Condominio

La sopraelevazione non è «manutenzione ordinaria»

di Valeria Sibilio

Sopraelevare un tetto per realizzare un locale tipo mansarda rientra nella categoria delle opere per le quali è necessaria la concessione edilizia e non costituisce intervento di manutenzione ordinaria o straordinaria. È quanto è emerso dalla sentenza del Tribunale di Isernia n°205 del 2018.
La vicenda trae origine da un contenzioso nato per via di lavori intrapresi in un fabbricato condominiale, sfociato per via giudiziaria con un atto di citazione nel quale la parte attrice chiedeva, al convenuto, la sospensione dei lavori e la rimozione dei materiali ed attrezzature poste sull'area condominiale, ritenendo che le opere, oltre ad essere privi di autorizzazione, erano rischiosi per la sicurezza dell'immobile. Dopo l'accoglimento del ricorso, da parte del Tribunale, l'attrice chiedeva la conferma dell'illegittimità delle opere e la condanna del convenuto al ripristino dello stato precedente oltre al risarcimento di tutti i danni con vittoria delle spese di lite. Una richiesta verso la quale il convenuto si costituiva, evidenziando come nel giudizio cautelare avesse eccepito, preliminarmente, l'inammissibilità del ricorso per aver già completato i lavori, costituiti dalla riparazione del manto di copertura del fabbricato.
Espletate le perizie di rito, il Tribunale giudicava infondata l'eccezione di decadenza, sollevata dalla parte convenuta, ritenendola in contrasto con la documentazione agli atti. I lavori erano da considerarsi antecedenti rispetto alla realizzazione della sopraelevazione, e soprattutto non terminati in quanto il provvedimento di sospensione comunale presupponeva la presenza di lavori in corso. Per contro, giudicavano fondata la domanda di parte attorea in quanto, dalle perizie, emergeva che tali lavori erano finalizzati ad una sopraelevazione e non alla sola sostituzione dei pannelli del tetto, disattendendo le richieste della parte convenuta in merito all'operato della perizia, non avendo, il giudice, riscontrato agli atti la presenza di documentazione acquisita da parte del CTU al di fuori del potere che gli viene riconosciuto dalla giurisprudenza e non avendo, la parte convenuta, precisato a quale documentazione volesse far riferimento con la sua doglianza. Dalla stessa relazione tecnica si evinceva evidentemente la trasformazione del sottotetto, destinato in origine ad intercapedine, in locale abitativo, mediante l'innalzamento delle quinte murarie il cui rialzo eccedeva dai cm. 50 consentiti dalle norme.
Per la Cassazione, la nozione di ristrutturazione edilizia comprende il ripristino e la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, volti a trasformare l'organismo edilizio preesistente, il quale deve rimanere il medesimo per forma, volume ed altezza, onde è estranea a detta categoria la creazione di nuovi volumi sia in ampliamento sia in sopraelevazione, esclusi quelli tecnici. Inoltre, la sostituzione della copertura a lastrico solare con un tetto a falde, non può essere qualificato come intervento di manutenzione straordinaria e richiede la concessione edilizia perché l'opera si risolve in un aumento del volume e in una, pur contenuta, sopraelevazione.
A maggior ragione, la realizzazione di locali tipo mansarda, ottenuta mediante la sopraelevazione del tetto e la suddivisione delle falde rialzate con un muro, non costituisce intervento di manutenzione ordinaria o straordinaria, bensì opera per la quale è necessaria la concessione edilizia. I condòmini possono opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio, diminuendo notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti.
Sulla base di quanto emerso, il Tribunale, risultando evidente l'illegittimità dei lavori che avrebbero dovuto richiedere interventi strutturali coinvolgenti la sicurezza e la stabilità dell'edificio, con obbligo di consultare tutti i condòmini, ha condannato la parte convenuta al ripristino, a proprie spese, dello status quo antecedete, rigettando la domanda attorea di risarcimento danni e dichiarando inammissibili le domande riconvenzionali, compensando le spese.

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