Condominio

Una lesione al decoro architettonico è una lesione al valore dell’edificio

di Valeria Sibilio

La lesione del decoro architettonico di un edificio condominiale rappresenta una lesione anche del valore dell'edificio stesso, contro il quale la giurisprudenza ha codificato principi con i quali tutelare la dignità estetica del fabbricato. Su questo aspetto, l'ordinanza della Cassazione n°24205 del 2018 ha trattato un caso nel quale, originariamente, i comproprietari dei un appartamento sito al piano terra proponevano appello contro la sentenza con la quale il Tribunale di Primo Grado, accogliendo la domanda contro di loro avanzata dal proprietario del sovrastante appartamento, li aveva condannati a demolire una tettoia realizzata nel loro giardino mentre, in parziale accoglimento della loro domanda riconvenzionale, aveva condannato il proprietario al pagamento della somma di euro 228,26 a titolo di risarcimento del danno conseguente a lavori dal lui effettuali.
Per gli appellanti il Tribunale aveva ritenuto la violazione dell'art. 907 cod. civ. mai dedotta dall'attore il quale aveva lamentato solo le violazioni, per altro inesistenti, dell'art. 1102 cod. civ. per realizzazione del manufatto anche su suolo condominiale, dell'art. 873 c.c., per omesso rispetto delle distanze tra costruzioni, e degli arti. 1120 e 1122,per lesione del decoro architettonico, e per avere trascurato, sulla scorta dell'incompleta relazione della perizia, alcuni lavori e sottostimato i danni con riguardo alle quote attribuibili ad essi, oltre alla erronea, illegittima e infondata condanna alle spese processuali e di CTU di primo grado. L'appellato si costituiva, chiedendo il rigetto dell'impugnazione e proponendo appello incidentale, lamentando l'erroneità della sentenza per aver ritenuto ammissibile la domanda riconvenzionale di risarcimento del danno non dipendente dal titolo dedotto in giudizio, per avere omesso di pronunziarsi sugli ulteriori aspetti di illiceità dedotti dalla parte attrice e per lesione del decoro architettonico come riconosciuto dalla perizia. La Corte di Appello, evidenziando che la tettoia comprometteva l'estetica dell'edificio condominiale, confermava la sentenza di primo grado, rigettava l'appello principale e dichiarava inammissibile l'appello incidentale in quanto proposto in un termine inferiore a quello di venti giorni, anche, con riguardo alla domanda riconvenzionale relativa al risarcimento del danno.
Nell'unico motivo di ricorso in Cassazione, ai quali il proprietario resisteva con controricorso, i due attori lamentavano che la Corte territoriale non avesse tenuto conto della normativa di cui agli artt. 346 e 166 cod. proc. civ. in quanto il proprietario, essendosi costituito tardivamente in appello, non poteva legittimamente proporre le eccezioni non accolte in primo grado. Pertanto, la Corte distrettuale avrebbe errato considerandole ricomprese e, quindi, proposte nella richiesta di conferma della sentenza impugnata, anche perché tale richiesta era contenuta in un appello incidentale inammissibile. Inoltre, per i ricorrenti, la Corte di Appello avrebbe ritenuto ritualmente proposti i motivi riguardanti la violazione degli artt. 1102, 1122 e 1120 cod. civ., senza che le stesse domande fossero state riproposte espressamente nella comparsa di costituzione e di risposta.
Per gli ermellini i due profili sono risultati il primo infondato ed il secondo inammissibile. Per il primo, qualora un'eccezione di merito sia stata respinta in primo grado in modo espresso o attraverso un'enunciazione indiretta che ne sottenda la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d'appello della sua cognizione esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso, ai sensi dell'articolo 345, secondo comma 2, cod. proc. civ.. Ciò che si evidenzia, quindi, è la distinzione fra le questioni che in primo grado non sono state affatto esaminate e quelle che, nella stessa sede, sono, invece, state respinte. Nel caso trattato, il profilo relativo alla compromissione dell'estetica dell'edificio condominiale ed alla lesione del decoro architettonico risultava totalmente pretermesso dal giudice di prime cure perché assorbito nella favorevole pronuncia relativa alla disposta demolizione della tettoia, con la conseguenza che non si presentava necessaria la proposizione di gravame incidentale per la delibazione di tale motivo della domanda, rimasto assorbito nel giudizio di prime cure, essendo sufficiente che dello stesso venisse richiesta la delibazione mediante riproposizione della questione in qualunque atto difensivo e pertanto anche all'atto della costituzione della parte nel giudizio, sia pure tardiva.
Inammissibile il secondo profilo perché la violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, nel giudizio di legittimità deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell'art. 360 n. 4 cod. proc. civ. e non come violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. o come omessa motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
La Corte ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando il ricorrente a rimborsare alcontroricorrente le spese del giudizio, liquidate in euro 4300,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali pari al 15% dei compensi ed accessori nella misura di legge.

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