Condominio

Dopo il caso di Lecce: il dark number del delitto tra vicini

di Federica Riccardi

Oltre le 500.000 liti giudiziarie condominiali e nessun dato statistico sui reati tra vicini di casa. Un ‘'dato oscuro'' indispensabile per un'azione preventiva.
Non è necessario andare lontano nel tempo per avere un assaggio di quello che può essere il numero di azioni criminose che vedono come protagonisti I vicini di casa.
Prendiamo in esame il mese di settembre 2018.
- 3 Settembre 2018, Palagonia, provincia di Catania. Un uomo di 57 anni con problemi psichici già manifestati investe I propri vicini di casa uccidendo una donna di 87 anni.
- 16 Settembre 2018, Besana Brianza. Ritorna in aula con nuove prove il caso del 22 Giugno che vedeva Michele Scarfò sparare ai vicini di casa della sorella sessantunenne a causa di futili liti, incancrenitesi negli anni, tra cane e gatto.
- 27 Settembre 2018, Francavilla Fontana. Un ragazzo di 23 anni impugna l'arma, non registrata, del padre e spara al figlio del vicino di pianerottolo con il quale aveva screzi da tempo immemore.
- 29 Settembre 2018, Lecce. Pappadà uccide tre persone a causa del parcheggio.
Quattro episodi nel solo mese di Settembre danno un peso specifico ad un fenomeno del quale non si conoscono le statistiche, lasciando ad una quasi impossibilità di qualsiasi professione o istituzione di analizzarne I termini.
Del caso di Lecce si conosce ancora poco. Sappiamo, a detta del reo confesso che non ha opposto alcuna resistenza all'arresto, che esisteva una ‘'situazione alla quale doveva mettere fine''. La situazione in questione era il ripetuto parcheggio dell'auto dei vicini davanti casa sua e della sorella disabile.
Sappiamo poi che l'uomo fosse disoccupato da tempo e che più volte i vigili urbani avessero invitato l'uomo a richiedere il parcheggio per disabili per garantirsi il passaggio davanti casa per sua sorella.
I giornali non riportano notizie su precedenti denunce, querele o litigi cruenti tra il Pappadà e i suoi vicini di casa, ne ci sono dati riguardanti una precedente manifestazione di malessere psicologico dell'autore del crimine.
Volendo analizzare dal punto di vista psicologico l'accaduto criminoso, abbiamo due dati.
Il primo è lo stato psicologico in cui possiamo supporre essere l'uomo.
La disoccupazione, diversamente dall'inoccupazione, arreca, in maniera più o meno acutizzata da fattori ambientali o interni alla persona, uno stato psicologico che viene definito “embitterment” termine che letteralmente vuol dire ‘'amarezza''. E' quello stato psicologico in in cui il soggetto sente di aver subito un torto, prova profondo risentimento verso il prossimo e sperimenta stati di intensa ruminazione mentale di eventi che vede come lesivi della sua persona. Questo stato chiama in causa in maniera massiva l'autostima della persona, la quale si trova a percepire in maniera estremamente negativa qualsiasi azione che, anche se involontariamente da parte di chi agisce, lede il suo spazio personale o la sua dignità.
La Direzione Statistica del Ministero di Giustizia ha prodotto un documento nel 2014 analizzando 508 fascicoli di procedimenti in corso per reato generico di stalking , dall'anno 2011-2012. In questo documento, in cui sono presi in esame movente, modalità della condotta, tempi, autori e vittime, relazione tra tra gli attori dei fatti si evidenzia che il 31 % ( un terzo circa) degli autori di reati di stalking sono disoccupati.
Il secondo dato, forse più rilevante di questo atto criminoso nello specifico è la premeditazione.
Ciò che è successo non è stato un gesto impetuoso, dovuto alla risposta istintiva del momento. Pappadà si è procurato un'arma non registrata, ha atteso che I vicini arrivassero e ha fatto fuoco. Ha atteso poi l'arrivo dei familiari delle vittime ed ha fatto fuoco di nuovo, lucidamente.
La situazione ‘'da sistemare'' insieme ad una serie di elementi soggettivi del Pappadà che non ci è dato sapere, pone l'attenzione su una questione molto importante: la maturazione dell'esigenza di farsi giustizia. Non è l'unico caso, quello di Lecce, in cui si sente parlare di questioni da risolvere che da anni stavano ossidando I rapporti tra vicini di casa.
Se per un verso lo scenario è critico, se è vero che non abbiamo modo di prevedere o prevenire un comportamento umano violento o una reazione improvvisa, abbiamo l'obbligo di vedere che esiste la possibilità di lavorare su un elemento: il lasso di tempo che intercorre tra l'inizio della crisi e l'epilogo.
Cosi come accade da tempo nei casi di stalking- rimanendo sul generico e sorvolando sulla vittimologia- esiste sempre un episodio scatenante seguito da azioni di denuncia da parte della vittima che purtroppo poco spesso vengono lavorate o contestualizzate in maniera corretta da chi accoglie tale denuncia.
Il Magistrato Roia, pure riferendosi alla violenza di genere e allo stalking nei confronti delle donne, solleva un punto importante: troppo spesso le denunce rimangono troppo a lungo nei cassetti della polizia giudiziaria o del giudice, lasciando un ampio tempo di suppurazione degli eventi a quel range temporale che va dal primo episodio critico all'epilogo tragico.
Seppure quello del femminicidio è un gravissimo fenomeno che chiama in causa diverse discipline e dovrebbe impiegare un impegno e uno sforzo istituzionale ben più determinato, stando alla numerosità e alla frequenza degli episodi di vicinato che sfociano in atti criminosi, è il caso di iniziare a muovere delle azioni quanto meno per la definizione del fenomeno, che attualmente è obnubilato da un'assenza di dati, al fine di intraprendere studi e iniziative volte a prevenire e minimizzare gli atti criminosi tra vicini di casa.
Dott.ssa Federica Riccardi

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