Condominio

Decoro architettonico, la Cassazione mette i paletti

di Paolo Accoti

L'occasione per parlare delle possibili differenti nozioni di decoro architettonico, concetto non compiutamente espresso neppure dalla riforma del condominio, viene fornita dall' ordinanza n. 22156, della Corte di Cassazione, Presidente dott. P. D'Ascola, Relatore dott. A. Scarpa, pubblicata in data 12 settembre 2018.
Il codice civile riferisce sbrigativamente in merito al decoro architettonico in diverse norme e, in particolare, allorquando vieta le innovazioni che possono alterarlo (art. 1120, co. IV, Cc), nell'impedire la realizzazione di opere eseguite su parti di proprietà esclusiva o uso individuale che pregiudicano il decoro architettonico dell'edificio (art. 1122 Cc), quando detto decoro risulta violato dall'installazione di impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia rinnovabile (art. 1122-bis Cc) e, infine, in caso di sopraelevazione, laddove viene stabilito che sull'ultimo piano dell'edificio in condominio la costruzione di nuovi piani o nuove fabbriche può essere avversata dai condòmini qualora questa pregiudichi l'aspetto architettonico (art. 1127 Cc).
In assenza di una esplicita definizione legislativa, giurisprudenza e dottrina hanno da tempo definito il concetto di decoro architettonico come l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell'edificio imprimendo allo stesso una sua armoniosa fisionomia (Cass. n. 8731/98; Cass. n. 16098/03). La più recente dottrina ha inteso il decoro come <<l'estetica del fabbricato quale risultante dell'intreccio tra le linee e le strutture che contrassegnano l'edificio, assicurandogli una fisionomia ed eventualmente un'armonia estetica. Estetica che invero è propria di qualsiasi edificio a prescindere dal pregio artistico e che comunque non prescinde da un giudizio di valore, cui piuttosto inevitabilmente si presta. Infatti, l'estetica di un edificio concorre a determinare il valore …>> (R. Triola, Il Nuovo Condominio, II edizione, Giappichelli, 2017).
Tuttavia, è stato ritenuto anche come la nozione di decoro architettonico di cui all'art. 1127 Cc sia diversa da quella richiamata dagli artt. 1120, 1122 e 1122-bis Cc.
Tanto è vero che l'ordinanza oggi in commento ha ribadito come l'aspetto architettonico, inteso quale limite alle sopraelevazioni contemplato dall'art. 1127 Cc, allude ad una nozione diversa rispetto a quella fissata dagli artt. 1120, 1122 e 1122-bis Cc., in considerazione del fatto che le opere edilizie in sopraelevazione devono, in ogni caso, mantenere lo stile del fabbricato e non risultare discordanti in relazione all'intero complesso, con compromissione degli originari lineamenti fissati dal progettista tali da risultare distinguibili da qualunque osservatore.
Fermo restando che le diverse nozioni di aspetto architettonico contemplate dal codice civile, pur nella loro diversità, appaiono strettamente complementari e non possono, quindi, prescindere l'una dall'altra, conseguentemente, anche la sopraelevazione deve rispettare lo forma del fabbricato.
Questi i principi rinvenibili nella suddetta ordinanza della Corte di Cassazione, la quale, nel richiamare i propri precedenti, ha riaffermato che <<L'aspetto architettonico, cui si riferisce l'art. 1127, comma 3, c.c., quale limite alle sopraelevazioni, sottende, peraltro, una nozione sicuramente diversa da quella di decoro architettonico, contemplata dagli artt. 1120, comma 4, 1122, comma 1, e 1122-bis c.c., dovendo l'intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l'originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore. Il giudizio relativo all'impatto della sopraelevazione sull'aspetto architettonico dell'edificio va condotto, in ogni modo, esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell'immobile condominiale, e verificando l'esistenza di un danno economico valutabile, mediante indagine di fatto demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se, come nel caso in esame, congruamente motivato (cfr. Cass. Sez. 6-2, 28/06/2017, n. 16258; Cass. Sez. 2, 15/11/2016, n. 23256; Cass. Sez. 2, 24/04/2013, n. 10048; Cass. Sez. 2, 07/02/2008, n. 2865; Cass. Sez. 2, 22/01/2004, n. 1025; Cass. Sez. 2, 27/04/1989, n. 1947).>>.
La stessa, nel ricordare come <<questa Corte ha anche affermato che le nozioni di aspetto architettonico ex art. 1127 c.c. e di decoro architettonico ex art. 1120 c.c., pur differenti, sono strettamente complementari e non possono prescindere l'una dall'altra>>, riferisce espressamente del principio espresso dall'ordinanza n. 17350/2016, per cui <<la nozione dell'aspetto, contenuta nell'art. 1127 c. c., relativo alla facoltà dei condomini di costruire in sopraelevazione, coinvolge una serie di valutazioni connesse alla compatibilità con lo stile architettonico (Cass., se. 2, n. 1025 del 2004), diversamente il decoro dell'immobile, come richiamato dall'art. 1120 c.c., si esprime nell'omogeneità delle linee e delle strutture architettoniche, ossia nell'armonia estetica dell'edificio (Cass., se 2, n. 10350 del 2011). Le due nozioni, a luce meridiana, vivono un rapporto di stretta complementarietà, tale da escludere uno iato netto tra le due, le quali appaiono anzi l'un l'altra imprescindibili risolvendosi la valutazione di continuità stilistica in una verifica del rispetto delle direttive architettoniche impresse dal progettista (Cass., sez. 2, n. 10048 del 2013)>>.
Infine, ricorda l'odierna ordinanza, che per la tutelabilità dell'aspetto architettonico non è necessario che l'edificio abbia un particolare valore artistico, essendo sufficiente che questo sia dotato di una propria fisionomia e che, pertanto, l'opera in sopraelevazione comporti una chiara sensazione di disarmonia.
A nulla valendo la circostanza per cui la fisionomia dello stabile sia stata già lesa da preesistenti modifiche, salvo che l'edificio condominiale, per le modalità di costruzione o le modifiche apportate nel tempo, versi in uno stato di tale degrado complessivo da rendere insignificante alla visione ogni ulteriore intervento.

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