Condominio

Anche gli scantinati sono spazi comuni, salvo titolo contrario

di Selene Pascasi

Sono parti comuni sia il terreno su cui poggia lo stabile condominiale che gli scantinati ma solo se si tratta di vani destinati all'uso e al godimento di tutti. Lo sottolinea il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 2287 del 31 agosto 2018 . Promuove la causa un architetto che – proprietario di un appartamento al primo piano – cita in giudizio il titolare del pianterreno. Quest'ultimo, spiega, nel comprare casa aveva comprato solo alcuni locali ma non la taverna. Tanto è vero, prosegue, che per quel locale, diversi anni dopo, aveva presentato al comune domanda di concessione in sanatoria. Richiesta motivata dall'aver rinvenuto un vano nella zona sottostante il soggiorno che, probabilmente, era stato costruito contestualmente all'edificio.
Opposta la tesi dell'ingegnere che, verbale di visita e certificato di idoneità statica alla mano, affermava che, in realtà, quella taverna – in un secondo momento collegata all'abitazione – era stata realizzata dal convenuto che ne aveva ricavato il volume grazie ad imponenti scavi del terreno sottostante il palazzo. Ma quel terreno, insiste il tecnico, era condominiale giacché sottostante l'area superficiaria che è alla base dello stabile. Così, non esistendo titoli che ne attribuiscano la proprietà ad un solo soggetto, chiedeva al tribunale di ripristinare la situazione o almeno di mettere a disposizione la taverna eliminandone il collegamento con l'abitazione del convenuto.
Ma questi si difende: il vano era di sua proprietà avendo egli provveduto soltanto a riportare alla luce uno spazio già esistente e, comunque, ne era intervenuta l'usucapione ventennale. Il giudice concorda e sancisce il diritto di proprietà esclusiva della taverna. A ben vedere, scrive, la disposta consulenza tecnica, ricostruite le vicende storiche e catastali dell'edificio e fornita ampia descrizione dello stato dei luoghi con allegata documentazione fotografica, aveva fatto emergere come il vano taverna non si vedesse nel sottosuolo ma al di sopra del livello in cui erano state poste le fondamenta e anche al di sopra del livello a cui si trovava il vano cantina di proprietà privata. Era, in sostanza, collocato nell'immediata proiezione sottostante il soggiorno esclusivo dell'uomo e non «in profondità, sotto il piano cantinato più basso» ossia sotto il palazzo, come affermato dall'ingegnere. Particolare importante, considerato che in tema di condominio «deve intendersi oggetto di proprietà comune ai sensi dell'articolo 1117 del Codice civile la porzione di terreno su cui viene a poggiare l'intero stabile e quindi quella più profonda esistente sotto il piano cantinato più basso».
Ed è palese, come chiarisce la Corte di cassazione con sentenza 18054/2013, che gli scantinati possono presumersi comuni, in mancanza di un titolo contrario «non già in quanto facenti parte del suolo su cui sorge l'edificio, ma solo se ed in quanto risultino obbiettivamente destinati all'uso ed al godimento comune». È sulla base di questo principio, che il giudice di Firenze condivide, che – se la norma prima citata elenca tra le parti che si presumono condominiali il suolo e le fondazioni, ma non anche quelle parti del sottosuolo sovrastanti queste ultime ed il relativo piano di posa, tanto meno se costituenti autonomi volumi – non si potrà sostenere la natura comune della contestata taverna. Non solo. L'ingegnere, nell'accendere la lite, non aveva neanche dedotto o dimostrato che del bene potesse farsene una fruizione condominiale posto che l'eventuale accesso avrebbe richiesto inevitabilmente l'ingresso nell'abitazione del condomino. Ad ogni modo, lo spazio sottostante la proprietà esclusiva del proprietario del pianterreno, gli apparteneva per contratto come «adiacenza e pertinenza» dell'alloggio tempo addietro acquistato assieme al suo alloggio. Di qui, la decisione del tribunale di bocciare le pretese attoree.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©