Condominio

Caduta dalle scale, il risarcimento spetta solo se c’è uno stretto legame con le cause

di Selene Pascasi


Niente risarcimento per la bambina scivolata dalle scale di una casa popolare. Per condannare l'istituto proprietario dello stabile in cui è avvenuto l'incidente, serve prova certa che la caduta sia stata cagionata dall'improvvisa rottura di un gradino e non da altri fattori. A sottolinearlo è la Corte di cassazione, con ordinanza n. 25126 del 10 ottobre 2018 (relatore Positano).
Fa sorgere la lite il precipitare accidentale di una minore dalle scale dell'immobile di edilizia pubblica residenziale in cui viveva con la famiglia. La piccola, lamenta la madre tramite il suo avvocato che porta il caso in tribunale – citando Istituto Autonomo per le Case Popolari e assicurazione – era rimasta ferita per via della caduta. La soglia marmorea del gradino, spiega, al passaggio della figlia aveva ceduto all'improvviso e si era spezzata all'altezza dello spigolo esterno in prossimità della ringhiera. Di qui, la richiesta di risarcimento del danno da lesioni personali. D'altronde, rileva, l'accaduto poteva essere evitato se quello spazio fosse stato illuminato.
Era evidente, quindi, conclude il legale, la responsabilità dell'ente per omessa manutenzione o custodia del bene. L'istituto, affiancato dal proprio assicuratore, contesta la pretesa della signora dichiarandosi estraneo agli addebiti mossigli con riferimento alla presunta violazione degli articoli 2051 o 2043 del Codice civile.
Il giudice di pace, però, pur ribadendone la qualità di custode tenuto a far sì che nello stabile tutto funzioni regolarmente, boccia la richiesta della donna perché non adeguatamente supportata da prova certa del rapporto eziologico (dunque del collegamento) tra il sinistro (la caduta) e la condizione di assenza di illuminazione della scala. Contro la decisione arriva l'appello – che fa leva sulle dichiarazioni rese dai testimoni ascoltati nel processo – ma anche in secondo grado la domanda risarcitoria viene respinta, viste alcune contraddizioni emerse dai racconti delle persone sentite (che non avevano direttamente assistito alla caduta) e la prova, insufficiente, della dinamica dell'incidente.
Prevedibile il ricorso per cassazione della mamma dell'infortunata: l'accaduto, lamenta, non poteva ritenersi un fatto estraneo alla sfera di conoscibilità dello I.A.C.P. che, da buon custode, doveva occuparsi della manutenzione del palazzo provvedendo, innanzitutto, all'illuminazione delle scale e al ripristino delle condizioni fatiscenti di rampe e gradini, seriamente lesionati. Motivo inammissibile per difetto di autosufficienza. In altre parole, scrive la Corte di cassazione, la ricorrente avrebbe dovuto quantomeno trascrivere l'intero atto di citazione e allegare o riportare la comparsa di costituzione di parte avversa e tutti gli altri scritti successivi. Inammissibile, per lo stesso motivo, anche la questione inerente il contestato minore spessore dei gradini degli stabili di edilizia popolare. Tali valutazioni, del resto, esigerebbero una rivalutazione del compendio probatorio non ammessa in sede di legittimità. Questioni puramente tecniche che, pertanto, hanno indotto il collegio di Piazza Cavour a dichiarare l'inammissibilità del ricorso.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©