Condominio

Il vincolo di non costruire vicino al condominio è solo un’obbligazione personale

di Selene Pascasi

Il vincolo di inedificabilità sfugge dall'ambito delle obbligazioni sull’immobile, trattandosi di obbligazioni connotate dal requisito della tipicità, che possono sorgere per contratto solo nei casi e col contenuto espressamente previsti dalla legge. Lo ricorda la Corte di Cassazione, con sentenza n. 20694 depositata il 9 agosto 2018 (Relatore Rossana Giannaccari).
Il caso arriva a Piazza Cavour a seguito del ricorso, proposto da un condominio nei confronti di due società, avverso la sentenza con cui il primo giudice – respingendo la domanda formulata dal condominio e da due condòmini – legittimava, sostanzialmente, la condotta contestata. Oggetto di lamentela, il fatto che una Sas avesse presentato un progetto per la costruzione di un fabbricato da destinare a residenza turistico alberghiera in violazione della servitù di non costruire prevista nel contratto con cui gli originari proprietari avevano venduto il terreno ai danti causa del condominio. L'obbligazione assunta dal venditore nel contratto di compravendita, ad avviso del Tribunale, era di natura personale e non reale. Di qui l'appello del condominio – cui resisteva la predetta società e la s.r.l. cessionaria, successore a titolo particolare nel diritto controverso – che la Corte bocciava. Analoga, la ragione della decisione: il negozio in questione conteneva un obbligo di natura personale non trasferibile né trasferito ai successivi acquirenti.
Ricostruzione, questa, desunta sia dal testo dell'accordo, che sanciva l'obbligo dei venditori di non costruire, sia dall'interpretazione delle altre clausole contrattuali. Ancora, la clausola, non numerata, era inserita a fine testo assieme alle altre obbligazioni personali a carico dell'acquirente. A pesare, poi, il mancato inserimento della clausola di non edificabilità nei successivi contratti. Ma il condominio non demorde. Il vincolo di inedificabilità – marca in ricorso – andava inquadrato, semmai, ove fosse negata la natura reale della servitù di non costruire, come obbligazione propter rem. Peraltro, la Corte, annota, aveva “letto” l'obbligatorietà del vincolo nonostante non fossero stati individuati dei beneficiari. Circostanza che avrebbe, invece, confermato l'intento delle parti di imporre un vincolo reale sul fondo. L'atteggiarsi successivo dei contraenti, infine, non poteva aver alcun rilievo poiché non comune ad entrambi.
Motivi tutti respinti dalla Cassazione. Circa l'omessa qualificazione del vincolo come obbligazione propter rem, censura comunque inammissibile in sede di legittimità, gli ermellini ricordano come tali vincoli siano connotati dal requisito della tipicità, per cui potrebbero sorgere solo nei casi e col contenuto espressamente previsti dalla legge (Cassazione, 4572/2014). Infondato, anche il motivo inerente l'interpretazione della scrittura privata con cui i danti causa delle parti stabilirono l'obbligo della s.a.s. di non edificare. A difettare, un puntuale riferimento alle regole legali interpretative e un'analitica precisazione delle ragioni a supporto della via alternativa prescelta. D'altronde, scrive la Suprema Corte, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni (Cassazione, 15604/2007). Ecco che non potrebbe trovare ingresso in sede di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi già vagliati (Cassazione, 24958/2016). Andava inevitabilmente abbracciata, quindi, l'interpretazione fornita dalla Corte d’appello, tenuto conto che dal dato contrattuale trapelava in maniera palese che l'obbligo di non edificare – giacché assunto direttamente dai venditori – non poteva che dirsi indice della natura personale, e non reale, dell'obbligazione stessa. Sono così spiegate le ragioni per le quali la Cassazione ha respinto il ricorso sottoposto al suo vaglio.

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