Condominio

Revoca dell’amministratore, non basta la condanna penale

di Eugenia Parisi

La condanna penale non definitiva dell’amministratore non costituisce grave irregolarità per la richiesta della sua revoca. Lo ha chiarito la sezione Volontaria giurisdizione del Tribunale di Milano, cui alcuni condòmini avevano chiesto la revoca del proprio amministratore, tra gli altri motivi, per laa presenza di una sentenza penale di condanna di secondo grado a suo carico.

Il Tribunale, con decreto 1963/2018 (Giudice Arianna Chiarentin) , ha rigettato la domanda rilevando anzitutto che l’articolo 71 bis delle Disposizioni di attuazione del Codice civile ha previsto che possano essere amministratori coloro «che non siano stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni».

La presenza di una sentenza di condanna della Corte d’Appello in capo al l’amministratore per il reato di finanziamento illecito ai partiti sarebbe stata da considerare delitto contro il patrimonio e quindi grave irregolarità che osterebbe alla prosecuzione del mandato; in realtà il Collegio, dalla lettura della sentenza prodotta, ha dedotto che il reato contestato fosse stato derubricato in tentativo e che, in ogni caso, non si potesse parlare di delitto contro il patrimonio (Cassazione penale, sentenze 10041/1998 e 1245/1998); né, ad avallare la tesi dei ricorrenti, ci sarebbe il massimo della pena prevista per il reato contestato che, essendo di quattro anni,è inferiore a quanto richiesto dall’articolo 71 bis comma 1, lettera b) per altri delitti non colposi.

Per di più l’interpretazione del termine “condanna” usato dalla legge 220/2012 deve senz’altro essere inteso come condanna inflitta con sentenza passata in giudicato ,con salvaguardia del principio di presunzione di non colpevolezza.

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