Condominio

L’intervista all’esperto: Angelo Fanizzi e la gestione del tempo per l’amministratore

di Francesco Schena

Il tema della gestione del tempo, quale risorsa ormai di immenso valore nella società moderna, rappresenta una complessa quanto delicata problematica per l'Amministratore di condominio del 2018. La scelta che alla base fa la differenza è quella di decidere di rimanere confinato alla dimensione autonoma classica o di affrontare il processo di industrializzazione necessario per passare alla dimensione aziendale.
Il classico professionista autonomo, assistito da uno o due collaboratori, infatti, affronta la sua giornata con un impegno fortemente diretto, con un coinvolgimento in prima persona che sfiora la totalità delle attività. La dimensione aziendalistica, invece, richiede, da parte dell'amministratore, una capacità manageriale e di organizzazione aziendale diversa ma che certamente non assorbe meno tempo. Un tempo, però, dedicato fondamentalmente ad un posto di comando e di regia e meno operativo sul piano pratico dell'attività quotidiana, con la possibilità di permettersi più schemi rigidi con l'orologio.
Sul punto, abbiamo ascoltato Angelo Fanizzi, Commercialista, Revisore Contabile, Trainer e Scrittore, Professional Organizer, esperto di processi formativi e in consulenza strategica. Il suo ultimo libro “Sei Unico”, pubblicato nel novembre del 2014, è considerato un testo guida per l'organizzazione degli studi professionali.
Dott. Fanizzi, l'Amministratore di condominio moderno, forse più di altri professionisti, ha la necessità di gestire al meglio il suo tempo non solo perché oberato da mille adempimenti ma anche perché il suo cliente, costituito da una moltitudine di persone (a volte anche nell'ordine di diverse migliaia), ha spesso l'esigenza di parlare con lui per qualsiasi esigenza. Questo atteggiamento dell'utente impedisce a molti professionisti di costruirsi una dimensione aziendale nel timore di perdere la fiducia del cliente già con la semplice attivazione di un servizio di segreteria outsourcing. Cosa pensa e suggerisce al riguardo?
“Rimanere piccolo o diventare grande?” Questo è uno dei più ricorrenti e irrisolti dilemmi che attanagliano ogni professionista ed in particolar modo l'Amministratore di condominio. Sicuramente ognuna delle due scelte ha in sé, vantaggi e svantaggi. Rimanere piccolo permette all'Amministratore di condominio di poter gestire autonomamente il proprio tempo e le proprie finanze senza dover coinvolgere nessun'altro. Di avere contatti diretti con il proprio cliente, rendendo il proprio servizio altamente professionale. Di non pensare alla formazione dei propri collaboratori ma, soltanto alla propria. Di non dover fare i conti con permessi matrimoniali, malattie, infortuni, ferie, etc. etc. Potremmo continuare così all'infinito. Dall'altro canto, però, vi sono una serie di motivazioni che potrebbero, al contrario, indurre l'Amministratore di condominio a pensare seriamente a strutturare il proprio studio come una vera e propria Azienda.
Mi riferisco al fatto che:
 non tutto può essere svolto dal titolare dello studio; se non a costo di chiedere enormi sacrifici a sé stesso ed alla propria famiglia. Infatti, si rischierebbe di lavorare tutti i giorni (sabato e domenica compresi) 24 ore al giorno, senza pause né ferie: e questa non mi sembra proprio una bella prospettiva;
 data la ridotta rimuneratività del proprio lavoro, si tende ad aumentare il numero dei condomini gestiti e ciò potrebbe determinare un sovraccarico di lavoro per l'Amministratore;
 verificandosi le due situazioni sopra riportate, si tenderebbe a dare importanza alle competenze “tecniche” e “manuali” tralasciando le attività riservate principalmente al Manager (strategia, pianificazione, controllo di gestione, marketing).
Allora qual è la soluzione? I latini dicevano: “in media stat virtus”. La soluzione è sicuramente quella di non lavorare da soli ma a condizione di circondarsi di “persone di valore”, che devono essere ricercate con attenzione, che devono essere minuziosamente selezionate, in base sì alle esigenze dello studio, ma anche alle loro attitudini, caratteristiche, talenti e che, una volta entrate a far parte della squadra, vengano, preliminarmente e continuamente formate. Troppo spesso, durante i miei corsi in aula e le mie consulenze negli studi professionali, sento colleghi professionisti che continuano a reclutare collaboratori alla vecchia maniera, cioè per conoscenze superficiali, per amicizie, oppure peggio ancora, perché me l'ha raccomandato un amico. Non funziona più così! La risorsa umana, così come dice la parola, deve essere una risorsa e non un fardello per lo studio. Delegando ai nostri validi collaboratori una parte del nostro lavoro, potremo permetterci di avere più tempo libero da passare con i nostri familiari, ed anche di dedicare del tempo al nostro benessere. Ricordate sempre quello che dicevano i latini: “mens sana in corpore sano”.
