Condominio

Condanna per disturbo della quiete per chi urla e fischia per zittire il cane del vicino

di Paolo Accoti

Secondo l'art. 659 Cp, chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a trecentonove euro.
Per questo il latrato di un cane può essere potenzialmente idoneo a disturbare il riposo e le occupazioni delle persone e, pertanto, configurare il reato qualora le immissioni rumorose risultano tali da disturbare – come detto – non solo la quiete degli occupanti gli appartamenti limitrofi, superiori o inferiori, ma è necessario che tali rumori interessino una parte più consistente degli abitanti l'edificio in condominio.
Peraltro il superamento della normale tollerabilità dei rumori non deve necessariamente risultare da rilevazioni fonometriche essendo sufficienti, a tale scopo, le affermazioni di coloro che sono in grado di percepire i rumori e descriverne le caratteristiche e gli effetti degli stessi e dalle quali risulti realisticamente superata la soglia della normale tollerabilità.
Al contempo, però, “farsi giustizia da sé” può costare molto caro, ne sa qualcosa la condomina che, affacciandosi di notte alla finestra urlando e fischiando nell'intento di tacitare il cane del vicino che abbaiava, ha lei stessa disturbato la quiete degli altri condòmini ed è stata per questo condannata, ex art. 659 Cp, all'ammenda di euro 900, oltre al risarcimento del danno nei confronti delle costituite parte civili.
Della vicenda si è occupata la terza sezione penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 47719, pubblicata in data 19 ottobre 2018.
I fatti di causa sono quelli appena riferiti, la condomina, infatti, stanca dell'abbaiare del cane del vicino ha per anni (2010 – 2014) tentato, a questo punto vanamente, di zittirlo, affacciandosi al balcone ed urlando all'indirizzo dello stesso, nonché nominando il suo proprietario <<allo scopo di invitarlo ad educare meglio il suo cane>>.
Ironia della sorte, però, lei stessa con la sopra detta condotta ha disturbato i vicini che, pertanto, hanno deciso di denunciarla all'autorità giudiziaria.
La stessa, conseguentemente, all'esito del procedimento penale instaurato a suo carico, è stata condannata dal Tribunale di Bergamo per il reato di disturbo della quiete pubblica.
La Corte territoriale, infatti, ha ritenuto <<le azioni difensive dell'imputata travalicanti, per la loro oggettiva entità, i limite della tollerabilità in tema di disturbo e, di conseguenza, dell'ordine pubblico.>>.
Dinnanzi al Giudice di legittimità la stessa ha eccepito la violazione dell'art. 659 Cp, oltre il travisamento delle prove raccolte nel giudizio di merito.
La Corte di Cassazione a tale ultimo riguardo ha ricordato la costante giurisprudenza di legittimità a mente della quale la rilettura degli elementi di fatto posti a sostegno della decisione è riservata al Giudice di merito.
Per quanto concerne la pretesa violazione di legge rileva come l'eccezione sia manifestamente infondata, ritenendo la tesi difensiva apertamente contraria al tradizionale orientamento giurisprudenziale a cui la Corte intende dare seguito.
La Suprema Corte spiega innanzitutto la ratio dell'art. 659 Cp, laddove <<l'oggetto della tutela è dato dall'interesse dello Stato alla salvaguardia dell'ordine pubblico, considerato nel particolare aspetto della tranquillità pubblica, consistente in quella condizione psicologica collettiva, inerente all'assenza di perturbamento e di molestia nel corpo sociale.>>.
Orbene, <<la giurisprudenza ha sempre definito gli schiamazzi delle grida scomposte e clamorose (Cass. 1789/1969) … La rilevanza penale delle grida, in particolare di quelle notturne, è stata ribadita da Cass. 13000/2009 che ha affermato che integra il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone di cui all'art. 659 comma 1 cod. pen., il fatto di colui che, per più giorni, si dia a schiamazzi e grida notturne … Nella stessa sentenza la Corte ha ribadito che la contravvenzione ex art. 659 cod. pen. è un reato di pericolo e che la valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso deve essere d'altro canto compiuta in rapporto alla media sensibilità del gruppo sociale in cui il fenomeno rumoroso si verifica, considerate le circostanze di luogo e tempo della azione.>>.
Il Tribunale, quindi, nel seguire tale interpretazione ha ritenuto che le urla ed i fischi superassero la normale tollerabilità e fossero potenzialmente idonei a disturbare il riposo di un numero indeterminato di persone, anche in virtù della loro intensità, delle ore del giorno e della notte e della durata nel tempo.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali, con condanna anche alla refusione delle spese sostenute dalle costituite parte civili.

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