Condominio

Superata la soglia di «tollerabilità» il rumore va risarcito

di Valeria Sibilio

Rumori molesti in condominio, la Cassazione (ordinanza 21554/2018) interviene su quelli prodotti da un’officina che stava sotto l’appartamento di un condòmino . Rumori che che lo privavano della possibilità di godimento della propria abitazione.

La Corte territoriale, non riscontrando alcun elemento probatorio che giustificasse eventuali danni alla salute, riteneva risarcibile esclusivamente il danno riconducibile alla compromissione del pieno svolgimento della vita domestica, quantificandolo in 10.550 euro. La Corte d’appello, esaminati i rilievi effettuati dai quali si evinceva il superamento della soglia di normale tollerabilità in un solo ambiente della casa e nel solo orario di apertura dell’officina, riduceva l’ammontare originariamente liquidato, condannando l’officina al pagamento di euro 10.500,00 a titolo di risarcimento danni. Il condòmino proponeva ricorso per cassazione, al quale l’officina resisteva con controricorso.

Per la Cassazione la Corte territoriale avrebbe illegittimamente tenuto conto della assoluta priorità temporale dell’attività commerciale esercitata, rispetto alla destinazione abitativa, nella determinazione dei danni. Motivo, per la Suprema Corte, ritenuto fondato, in quanto l’articolo 844 del Codice civile impone, nei limiti della valutazione della normale tollerabilità e dell’eventuale contemperamento delle esigenze della proprietà con quelle della produzione. Ma l’accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all’articolo 844 del Codice civile, comporta nella liquidazione del danno da immissioni, l’esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell’uso, in quanto si rientra nello schema dell’azione generale di risarcimento danni di cui all’articolo 2043 del Codice civile. A tale criterio interpretativo non risulta essersi conformata la sentenza impugnata, che ha erroneamente considerato, ai fini dell’ammontare del risarcimento, pure il criterio della “priorità dell’uso”.

La Suprema Corte ha, perciò, seguito il ragionamento del condòmino, cassando la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviandola, anche per la regolazione delle spese di giudizio, ad un’altra sezione della Corte d’appello.

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