Condominio

Il divieto di costruire a meno di tre metri da una veduta vale anche per i muri di cinta

di Paolo Accoti

Il precetto relativo al divieto di edificare ad una distanza inferiore a tre metri da una veduta già esistente disposto dall'art. 907 Cc, non riguarda solo le costruzioni intese nell'accezione comune di edifici, ma attiene anche ai muri di cinta.
Questo perché la norma tende a tutelare il diritto di veduta e, quindi, la possibilità di guardare nel fondo del vicino senza l'utilizzo di mezzi artificiali ovvero di sporgere il capo e vedere nelle diverse direzioni in modo agevole e non pericoloso, in termini giuridici il diritto alla inspectio e della prospectio.
Conseguentemente, tale diritto risulta violato con l'edificazione di un corpo di fabbrica a distanza inferiore rispetto a quella prevista dalla norma citata, fermo restando che, pur in presenza della violazione delle distanze il Giudice è, in ogni caso, tenuto a determinare specificamente se l'edificazione ostacoli effettivamente l'esercizio del diritto di veduta con le modalità sopra dette.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, nell'ordinanza n. 26263, pubblicata in data 18 ottobre 2018.
La viceda parte da due condomine che evocavano in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Como, altrettanti condòmini proprietari di una villetta e di un terreno confinante, colpevoli, a loro dire, di aver eretto sul confine una recinzione metallica e una vetrata oscurata sia in violazione delle distanze dalle vedute che del regolamento condominiale.
Instauratosi regolarmente il contraddittorio, il Tribunale lariano e la Corte d'Appello di Milano poi, rigettavano la domanda, considerato che, ex art. 878 Cc (<<Il vicino, senza chiedere la comunione del muro posto sul confine, può costruire sul confine stesso in aderenza, ma senza appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente. Questa norma si applica anche nel caso previsto dall'art. 875; il vicino in tal caso deve pagare soltanto il valore del suolo.>>), la vetrata sul confine svolgeva una mera funzione di separazione dei fondi.
Propongono ricorso per cassazione le condomine soccombenti, resistono con controricorso i condòmini vittoriosi nei giudizi di merito e la causa viene incamerata per la decisione previo deposito di memorie depositate da entrambe le parti in causa.
I ricorrenti eccepiscono l'omessa pronuncia in relazione alla dedotta violazione del regolamento condominiale, perpetrata con l'anzidetta edificazione.
La Corte di Cassazione ritiene fondato il motivo in considerazione del fatto che <<su tale ragione di censura, trascritta nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, la corte d'appello non ha emesso alcuna statuizione.>>.
Con l'ulteriore motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 907 Cc nella parte in cui la Corte territoriale ha negato che la vetrata fosse <<di impedimento alle vedute attoree>>, ritenendo erroneamente applicabile al caso concreto la fattispecie di cui all'art. 878 Cc, tuttavia, inconferente rispetto alla materia della distanza dalle vedute.
Anche questo motivo è ritenuto fondato dal Giudice di legittimità il quale, in proposito, rileva come <<Il divieto di costruire a distanza inferiore a tre metri da una preesistente veduta, stabilito dall'art. 907 c.c. a salvaguardia di tale diritto, riguarda anche i muri di cinta, i quali - secondo la previsione di cui all'art. 878 comma primo c.c., - sono soltanto esentati dal computo della distanza tra costruzioni su fondi finitimi di cui all'art. 873 c.c. e non anche dall'osservanza delle distanze stabilite a tutela delle vedute (Cass. n. 6497/1988; conf. n. 12299/1997; n. 11199/2000; n. 12033/2011).>>.
Tanto perché <<la violazione del diritto di veduta del proprietario di un'unità immobiliare si determina quando viene realizzata una “fabbrica”, a distanza inferiore da quella prevista dalla legge, di qualsiasi materiale e forma, idonea ad ostacolare stabilmente l'esercizio della inspectio e della prospectio» (Cass. n. 2209/2008).>>, fermo restando che, comunque, <<il divieto di fabbricare a distanza minore di tre metri dalle vedute, sancito dall'art. 907 c.c., intende assicurare al titolare del diritto di veduta aria e luce sufficienti all'esercizio della inspectio e della prospectio, sicché il giudice di merito, pur in presenza dell'accertata violazione della distanza, è tenuto a valutare specificamente se l'opera edificata (nella specie, un'inferriata di recinzione) ostacoli l'esercizio della veduta» (Cass n. 19420/2013).>>.
Orbene, conclude la Suprema Corte, il Giudice di merito non si è attenuto a tali principi omettendo di valutare se l'opera violava la distanza minima dalle vedute e se, al contempo, ostacolava l'esercizio del relativo diritto di inspectio e prospectio.
Ed invero, <<diversamente la corte d'appello ha valutato la fattispecie in riferimento all'art. 878 c.c., valorizzando esclusivamente la posizione della vetrata sul confine e la correlativa funzione di separazione dei fondi, senza considerare che il divieto di costruire a distanza inferiore a tre metri da una preesistente veduta, stabilito dall'art. 907 c.c., riguarda anche i muri di cinta.>>.
Il ricorso, pertanto, deve essere accolto, e la sentenza cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano anche per le spese.

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