Condominio

Liti condominiali, i limiti alle impugnazioni delle sentenze e il valore di 1.100 euro

di Paolo Accoti

Le sentenze del Giudice di pace pronunciate in cause il cui valore non eccede 1.100 euro (art. 113, 2 co., Cc), risultano, ai sensi dell'art. 339, co. 3, Cpc, suscettibili di appello esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia.
Peraltro, l'inammissibilità dell'appello, concernendo i presupposti dell'impugnazione, è rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità (Ex multis: Cass. 22256/2017).
Orbene, altrettanto noto è che, per individuare se una sentenza emessa dal Giudice di pace sia o meno appellabile e, pertanto, non sottostare ai limiti di cui all'art. 339, co. 3°, Cpc, occorre far riferimento esclusivamente al valore oggettivo della controversia e non al contenuto della decisione.
Ciò posto, per consolidato orientamento di legittimità, al fine della individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso le sentenze del Giudice di pace, occorre prendere a riferimento il valore oggettivo della causa, che si determina, in virtù del disposto degli artt. 10 e ss. Cpc, sulla scorta della domanda proposta, risultando irrilevante la circostanza per la quale il Giudice di pace abbia, in concreto, deciso la controversia secondo diritto ovvero secondo equità (Tra le altre: Cass., Sez. un., 13917/2006; Cass. 4890/2007. Da ultimo: Cass. 1210/2018).
Ecco che allora le sentenze del Giudice di pace in controversie di valore non superiore a 1.100 euro devono considerarsi sempre pronunciate secondo equità, così come previsto dall'art. 113, co. 2, del codice di procedura civile, a prescindere dal fatto che il Giudice abbia applicato norme di legge ritenute corrispondenti all'equità o abbia fatto riferimento a norme di diritto senza alcun riferimento all'equità (Ad abundantiam: Cass. 16868/2017).
Ma attenzione però, qualora, come spesso accade, nella domanda introduttiva si chieda la condanna del convenuto ad un importo determinato, sia pure inferiore ai 1.100 euro ma, comunque, in via alternativa si concluda con formule del tipo: <<quella somma maggiore o minore che verrà ritenuta di giustizia>> o, ancora, <<il tutto nei limiti di competenza del giudice adito>>, la domanda si dovrà intendere posta al di sopra del limite equitativo, conseguentemente, la stessa soggiacerà alle comuni regole dell'appello, non potendosi più applicare le limitazioni disposte dall'art. 339, co. 3, Cpc (Cfr.: Cass. 1210/2018; Cass. 6053/2013)
Con la riforma del 3° comma dell'art. 339 Cpc, portata dal D.Lgs. 40/2006, infatti, sono divenute appellabili davanti al Tribunale, ma solo per motivi specifici, la sentenza del Giudice di pace pronunciate secondo equità, ex art. 113, co. 2, Cpc.
In buona sostanza si tratta di una impugnazione a critica vincolata, in quanto può essere proposta solo per violazione delle norme sul procedimento e per violazione di norme costituzionali o comunitarie e dei principi regolatori della materia, con specificazione che per le sentenze del Giudice di pace pronunziate secondo equità, l'appello per violazione dei principi regolatori della materia è inammissibile, ai sensi dell'art. 342 Cpc, qualora non si indichi il principio violato e come la regola equitativa individuata dal giudice di pace si ponga con esso in contrasto (Cass. 3005/2014).
Riassumendo, pertanto, ad oggi, in relazione all'impugnabilità delle sentenze del Giudice di pace, è possibile delineare il seguente quadro normativo: 1. Per le cause di valore eccedente i 1.100 euro e per quelle nelle quali si formulano conclusioni alternative, “nei limiti di competenza del Giudice adito” ovvero “maggiore o minore somma ritenuta di giustizia”, il mezzo di impugnazione esperibile sarà l'appello; 2. Per le cause di valore inferiore ai 1.100 euro l'impugnazione dovrà essere proposta con l'appello, ma solo a critica vincolata, vale a dire per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia, con l'obbligo di indicare il principio violato e come la regola equitativa individuata dal Giudice di pace si ponga con esso in contrasto. 3. Le sentenze del Giudice di pace, infine, risultano ricorribili direttamente in cassazione solo qualora le parti in causa si siano accordate per omettere l'appello (art. 360, co. 2, Cpc) ovvero se il Giudice di pace ha pronunciato secondo equità su concorde richiesta delle parti (art. 114 Cpc), risultando tali ultime sentenze inappellabili.
Tali principi sono stati sostanzialmente ribaditi dalla Corte di Cassazione, VI Sez. civile, nell'ordinanza n. 31262, Presidente dott. P. D'Ascola, Relatore dott.ssa E. Picaroni, pubblicata in data 4 dicembre 2018.
Il caso sottoposto all'attenzione del Supremo Collegio attiene ad una sentenza resa dal Giudice di pace di Torino, a seguito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso, ad istanza del condominio, per il pagamento di quote condominiali di importo pari ad euro 639,68.
La sentenza viene direttamente impugnata dinnanzi al Giudice di legittimità per violazione o falsa applicazione degli artt. 1123, 1136 e 1137 cod. civ. e dei principi informatori della materia.
Ebbene, la Corte di Cassazione ritiene il ricorso inammissibile, atteso che, «secondo il principio ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, nell'assetto scaturito dalla riforma di cui al d.lgs. n. 40 del 2006 e, particolarmente, dalla nuova disciplina delle sentenze appellabili e delle sentenze ricorribili per cassazione, le sentenze pronunciate dal giudice di pace nell'ambito del limite della sua giurisdizione equitativa necessaria (art. 113, secondo comma, cod. proc. civ.), sono impugnabili con l'appello a motivi limitati, previsto dal terzo comma dell'art. 339 cod. proc. civ., che è l'unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso, anche in relazione a motivi attinenti alla giurisdizione, alla violazione di norme sulla competenza ed al difetto di radicale assenza della motivazione (si veda Cass. Sez. U 18/11/2008, n. 27339; Cass. 13/03/2013, n. 6410; Cass. 17/11/2017, n. 27356; Cass. 18/11/2018, n. 27339)».
Nel caso concreto, quindi, conclude la Suprema Corte, la sentenza del Giudice di pace di Torino non era impugnabile con il ricorso per cassazione ma solo con l'appello a critica vincolata, il che sta a significare che, avverso una siffatta sentenza del Giudice di pace non risulta neppure esperibile il “comune” appello ma, esclusivamente, quello per il quale si deduca la violazione delle norme sul procedimento, la violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero la inosservanza dei principi regolatori della materia (cd. critica vincolata).

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