Condominio

Condominio parziale: ogni caso è a parte

di Giuseppe Màrando

Da tempo la giurisprudenza ha creato l'istituto del condominio parziale alla luce dell'art. 1123, 3°comma, cod. civ. che pone le spese di manutenzione per un limitato gruppo di parti comuni (scale, cortili, lastrici solari opere o impianti, compresi tutti nell'elenco generale dell'art. 1117 cod. civ.) ad esclusivo carico dei soli condòmini che se ne giovano quando detti beni sono destinati a servire una parte dell'intero fabbricato. L'espressione “condominio parziale” sta, quindi, a significare che talune parti astrattamente comuni appartengono, invece, in comproprietà solo ad alcuni condòmini; come può verificarsi, più in generale, quando esista un “titolo contrario” alla condominialità degli altri beni di cui al citato art. 1117 c.c.
La situazione dell'art. 1123/3° c.c. si realizza, senza bisogno di atto o fatto costitutivo, in virtù della particolare circoscritta destinazione di quei beni basata su obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali (situazione giuridicamente rilevante: Cass. n. 1959/2001). Senonchè l'art. 1117 c.c. prevede che l'attribuzione legale di condominialità generale (impropriamente talora chiamata “presunzione”) può essere superata solo da un titolo contrario. Di conseguenza i due testi legislativi creano un dilemma sul fondamento del condominio parziale prevedendo l'uno (art.1117 c.c.) il titolo contrario (atto d'acquisto, regolamento contrattuale, convenzione unanime, testamento dell'unico proprietario, sentenza) per il quale si richiede la forma scritta trattandosi di beni immobili (Cass. n. 9035/2016; Cass. n. 4501/2015); mentre l'altra norma (art. 1123/3° c.c.) escluderebbe, secondo l'interpretazione delle corti, la necessità di un titolo contrario che verrebbe surrogato dalla obiettiva e particolare destinazione in quanto idonea a vincere l'attribuzione legale (o la “presunzione”, se si preferisce) dell'art. 1117 c.c. (Cass. n. 17993/2010; Cass. n. 8136/2004).
Nel 1993 le Sezioni Unite avevano provato a comporre il suddetto contrasto, all'epoca già esistente, sancendo che “è solo dal titolo che una cosa comune può risultare di proprietà singola, in quanto la destinazione particolare esclude già all'origine che il bene rientri nella categoria delle cose comuni, e che ad esso possa quindi riferirsi la norma dell'art. 1117 del codice civile” (Cass. S.U. 7/7/1993 n. 7449). Sulla stessa linea si è in seguito precisato che: a) la condominialità delle parti destinate a servire tutto il condominio ai sensi dell'art. 1117 c.c. può esser esclusa solo in base a titolo contrario; b) mentre per le parti rientranti nel suddetto art. 1117 c.c., ma funzionalmente destinate a servire solo alcune unità immobiliari, la condominialità non è mai sorta e quindi va esclusa senza bisogno di titolo contrario (Cass. 16/1/2014 n. 822).
Due rilievi si possono fare al riguardo. Nell'ipotesi b) sopra accennata la questione del titolo risorge inevitabilmente per altra via. Come risulta da un'ampia casistica (di cui appresso un breve stralcio esemplificativo), qualora l'invocata situazione di fatto (la “particolare destinazione”) venga contestata, sarà necessario un accertamento giudiziale e quindi un giudicato, titolo che consacra l'esistenza del condominio parziale. In secondo luogo, si osserva che i giudici sono inclini ad estendere la regola dell'art. 1123/3° anche ad altre parti comuni non indicate dalla norma (v. “Esempi” sub lett. f, g, h).
