Condominio

Tubi centrali «a vista», chi paga la dispersione?

di Cesare Rosselli

In edifici di non recente costruzione è frequente che i radiatori siano collegati con tubi a vista che li collegano verticalmente passando da un piano a quello superiore. Ovviamente si tratta di condutture di acqua calda che hanno una dispersione e che, conseguentemente, contribuiscono a riscaldare gli ambienti attraverso i quali transitano.

In breve, la dispersione di calore dei tubi vista del riscaldamento che attraversano le unità immobiliari contribuisce al riscaldamento delle stesse. In questo caso, si tratta di consumo volontario o involontario? E come va calcolato e, soprattutto, ripartito?

La questione è stata esaminata dal Tribunale di Bologna con la sentenza del 9 novembre 2017 che ha annullato una delibera con la quale l’assemblea aveva approvato un progetto di contabilizzazione e ripartizione delle spese di riscaldamento in forza del quale la dispersione termica dei tubi verticali avrebbe dovuto doveva essere calcolata e ripartita in base ai millesimi di fabbisogno termico di ciascuna unità immobiliare. Il Tribunale, dopo aver disposto una Ctu, si è discostato dalle risultanze e dalle opinioni espresse della stessa, in forza dell’osservazione che tale dispersione deve essere calcolata, sia pure in modo forfettario, e ripartita non con i millesimi di fabbisogno, che riguardano tutti i condomini, ma in termini di consumo involontario da addebitare alle sole unità attraversate dai tubi.

Secondo il Tribunale, i millesimi di fabbisogno non potrebbero essere un corretto criterio di ripartizione dal momento che «le dispersioni di calore di cui fruiscono le unità immobiliari attraversate dalle tubazioni in questione finiscono per incidere per incidere proprio su coloro che, non fruendo del beneficio di tale dispersione, sono costretti ad aumentare il consumo volontario».

La decisione in rassegna riveste un particolare interesse sia perché fornisce un contributo per giungere alle definizione dei reciproci rapporti tra consumi volontari e fabbisogno termico, sia perché sottolinea che un corretto criterio di riparto non può non tener conto delle caratteristiche delle singole unità immobiliari e dell’influenza che tali caratteristiche hanno sul comportamento dei singoli utenti; questioni che si pongono in riferimento alle cosiddette “unità svantaggiate”. In altri termini, la decisione contribuisce a superare quelle interpretazioni tecnicistiche del Dlgs 102/2014 e delle norme Uni che conducono a ripartizioni delle spese per riscaldamento sostanzialmente inique.

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