Tra continue assemblee condominiali, richieste di intervento e mille imprevisti, l'Amministratore di condominio, nel tentativo di risultare efficiente agli occhi del cliente, sottrae moltissimo tempo alla vita privata e ai suoi affetti famigliari. Quali sono i rischi che un atteggiamento di questo tipo comporta alla lunga? Esiste la possibilità di gestire un punto di equilibrio tra vita privata e vita professionale? Ci sono tecniche particolari da conoscere, si tratta di una mera questione di scelta individuale, atteggiamento caratteriale o cosa?
Sicuramente, la scelta di vivere una vita maggiormente appagante, dipende da tutte le caratteristiche sopra riportate: abitudini, condizionamenti, voglia di emergere in ambito professionale, etc. etc. Il segreto sta nello stabilire degli obiettivi chiari e, successivamente, portarli avanti con tutte le proprie forze. Non potremo convincere un Amministratore di condominio a stare a casa con i suoi cari se il suo unico obiettivo è quello di diventare il miglior professionista del suo settore e di guadagnare un mucchio di soldi. Nel caso in cui, invece, l'Amministratore avrà attribuito la giusta importanza alla vita privata ed a quella professionale, egli stesso, autonomamente, si potrà dare quelle regole che gli permetteranno di vivere una vita “equilibrata”. Mi riferisco, in particolar modo, alla necessaria distinzione delle attività importanti che vanno divise da quelle urgenti. Al generale Dwight D. Eisenhower, poi divenuto presidente degli Stati Uniti d'America, è attribuita la seguente frase: “Ciò che è importante raramente è urgente e ciò che è urgente raramente è importante”. In effetti, c'è molta confusione riguardo al significato di queste due parole. Il termine “importante” è un concetto soggettivo nel senso che ciò che è importante per me potrebbe non esserlo per te. Vedi il caso del cliente che chiama per una questione di estrema “importanza” che poi, al contrario, è soltanto urgente. Il termine “urgente”, invece, è un concetto oggettivo, che è determinato esclusivamente dalla variabile “tempo”: se il pagamento di una cartella è in scadenza, lo è per tutti. I professionisti in genere e, conseguentemente, gli Amministratori di condominio, lavorano per attività urgenti quando, al contrario, dovrebbero lavorare per compiti importanti. Per distinguere più precisamente le attività urgenti da quelle importanti, ci viene incontro uno strumento moto efficace denominato “Quadrante di Covey”. Stephen Covey, scrittore, uomo d'affari e comunicatore statunitense, partendo dalla matrice di Eisenhower, ha creato il seguente strumento che è costituito da 4 quadranti ( per vederlo cliccare qui ).
Nel 1° ha inserito le attività importanti ed urgenti che non possono essere delegate ad altri e che scadono immediatamente; nel 2° quelle che possono essere svolte in un secondo momento e possono essere pianificate; nel 3° quelle che vanno delegate ad altri e nel 4° quelle da non fare perché sono superflue. Da quanto abbiamo visto, il quadrante su cui dovremmo lavorare il più tempo possibile è il secondo, poi il primo e via via il terzo e, se avanza tempo, il quarto. Voglio ricordare una frase di uno dei miei autori preferiti, Brian Tracy che recita testualmente: “Non c'è abbastanza tempo per fare tutto, ma c'è abbastanza tempo per fare le cose importanti”.
“Amministratore, non la vediamo mai!”. E', probabilmente, la più diffusa accusa rivolta agli amministratori dai propri clienti. I condòmini ti valutano per quello che percepiscono e non per quello che fai nel tuo ufficio per 12 ore al giorno. Come si risolve questo grande enigma?
La frase sopra riportata è, senza dubbio alcuno, tra quelle maggiormente pronunciate da parte dei clienti di ogni professionista ed in particolare da quelli dell'amministratore di condominio.
Bisogna, però, a questo riguardo, fare un distinguo tra la qualità erogata e quella percepita.
La prima è costituita da quella che il professionista, attraverso l'impegno profuso all'interno del proprio studio, la professionalità acquisita seguendo ore ed ore di formazione (anche coinvolgendo i propri collaboratori), il tempo, sempre maggiore, dedicato alla professione e gli investimenti effettuati per migliorare i servizi nei confronti dei propri clienti, ritiene di erogare a tutti i suoi clienti.
La seconda, invece, è costituita da quella che il cliente, in base alle aspettative che si è creato sul lavoro del proprio professionista e, probabilmente, in base alle promesse fatte dallo stesso nei confronti del lavoro da svolgere, percepisce.
Quando, la distanza tra i due distinti modi di valutare la qualità del servizio, è eccessiva, si verifica una distorsione e quindi: il professionista ritiene di dedicare troppo tempo al cliente rispetto a quanto percepisce da un punto di vista economico ed il suo cliente, al contrario, pensa di non ottenere abbastanza attenzioni da parte del proprio amministratore rispetto a quanto lo paga per il servizio ricevuto.
Come si risolve questo enigma?
