Condominio

L’amministratore non paga il gas ma la colpa va attribuita ai morosi

di Giulio Benedetti

L'amministratore non risponde del denaro non versato dai condòmini. Infatti, secondo quanto dispone l'art.1130 c.c., riscuote i contributi ed eroga le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni, tra cui si annotano le spese per il riscaldamento. L'art. 646 c.p. punisce l'amministratore che spende per i propri bisogni il denaro versatogli dai condòmini, tuttavia non sempre è il responsabile degli eventuali ammanchi contabili che risultano dal bilancio .
È il caso trattato dalla Corte di Cassazione (sent. n. 27639/2018) che ha rigettato il ricorso di un condominio che chiedeva la condanna del precedente amministratore alla restituzione di una somma di denaro non utilizzata per pagare le fatture per il riscaldamento. Il Tribunale e la Corte di Appello respingevano la richiesta del condominio in quanto accettavano la tesi dell'amministratore per cui dette fatture non erano state pagate perché i condòmini non avevano fornito la relativa provvista . Secondo la Corte di Appello dalla lettura del rendiconto di gestione si evinceva che le fatture non erano state pagate dai condòmini, tanto che che il saldo finale era negativo. Invero le somme versate dai condòmini non erano state usate per il pagamento delle fatture , ma per altri debiti , circostanza evidenziata dall'amministratore quando il rendiconto era stato approvato.
Il giudice di appello riteneva irrilevante l'omessa indicazione delle fatture nel documento di cassa redatto quando avvenne il passaggio delle consegne dal vecchio al nuovo amministratore , in quanto nel conto di cassa era riportato quanto era avvenuto tra l'ultimo rendiconto e l'inizio della nuova gestione amministrativa . Inoltre i consuntivi del precedente amministratore erano stati approvati dall'assemblea con l'indicazione delle entrate e delle uscite , nelle quali non era compreso il pagamento delle predette fatture.
La Corte di Cassazione respingeva l'assunto del condominio per cui l'applicazione del criterio di competenza nella redazione del bilancio condominiale era la prova del mancato pagamento delle fatture. Infatti la motivazione della Corte di Appello è fondata ed è espressa in modo chiaro in quanto , sulla base delle documentazione in atti, il giudice ha accertato che proprio dal consuntivo di gestione risultava che le predette fatture non erano state pagate dai condòmini e nel rendiconto dell'anno successivo non era stato annotato il pagamento delle fatture , tanto che il saldo continuava ad essere negativo.
La Corte di Cassazione sosteneva che , pur non trovando applicazione nel condominio le norme dei bilanci delle società, il rendiconto deve essere accompagnato dalla documentazione che giustifichi le spese sostenute e deve consentire ai condòmini di potere controllare le voci di entrata e di spesa , requisito fondamentale perché possano essere contestate le partite contabili. Solo attraverso il rendiconto vengono giustificate le spese addebitate ai condòmini , pertanto il conto consuntivo della gestione condominiale non deve essere di competenza , ma con quello di cassa . L'inserimento della spesa deve essere annotato sulla base della data dell'effettivo pagamento e l'inserimento dell'entrate deve essere annotato in base alla data dell'effettiva corresponsione. La mancata applicazione del criterio di cassa non rende intellegibile il bilancio e riscontrabili le voci di entrata e di spesa e le quote di ciascun condòmino.
Per la Corte di Cassazione il criterio di cassa , nel quale devono essere indicate le spese e le entrate effettive per il periodo di competenza, consente di conoscere la rele consistenza del fondo comune. La confusione può incorrere quando , adottando unitamente i criteri di cassa e di competenza , le spese e le entrate siano indicate indistintamente tra quelle effettive e quelle preventivate. Pertanto non sussiste la violazione degli artt. 1130 e 1137 c.c. poiché il giudice di appello accertava che l'amministratore indicò nel conto consuntivo le fatture del riscaldamento specificando che esse non erano state pagate e che i versamenti erano stati utilizzati per altri scopi e che i condòmini furono informati delle uscite ed approvarono il rendiconto con le relative quote di ripartizione. Inoltre la Corte di Appello motivava sul documento attestante il passaggio delle consegne e riteneva irrilevante l'omessa indicazione delle fatture in quanto nel conto cassa era riportato quanto accadeva tra l'ultimo rendiconto e l'inizio della nuova gestione. Infine la Corte di Cassazione sosteneva che l'esame della documentazione contabile rendeva superflua la consulenza tecnica contabile che rientra nella facoltà discrezionale del giudice di merito e può costituire vizio del procedimento solo nel caso in cui la consulenza costituisca l'unico mezzo a disposizione della parte per dimostrare i fatti costitutivi della pretesa.

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