Condominio

Non commette reato il fornaio che disturba di notte solo un vicino

di Selene Pascasi

Niente reato per il fornaio che, lavorando in orario notturno, infastidisca solo gli abitanti del piano sovrastante al suo laboratorio, a meno che non eserciti il mestiere “sforando” ogni limite consentito. A far scattare la condanna per disturbo alla quiete pubblica, infatti, salva la sanzione amministrativa per l'eventuale superamento delle soglie di emissione stabilite dalla legge 447/1995, è solo l'esercizio “smodato” dell'attività. Lo sottolinea la Corte di Cassazione, con sentenza n. 39261 del 31 agosto 2018 (relatore Emanuela Gai).
È un pubblico ministero a ricorrere contro la decisione del tribunale di Firenze di annullare il sequestro preventivo della sede di un panificio per mancanza dei requisiti del pericolo e della parvenza di reato.
Secondo il giudice toscano, i rumori provenienti dal laboratorio, come emerso dal racconto dei testimoni, non erano tali da disturbare un numero indeterminato di persone ma solo le famiglie residenti al piano superiore. Peraltro, proseguiva, neanche poteva configurarsi la contravvenzione tesa a sanzionare il condomino che procuri seccature alla maggioranza degli inquilini, assente la prova che i rumori avessero travalicato le soglie di legge, dando vita a quella situazione di disturbo della quiete che il codice intente tutelare. Tesi avvalorata dalla Cassazione che boccia l'iniziativa del pm. La condotta punita dall'articolo 659, primo comma, del Codice penale, spiega la Corte, si configura unicamente se le emissioni sonore – scriveva la Cassazione penale, con sentenza 25424/2016 – oltrepassino la normale tollerabilità e abbiano, anche in relazione allo loro intensità, l'attitudine a propagarsi e a disturbare la quiete e il riposo di un numero indeterminato di persone.
Ciò, a prescindere dal fatto che, in concreto, alcune persone siano state effettivamente disturbate, sicché la relativa valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso andrà fatta in rapporto alla media sensibilità del gruppo sociale in cui tale fenomeno si verifica, mentre sono irrilevanti, e di per sé insufficienti, le lamentele di una o più singole persone. Ed è inteso, che l'effettiva idoneità dei rumori a procurare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisca un accertamento di fatto rimesso al giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete (Cassazione penale, sentenza 11031/2015).
Diversamente, laddove siano trasgredite disposizioni normative o prescrizioni dell'autorità dettate per disciplinare l'esercizio di mestieri o attività, la contravvenzione, sempre disegnata dall'articolo 659 del Codice penale, sarà quella contenuta nel secondo comma. Il precetto, quindi, si snoda in due figure: il disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone (primo comma) sussistente quando i rumori superino la normale tollerabilità e molestino una serie indefinita di persone; l'esercizio di professioni o mestieri rumorosi posto in essere in spregio ai limiti di tempo, spazio e modo imposti espressamente dalla legge, dai provvedimenti o dai regolamenti di settore (secondo comma).
È intuibile, allora, e lo notava anche la Cassazione penale con sentenza 33072/2011 – che nei casi sanzionati dal comma due, non servirà accertare il disturbo prodotto, essendo la rumorosità insita nel tipo di lavoro svolto. Si andrà, perciò, a perpetrare un illecito amministrativo solo per l'inquinamento acustico che abbia sforato i limiti massimi o differenziali di rumore. Se, invece, il disturbo abbia “colpito” solo il vicino di casa, dovrà valutarsi se siano stati violate le soglie indicate dalla legge 447/1995. Se si, la conseguenza sarà l'illecito amministrativo delineato dall'articolo 10, comma due, della legge stessa. Ebbene, nella vicenda – pur dovendo condividersi l'osservazione del procuratore, ossia che non possa dirsi escluso, in ambito condominiale, il disturbo della quiete pubblica che abbia interessato solo le famiglie vicine alla “fonte” del rumore – non si poteva non tener conto che la questione era sostanzialmente insindacabile dalla Corte di Cassazione, perché sorretta da congrua ed adeguata motivazione. Queste, le ragioni logiche e di diritto alla luce della quali i giudici di Piazza Cavour hanno dichiarato inammissibile il ricorso della procura.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©