Facendo sapere al proprio cliente, in maniera dettagliata e periodicamente (diciamo almeno una volta all'anno), quali e quante sono le attività che l'amministratore svolge per suo conto. Questo, però, è fattibile, soltanto attraverso l'uso di un C.R.M. (Customer Relationship Management), con il quale l'amministratore potrà tenere memoria di ogni piccola attività svolta per ogni singolo cliente. In questo modo, all'occorrenza (richiesta specifica da parte del cliente oppure in caso sia necessario dimostrare le attività svolte nei suoi confronti) il professionista potrà ricorrere ad esso per dimostrare quanto svolto per suo conto.
A proposito di 12 ore al giorno di lavoro, si tratta di un errore a priori? Di una normalità se ripagata adeguatamente? La vita di un professionista come l'Amministratore di condominio come andrebbe distribuita tra affetti, lavoro e tempo libero? E quanto incide la remunerazione sul piano della efficienza mentale in termini di capacità di gestione dei processi e del relativo tempo impiegato, compreso il profilo psicologico e di tenuta?
La sua domanda è assolutamente pertinente. Il professionista in genere, e l'amministratore di condominio in particolare, non è certo esente da questa problematica. Chi svolge un'attività in proprio è, quasi sempre, costretto a lavorare molte più ore rispetto al suo collaboratore anche se entrambi svolgono più o meno lo stesso compito. Ciò accade perché, il titolare dello studio, oltre al lavoro cosiddetto “tecnico”, deve svolgere una serie di attività extra che gli portano via molto tempo e che, necessariamente, deve svolgere personalmente ed anche fuori dai normali orari di lavoro. Ciò detto, però, non è detto che chi lavora 12 o anche più ore al giorno, necessariamente guadagni di più di chi, al contrario, ne lavora meno. Infatti, tutto è determinato dalla qualità del lavoro svolto. Se buona parte di quelle ore le utilizzo per attività di routine e, soprattutto, di poco valore, anche i risultati che mi arriveranno avranno lo stesso peso economico. Se, al contrario, utilizzo la maggior parte della mia giornata per attività che mi permettono di essere “performante”, allora in questo caso lavorerò meno ottenendo migliori risultati. Durante i miei corsi, quando tratto il tema della “Gestione del Tempo”, pongo molta attenzione ad un argomento molto caro, oltre che a me, anche a Robert Kyiosaky (autore dei best sellers “Padre ricco padre povero”, “I quadranti del cash flow” etc. etc.), e cioè la costruzione del cosiddetto “Acquedotto”. Per acquedotto io intendo la creazione delle rendite passive, cioè quelle che, ben strutturate, potranno permetterci di vivere di rendita. Per realizzare questo, però, c'è bisogno, oltre che di tempo e fatica, di idee e strategie che, non sarà possibile ottenere, svolgendo compiti di basso valore aggiunto o, addirittura, urgenti e poco importanti. È normale che, una volta che sarete riusciti a realizzare il vostro acquedotto, il tempo libero aumenterà in maniera esponenziale e potrete dedicare molto più tempo di qualità a voi stessi ed ai vostri cari, innescando un circolo virtuoso inimmaginabile. Tutto andrà meglio, i guadagni aumenteranno, la soddisfazione lavorativa anche e, conseguentemente, ne gioveranno anche tutte le relazioni.
Lei svolge un mestiere diverso da quello dell'Amministratore ma so che ha avuto più di un'occasione per conoscere questo mondo.
Tutte le professioni, nessuna esclusa, stanno attraversando un momento storico davvero particolare ed impegnativo. Il mondo è notevolmente cambiato e, conseguentemente, è cambiato anche il modo di svolgere la professione, Amministratore di Condominio inclusa. Abbiamo soltanto due modi per affrontare questo cambiamento: assecondarlo oppure contrastarlo con tutte le forze. Personalmente credo che, compatibilmente con i valori e gli obiettivi di ognuno di noi, il modo migliore è, sicuramente, studiarlo, comprenderlo e sfruttarlo a proprio vantaggio. In passato ci sono state singole aziende (Blockbuster, Nokia, Motorola, etc. etc.) oppure interi settori economici (case discografiche, spettacoli circensi, etc. etc.) che hanno tentato di ostacolare questo cammino, ma hanno fallito amaramente. Un'altra strategia, sicuramente efficace, per vincere in questo mercato è, senza dubbio alcuno, unire le forze con gli altri professionisti di categorie omogenee e con quelle eterogenee. La condivisione degli spazi, delle risorse (umane e di mezzi), delle idee, degli strumenti, delle procedure ecc., è una vera arma vincente per il professionista del 21° secolo. C'è una frase di Thomas Jefferson che mi piace moltissimo e che uso spesso nei miei seminari e che recita: “Se io e te abbiamo un dollaro e ce lo scambiamo, ognuno di noi andrà via con un dollaro a testa. Se io e te abbiamo un'idea e ce la scambiamo, ognuno di noi andrà via con due idee”.

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