Condominio

L’ampliamento del balcone non è manutenzione straordinaria

di Rosario Dolce

È possibile ampliare il balcone? E se si per quale ampiezza? A queste domande risponde il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Seconda, con Sentenza nr 02049 del 09 settembre 2018.
Il Giudice amministrativo è stato adito da un condòmino (così qualificato in tale ambito), il quale aveva impugnato l'ordinanza comunale di demolizione emessa nei suoi confronti anche per le opere realizzare sul proprio balcone. Questi, in particolare, aveva ampliato la larghezza del balcone per cinquanta centimetri e la relativa lunghezza per quattro metri, con conseguente realizzazione di una maggiore superfice di due metri quadrati. In quanto tale, riteneva di poter eseguire tali opere qualificandole come manutenzione straordinaria.
Il Tar Lombardia, tuttavia, ha respinto il gravame.
L'opera, per come realizzata dal ricorrente, non è stata ritenuta sussumibile nell'ambito dell'assioma di cui alla “manutenzione straordinaria”, atteso che, in tale categoria, rientrano, secondo quanto previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera b), del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, <<le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso. Nell'ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione d'uso>> (lettera così modificata dall'art. 17, comma 1, lettera a), legge n. 164 del 2014)
L'ampliamento del balcone non è, infatti, diretto a soddisfare mere finalità conservativa, perché non consiste nel rispristino o rinnovamento di elementi dell'edificio, ma comporta la formazione di ulteriore superfice utile non residenziale, all'esterno del volume del fabbricato, rispetto a quanto previsto dal titolo.
Così configurato il rilievo “edilizio” dell'intervento, il giudice amministrativo ha respinto anche l'altro motivo di censura rivolto all'ordinanza comunale, vale a dire quello con il quale il ricorrente riteneva di poter supplire alla deficienza di titolo per l'esecuzione del lavoro in ragione dell'esigua ampiezza dell'intervento, stante i limiti posti dall'articolo 34, comma 2-ter, del Decreto Presidente della Repubblica n. 380 del 2001.
La previsione normativa – richiamata, in punto, dal condòmino ricorrente – è stata però ritenuta non pertinente, poiché si riferisce alle “violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superfice coperta” che siano contenute nel limite del due per cento “per singola unità immobiliare” e, nella fattispecie, non risultava essere stato provato agli atti che l'incremento della superfice complessiva sia stata contenuta entro il predetto limite.

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