia cagionati». Così, il condomino che agisca nei confronti del proprietario del piano superiore per il risarcimento dei danni arrecati al suo solaio dovrà dimostrare che dipendano da fatti imputabili a quest'ultimo, tanto che se l'onere della prova non sia assolto le spese di riparazione andranno spartite dovendosi escludere l'applicazione dell'articolo 2051 del Codice civile teso soltanto a «tutelare i terzi danneggiati dalle cosa che altri hanno in custodia e non i comunisti tra loro».
Ebbene, nella vicenda era fondamentale comprendere se le lamentate infiltrazioni fossero state causate dalla vetustà della guaina o da difetti di costruzione o da eventi sopravvenuti. Ma la relazione tecnica parlava chiaro: il danno dipendeva da “vizi di continuità nel manto impermeabilizzante del solaio di copertura dei locali interrati” ed, in particolare, dai distacchi e dalle lacerazioni della guaina che, secondo l'ingegnere incaricato, aveva raggiunto la propria vita utile per cui sarebbe stato antieconomico e non affidabile effettuare “semplici rattoppi”.
I lavori deliberati, quindi, non si erano resi necessari per ragioni da addebitare ad uno dei proprietari ma erano legati all'esigenza di «manutenere correttamente, a causa dell'usura del tempo, il solaio che separa il cortile comune dal sottostante locale di proprietà dell'attrice del quale la guaina costituisce parte». Ecco che – se le spese di manutenzione della pavimentazione vanno ripartite in maniera proporzionale fra tutti i condomini mentre i lavori relativi alla struttura vanno divisi in due quote (l'una a carico di tutti e l'altra a carico dei proprietari dei locali posti al piano interrato) – nell'ipotesi di un cortile condominiale il cui piano di calpestio funga anche da copertura degli interrati di proprietà esclusiva, i costi di manutenzione o ricostruzione dei soffitti o dei solai dovranno essere sostenuti in parti uguali spettando al proprietario del piano superiore la manutenzione della copertura del pavimento (alla cui usura contribuisce in via esclusiva) e a quello del piano inferiore il rifacimento dell'intonaco e la tinta del soffitto. Riparto derogabile solo se le opere di manutenzione siano conseguenza di un fatto proprio di una delle parti e non se l'intervento manutentivo sia mera conseguenza di un degrado dovuto all'usura del tempo e all'inerzia delle parti, come nel caso concreto laddove il cortile interessato ai lavori era un bene comune e costituiva altresì copertura del sottostante locale di proprietà esclusiva della signora. Soluzione giustificata, a maggior ragione, dal fatto che i lavori di manutenzione straordinaria riguardavano la struttura che divideva i piani.
La delibera impugnata, quindi, era corretta per la divisione delle spese di sbancamento ma illegittima – e perciò da annullare – per le spese di impermeabilizzazione, addebitate alla sola attrice. Del resto, si trattava di riparare la struttura del solaio (cui si contribuisce in parti eguali) e non di effettuare opere su locali di proprietà esclusiva della donna. Questa, la logica che ha mosso la penna del giudice di Roma che ha optato per un annullamento parziale della deliberazione impugnata.

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