Condominio

Il gestore di un locale rumoroso non commette reato se non reitera la condotta

di Edoardo Valentino

In caso il gestore di un locale commetta un reato di disturbo alle persone suonando musica alta nelle ore notturne si può applicare alla fattispecie la scriminante della particolare tenuità del fatto, a patto che il comportamento sia stato unico e non venga ripetuto.
Questo il principio pronunciato dalla sentenza Cassazione Penale Sezione III, 15 novembre 2018, numero 51584.
La vicenda in oggetto prende le mosse dall'irrogazione di un'ammenda da parte del Tribunale al proprietario di un locale ai sensi dell'articolo 659 del Codice Penale e in particolare per avere disturbato il riposo delle persone suonando musica forte sino a notte inoltrata.
La citata norma prevede infatti al primo comma che “Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a trecentonove euro”.
Il reo impugnava la sentenza in grado di appello ma questa impugnazione, ai sensi dell'articolo 568 del Codice Penale, avendo ad oggetto un'ammenda, veniva considerata non impugnabile in grado di appello e – sussistendone i requisiti – veniva decisa dalla Cassazione.
La Suprema Corte, con la sentenza sopra menzionata, rigettava in primis due dei motivi di ricorso in quanto fondati su motivazioni che presupponevano una valutazione fattuale del tutto improcedibile nel grado di legittimità.
Di diversa opinione erano gli Ermellini sul secondo motivo di ricorso.
Con tale doglianza, difatti, il ricorrente lamentava la mancata applicazione al proprio caso da parte del primo Giudice della scriminante della particolare tenuità del fatto di reato, desunta dall'articolo 131 bis del Codice Penale.
Secondo tale legge infatti “Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale”.
Nel caso oggetto del ricorso il reo era stato condannato per una sola condotta, ossia per avere tenuto la musica al di sopra dei livelli consentiti per una unica notte.
La Cassazione, all'esito del giudizio, accoglieva tale doglianza.
Secondo la Corte ai fini dell'applicabilità della già citata causa di non punibilità del reato è necessaria la compresenza di due condizioni, ossia la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento.
Nel caso in questione era chiaro come la condotta di tenere la musica alta nel locale fosse, per sua natura, comportamento non gravemente offensivo (alla luce della modalità della condotta, esiguità del danno e del pericolo rappresentato).
Pacificamente, poi, la condotta era stata realizzata e sanzionata per a un'unica occasione.
Concludeva quindi la Corte che “con riguardo al reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, punito dall'art. 659, comma 1, cod. pen., che rientra nella categoria dei reati eventualmente permanenti, ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen. il giudice deve valutare la durata e il grado di intensità del disturbo, ciò che deriva con riferimento non già al requisito della non abitualità della condotta, che è unica, quanto alla qualificazione del fatto come di “lieve entità”, rispetto alla quale assumono rilevanza la protrazione nel tempo della condotta illecita e l'intensità degli effetti dalla stessa provocati”.
Considerando la scarsa offensività del reato commesso, e l'unicità della condotta delittuosa, la Cassazione rilevava l'errore nell'applicazione della norma commesso dal Giudice di prime cure, per non avere applicato la scriminante di cui all'articolo 131 bis del Codice Penale e, in accoglimento del ricorso, rinviava il giudizio al Tribunale per una nuova valutazione sul merito.

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