Condominio

La canna fumaria va rimossa se ostacola la «veduta»

di Valeria Sibilio

L'erezione di opere idonee, per stabilità, consistenza e dimensioni, ad ostacolare l'esercizio del diritto di veduta è punibile con la loro rimozione. Lo ha chiarito l'ordinanza 25572 della Cassazione che ha trattato il ricorso dei gestori di una panetteria contro la sentenza della Corte d'Appello la quale aveva riformato parzialmente quella del Tribunale di Primo Grado che aveva accolto la domanda con cui una coppia di condòmini avevano chiesto la rimozione di una canna fumaria realizzata, in aderenza al terrazzo dell'appartamento degli attori, al servizio della suddetta panetteria, nell'adiacente immobile di proprietà della Parrocchia. La corte distrettuale aveva accertato, sulla base della documentazione fotografica prodotta in primo grado, che la canna fumaria costituiva una costruzione lesiva del diritto di veduta esercitato dagli attori dal proprio terrazzo. Mentre i ricorrenti articolavano il proprio ricorso in sei motivi, la coppia di attori si costituiva con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato relativo alla statuizione di inammissibilità, in quanto tardive, delle doglianze da loro proposte in sede dì appello in ordine alla violazione delle distanze previste per l'istallazione di tubi e camini dagli articoli 889 e 890, al quale i ricorrenti replicavano con controricorso a ricorso incidentale. Inammissibilità respinta dalla Corte Suprema.
Nell primo motivo, per i ricorrenti la corte territoriale avrebbe ritenuto sussistente un diritto di veduta diretta dal terrazzo degli attori sul fondo della Parrocchia, nonostante che quest'ultimo fosse costituito da un edificio più alto rispetto a detto terrazzo. Motivo giudicato inammissibile perché non indica alcuna regola esplicitamente o implicitamente applicata dalla corte territoriale in contrasto con la disposizione violata, ma attinge l'apprezzamento della corte di merito sulla possibilità di esercitare la veduta diretta dalla terrazza degli attori sul fondo della Parrocchia sulla base di una circostanza fattuale che non emerge dalla sentenza gravata e non può formare oggetto di accertamento in sede di legittimità.
Nel secondo motivo, i ricorrenti lamentano il fatto che la corte avrebbe ritenuto la canna fumaria quale costruzione. Motivo anch'esso inammissibile perché la qualificazione di un manufatto come costruzione costituisce giudizio di fatto che compete al giudice di merito non censurabile sotto il profilo del vizio di violazione di legge ex art. 360 n. 3.
Nel terzo motivo di ricorso, per i ricorrenti, la corte avrebbe travisato le risultanze istruttorie riconoscendo che la canna fumaria limitasse il diritto di veduta. Motivo inammissibile perché la doglianza si pone contro le conclusioni a cui è approdato il giudice di merito. Nel giudizio di cassazione non è consentito alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito.
Nei restanti motivi, trattati congiuntamente dagli ermellini in quanto proponenti la stessa doglianza, i ricorrenti lamentavano la mancanza delle motivazioni circa la sussistenza della suddetta veduta diretta da parte degli attori, della qualifica di costruzione operata dalla corte con riguardo alla canna fumaria e della limitazione arrecata da quest'ultima alla veduta esercitabile alla terrazza degli attori. Tutti motivi, per la Suprema Corte, infondati in quanto la sentenza gravata non è priva di una effettiva motivazione, avendo la corte territoriale dato conto sia delle ragioni che l'hanno indotta a ritenere che dalla terrazza degli attori si esercita la veduta diretta sul fondo della Parrocchia, sia delle ragioni che l'hanno indotta a ritenere che la canna fumaria in questione avesse consistenza di costruzione, sia, infine, di quelle che l'hanno indotta a ritenere che la canna fumaria ostacolasse l'esercizio del suddetto diritto di veduta.
La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso principale, dichiarando assorbito il quello incidentale condizionato e condannando i ricorrenti a rifondere, ai contro ricorrenti, le spese del giudizio liquidabili in euro 2.000,00 oltre euro 200,00 per esborsi ed accessori di legge.

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