Condominio

Legittimo il distacco dall'impianto di riscaldamento condominiale?

di Donato Palombella


Cosa succede nel caso in cui una clausola contenuta nel regolamento di condominio vieti al singolo condòmino di procedere al distacco del proprio impianto di riscaldamento da quello centralizzato condominiale? Occorre chiedere l'autorizzazione all'assemblea? E' necessario dimostrare che il distacco non ha causato danni economici a carico degli altri condomini? Prevale il buon senso, il regolamento condominiale o la normativa sul risparmio energetico?
I quesiti vengono affrontati e risolti in maniera diversa dal Tribunale e dalla Cassazione. Cerchiamo di fare il punto della vicenda.
È nulla la clausola del regolamento condominiale, come la deliberazione assembleare che vi dia applicazione, che vieti al condomino di rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, seppure il suo distacco non cagioni alcun notevole squilibrio di funzionamento né aggravio di spesa per gli altri partecipanti. E infatti, la disposizione regolamentare che contenga un incondizionato divieto di distacco si pone in contrasto con la disciplina legislativa inderogabile emergente dagli artticolo 1118, comma 4, cod. civ., articolo 26, comma 5, legge 10 /1991 e articolo 9, comma 5, Dlgs 102/2014 (come modificato dall'articolo 5, comma 1, lettera i, punto i, del Dlgs 141 del 18 luglio 2016), diretta al perseguimento di interessi sovraordinati, quali l'uso razionale delle risorse energetiche ed il miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, e sarebbe perciò nulla o "non meritevole di tutela".

L'assemblea approva il rendiconto relativo al riscaldamento
Un condòmino, nel lontano anno 1993, ristruttura il proprio appartamento. Nell'occasione, realizza un impianto di riscaldamento autonomo e procede al distacco dall'impianto condominiale centralizzato. Il lavori di distacco, però, vengono realizzati senza chiedere alcuna autorizzazione all'assemblea. Come al solito, i nodi, prima o poi, vengono al pettine. La bomba scoppia quando, successivamente, l'assemblea approva il rendiconto relativo al servizio di riscaldamento ripartendo le spese tra tutti i condomini, ivi compreso chi aveva provveduto al distacco dall'impianto centralizzato. A questo punto il condòmino impugna il verbale d'assemblea sostenendo la legittimità delle proprie opere anche perché non avrebbero inciso in alcun modo sul condomìnio né avrebbero creato alcuno squilibrio termico a carico degli altri condòmini.

La tesi del condomìnio
Secondo il Condomìnio non è possibile tenere indenne da spese il "condòmino-separatista" in quanto ciò è espressamente vietato dal regolamento condominiale contrattuale. Una clausola del regolamento, infatti, obbliga tutti i condòmini a contribuire alle spese necessarie per le parti comuni, nonché alla utilizzazione del servizio di riscaldamento, vietando l'esonero dal relativo pagamento pur in caso di rinuncia.

Il parere del Tribunale...
Secondo il Tribunale la rinuncia all'uso della cosa comune non esenta il singolo condòmino dalla partecipazione alle spese di conservazione dell'impianto. Nel caso specifico, poi, non solo il regolamento condominiale vieta il distacco, ma il condòmino aveva realizzato le opere senza il consenso dell'assemblea. L'impugnativa, inoltre, riguarda solo l'approvazione dei rendiconti e dei preventivi di gestione per il riscaldamento mentre le tabelle millesimali, mai modificate, non erano state impugnate.

… e quello della Corte d'appello
Il giudice d'appello conferma la sentenza di primo grado effettuando alcune precisazioni. Il regolamento di condominio contempla il divieto di distacco dall'impianto di riscaldamento, obbligando all'uso dello stesso e alla contribuzione delle spese anche in caso di rinuncia dei relativi servizi. Tale regolamento, che costituisce una vera e propria limitazione alla proprietà, secondo il giudice d'appello, è pienamente valido. Sulla base di questo presupposto, la Corte ritiene superflua la verifica sulla (eventuale) esistenza di un effettivo squilibrio termico o di un (eventuale) maggior costo che finirebbe per cadere sulle tasche degli altri condòmini.

I motivi del ricorso in Cassazione
Il condòmino non si da per vinto ed impugna la sentenza in cassazione. Assume che, in base all'art. 1118 c.c., (richiamato dal regolamento condominiale), ciascun condòmino ha il diritto di rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento. Si lamenta, inoltre, del rifiuto, da parte della Corte d'appello, di effettuare le necessarie verifiche atte a dimostrare che le opere non avrebbero comportato uno squilibrio termico ovvero un maggior costo a carico degli altri condòmini.

Il parere della Cassazione
La Sezione II civile della Cassazione, con l'ordinanza del 2 novembre 2018 , in primo luogo, precisa come, al caso in esame, non sia applicabile l'articolo 1118, comma 4, codice civile in quanto tale norma è stata introdotta dalla "riforma del condominio" (legge 220/2012) che, all'epoca dei fatti, non era ancora intervenuta né può essere applicata con effetto retroattivo. Peraltro, secondo la Cassazione, le norme contenute nel regolamento di condominio contrattuale "devono ritenersi valide ove interpretate nel senso che esse si limitino ad obbligare il condomino rinunziante a concorrere alle spese per l'uso del servizio centralizzato".

Il principio sancito dalla Cassazione
Secondo la Cassazione, è nulla la clausola contenuta nel regolamento condominiale che vieta al condòmino di distaccarsi dall'impianto di riscaldamento condominiale a prescindere da eventuali valutazioni su un eventuale squilibrio di funzionamento dell'impianto centralizzato ovvero di un possibile aggravio di spesa per gli altri condòmini. Parallelamente, è nulla anche la delibera assembleare che, sulla base del divieto contenuto nel regolamento condominiale, ripartisce le spese ponendole a carico anche del condòmino che ha proceduto al distacco.

Perché la clausola regolamentare è nulla
La Cassazione chiarisce per quale motivo la clausola regolamentare deve essere considerata nulla. In sostanza la clausoletta contenuta nel regolamento contrattuale contenente il generale divieto di distacco dall'impianto centralizzato si pone in aperto contrasto con la normativa inderogabile dettata dal Legislatore nazionale. In particolare, la clausola sarebbe in contrasto con l'articolo 1118, comma 4, codice civile nonché con l'articolo 26, comma 5, della "vecchia" legge 10/1991 e con l'articolo 9, comma 5, del Dlgs 102/2014. Tali norme prevalgono certamente sul regolamento condominiale in quanto mirano a tutelare interessi sovraordinati, quali l'uso razionale delle risorse energetiche e il miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale (Cassazione, Sezione II, sentenza 12 maggio 2017, n. 11970; sentenza 13 novembre 2014, n. 24209 e sentenza 29 settembre 2011, n. 19893).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©