Esempi di condominio parziale: a) cortile appartenente solo ad alcuni condomini (Cass. 2/3/2016 n. 4127); b) ascensore installato da vari condòmini a proprie spese (art. 1102 cod. civ.) oppure a seguito di delibera assembleare ma ritenuto “gravoso” e quindi rifiutato da taluni condòmini (art. 1121 cod. civ.); c) impianti di vario genere, fra cui: impianto idrico destinato esclusivamente ai condòmini di un piano attico (Trib. Genova, Sez. III, 14/12/2006) e antenna tv installata da un gruppo di condòmini; d) villette a schiera (c.d. “condominio orizzontale”) costituenti nuclei abitativi autonomi dotati di accessi esclusivi ma collegati da parti comuni a tutte (Cass. n. 12641/2016; Cass. 23/7/2013, n. 17875; Cass. n. 23851/2010); e) tetto di porzioni di fabbricato che hanno una differente altezza e di conseguenza una copertura formata da più lastrici solari; f) installazione delle porte tagliafuoco dell'atrio comune nel quale si aprono le porte di alcune autorimesse in proprietà esclusiva di singoli condomini (Cass. n. 7077/1995); g) corpi di fabbrica separati, quali i box contenuti in un immobile posto all'interno del perimetro condominiale delimitato da un muro di cinta ma separato dall' edificio con le unità abitative (Cass. 2/2/1995 n. 1255); h) corridoio unica via di accesso agli immobili di due proprietari e privo di alcun collegamento strumentale con i beni degli altri condòmini (Cass. n. 8136/2004).
Il condominio parziale è stato escluso per il cavedio anche se alcune unità immobiliari non affacciano sullo stesso (Cass. n. 15327/2015). Stranamente i giudici non lo hanno riconosciuto per le scale (il famoso “condominio di scala”), che sebbene concretamente poste al servizio di talune porzioni dello stabile sono ritenute comuni a tutti (compresi i proprietari di negozi con accesso dalla strada), salvo titolo contrario, in quanto strutture essenziali del fabbricato con la funzione altresì di consentire l'accesso al tetto o al lastrico solare dell'intero edificio (Cass. n. 9986/2017; Cass n. 4664/2016; Cass. n. 10483/2015). L'ascensore ha le medesime finalità delle scale e dunque, se installato per la generalità dei condòmini, non può sfuggire alle suddette conclusioni; come dimostra implicitamente la sentenza che ha posto a carico dell'intero condominio i danni per lesioni ad una bambina caduta nel vano di uno dei quattro ascensori dell'edificio (Cass. n. 4436/2017). A questo punto, rimane da chiedersi come possa realizzarsi l'ipotesi di “scale destinate a servire una parte dell'intero fabbricato” prevista dall'art. 1153, 3° comma, c.c. su cui si fonda la teoria del condominio parziale, tanto più che per l'art. 1124 cod. civ. le spese per scale ed ascensori gravano sui proprietari delle unità immobiliari “a cui servono”.
Come si vede non mancano nella giurisprudenza incertezze ed oscillazioni, e la figura del condominio parziale risulta ancora problematica e dai contorni alquanto sfumati.
Alcune regole-guida. Come anticipato, le spese condominiali graveranno solo sui soggetti titolari della specifica parte comune. Le decisioni per la gestione vanno prese solo dai condòmini direttamente interessati e il quorum, tanto costitutivo che deliberativo, va calcolato con esclusivo riferimento alle relative unità immobiliari e ai suddetti condòmini, senza che gli altri abbiano diritto di partecipare all'assemblea (Cass. n. 12641/2016; Cass. n. 4127/2016; Cass. n. 2363/2012). I danni provocati da un “condominio parziale” sono a carico dei soli proprietari del medesimo (Cass. n. 18487/2010: danni provenienti dalla colonna fognaria di una sola delle otto palazzine). Sul piano giudiziario il condominio parziale non ha autonoma capacità processuale e controparte verso i terzi è l'intero condominio, ferma la legittimazione dei singoli condòmini ad intervenire (Cass. n. 4436/2017; Cass. n. 12641/2016; Cass. n. 2363/2012), posto che i criteri di ripartizione delle spese necessarie per provvedere alla manutenzione delle parti comuni non possono mai influire sulla legittimazione del condominio nella sua interezza, né sulla rappresentanza del suo amministratore estesa a tutti i condomini (Cass. n. 12641/2016).

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