Condominio

Sopraelevazioni dannose, risarcimento anche se l’edificio è vetusto

di Selene Pascasi

Vanno risarciti i danni provocati dalla realizzazione di opere di modifica e sopraelevazione che, eseguite in violazione delle norme antisismiche, abbiano provocato un anomalo sovraccarico alle strutture dello stabile, a nulla rilevando lo stato di degrado e vetustà dell'immobile. Lo afferma la Corte di cassazione, con ordinanza n. 20716 del 13 agosto 2018 (relatore Milena Falaschi).
Ad accendere la lite, è l'intervento edilizio eseguito da una coppia di coniugi e ritenuto dal Tribunale di Foggia – sollecitato da un vicino – non conforme alla disciplina antisismica. Di qui, la condanna ad eseguire i lavori, di demolizione o di integrazione, da determinarsi nel prosieguo del giudizio, nonché a risarcire gli eredi dell'attore, nel frattempo deceduto. Ma i consorti non desistono e, chiesta l'estromissione della signora giacché non proprietaria del bene, impugnano la pronuncia contro la quale, però, arriva anche il gravame di controparte.
Riuniti gli appelli, la donna viene estromessa e si ricalcolano i danni: il Tribunale aveva errato, secondo la Corte di appello, a tener conto soltanto di quelli derivanti dalla non conformità delle opere alla disciplina antisismica e non anche di quelli legati all'esecuzione dei lavori, quali le infiltrazioni di acque piovane.
Prevedibile, il ricorso con cui il proprietario dell'edificio si lamenta del mancato riscontro, da parte dei giudici di secondo grado, delle irregolarità denunciate e dell'omessa adeguata valutazione dell'incidenza di una concausa, ossia lo stato di fatiscenza delle strutture. Ricorso parzialmente accolto. A dire il vero, spiega la Corte di cassazione, la sentenza impugnata aveva ben argomentato le ragioni per cui veniva esclusa l'eventualità che le condizioni di fatiscenza e degrado dell'abitazione avessero potuto interferire con i danni in questione. Al contrario, era emerso in tutta evidenza che le opere realizzate non erano affatto conformi alle prescrizioni antisismiche tanto da provocare un anomalo sovraccarico alle strutture dello stabile, di per sé già vetusto.
Peraltro – esclusi i costi per alcune opere e i danni da infiltrazioni non riproposti con l'appello incidentale – la condanna all'esecuzione degli interventi di consolidamento statico si giustificava proprio in virtù della domanda di riduzione in pristino e della violazione, confermata in consulenza tecnica, della normativa antisismica. Non si trattava, quindi, come ipotizzato in ricorso, dell'introduzione di una domanda nuova rinvenendosi gli stessi presupposti dell'atto introduttivo. Circa, poi, l'omesso vaglio dei carteggi concernenti l'integrazione progettuale o il condono – idonei, per il ricorrente, a superare la relazione tecnica – la censura è inammissibile ed infondata, considerata la natura e l'incidenza delle opere realizzate sulla complessiva struttura del fabbricato. Del resto, il ricorrente non aveva neanche individuato quali fatti storici, decisivi ai fini della decisione, non fossero stati esaminati dai giudici di appello. Diverse, allora, le ragioni per cui la Corte di cassazione, accolto parzialmente il ricorso, ha rinviato ad un'altra sezione della Corte di appello, chiamandola ad esaminare nuovamente la vicenda.

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