Condominio

Le parti comuni, una guida rapida che parte dal Codice civile

di Anna Nicola

L'art. 1117 - Parti comuni dell'edificio effettua un elenco dei principali beni del condominio - così dispone:
Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico, se non risulta il contrario dal titolo:
1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia e gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.
Il legislatore ha soggettivizzato i beni e servizi comun, attualizzando il concetto espresso dall'art. 1117 c.c. in tema di beni comuni del condominio, facendo riferimento non più ai piani e porzioni di piano, ma direttamente ai proprietari delle unità immobiliari che costituiscono l'edificio.
Quindi il riferimento è alla persona del condomino, in quanto titolare di un alloggio o comunque di un'unità immobiliare in un edificio costituito da più soggetti.
Negli anni si è sempre molto discusso della fattispecie della multiproprietà perché pareva essere un non- senso avere la proprietà di un bene ma solo per un dato periodo di tempo. Con la Riforma trova riconoscimento codicistico in termini di proprietà turnaria, data dalla concorrenza della titolarità del bene suddivisa in periodi di tempo ben definiti tra i comproprietari. Essi sono considerati, al pari degli altri, quali condomini dei beni e servizi comuni dell'edificio.
Si pensi a un appartamento in villeggiatura, goduto da più persone in differenti periodi dell'anno: se è all'interno di un condominio, si applica tutta la disciplina del codice civile qui in esame (Tribunale di Livorno, 6 giugno 2011; Cassazione, Sez. II, 16 marzo 2010, n. 6352)
Come già affermato dalla giurisprudenza, l'elenco dei beni e servizi comuni di cui all'art. 1117 c.c. ha natura esemplificativa. Il tenore della novella è in termini non esaustivi, volendo indicare solo i beni che sono nella realtà maggiormente in uso al condominio, quindi in comproprietà dei condomini, salvo che vi sia un titolo che dispone diversamente.
Se ad esempio vi è un cortile comune a tutti gli abitanti di un edificio, il cortile è condominiale anche se non indicato dall'art. 1117 c.c. (App. Ancona, 27/02/2010; T.A.R. Calabria Catanzaro, 29/07/2008, n. 1133; Cass. civ. Sez. II, 26/05/2003, n. 8304)
Sono espressamente contemplati del nuovo art. 1117 c.c. tra i beni di proprietà condominiale tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, le facciate dell'edificio, i pilastri e le travi portanti. Questa precisazione pare superflua, non potendo esistere l'edificio senza le sue strutture fondanti.
Sono state aggiunte le aree destinate a parcheggio a fianco ai locali per i servizi in comune, già contemplati, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia e gli stenditoi. Sebbene questi ultimi paiono ormai desueti, la loro specifica indicazione non è stata eliminata dalla Novella.
Nel condominio, secondo la riforma, sono beni comuni i manufatti e gli impianti destinati alla comoda fruizione degli alloggi, tra cui sono stati previsti ex novo i sistemi centralizzati di distribuzione dei servizi necessari al vivere agiato (gas, energia elettrica, riscaldamento e condizionamento d'aria), sino ad arrivare a quelli destinati alla ricezione radio TV e all'accesso ad ogni genere di flusso informativo, anche satellitare o via cavo. Questi ultimi sono espressamente previsti per presa d'atto delle innovazioni tecnologiche intervenute nel tempo, che hanno radicalmente trasformato il quadro dei servizi e delle utilità essenziali alla funzionalità delle unità condominiali.
Gli impianti di riscaldamento, di gas, della tele-radio diffusione sono beni comuni dell'edificio, essendo strutture centralizzate e uniche per gli appartamenti siti nel medesimo stabile. Il singolo non ha quindi la necessità di installare un proprio impianto, in quanto vi è già quello condominiale a cui è allacciato. E' comunque libero di procedervi, ove voglia un impianto autonomo semprechè non invada la sfera degli altri abitanti dell'edificio, compresi gli spazi comuni, ledendo il diritto d'uso o di godimento dei beni collettivi.
La novella indica fino a dove gli impianti possono essere considerati comuni e da quale punto devono essere invece considerati di proprietà solitaria, con ciò volendo ridurre il contenzioso in ambito risarcimento del danno ove si dovesse verificare un guasto – e conseguente danno - di una di queste parti.
I collegamenti degli impianti - e gli impianti stessi - sono comuni fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di partenza, all'interno della singola unità immobiliare, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche. Il richiamo a queste specifiche normative potrebbe indicare una diversa estensione della proprietà collettiva e della proprietà individuale delle parti componenti l'impianto.
Se l'impianto subisce un guasto o una perdita, occorre localizzare dove questa circostanza si è verificata: se è nella parte comune, quindi nelle varie diramazioni che corrono nelle strutture dell'edificio, la competenza alla manutenzione e all'eliminazione del problema è in capo al condominio, dovendovi procedere l'amministratore. Se invece è all'interno di un appartamento, l'intervento è a carico del condomino proprietario dell'alloggio. Chiamato a rispondere del risarcimento del danno è, nel primo caso, il condominio mentre, nel secondo caso, è il solo condomino titolare dell'alloggio da cui è partito il guasto (Cassazione, 3 settembre 2010, n. 19045/2010; Cass. 17 marzo 2005 n. 5792)
Il sottotetto è contemplato dalla novella tra i beni comuni in ragione della giurisprudenza che si è consolidata sull'argomento. La sua qualificazione quale bene comune o di proprietà singola dipende caso per caso, dalla sua struttura, dalle sue dimensioni e così via. Viene qualificato come bene condominiale, sempreché sia tale da permettere il suo uso –effettivo o potenziale- a servizio dell'intera collettività dell'edificio, facendola ritenere parte comune. È di proprietà condominiale “se risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all'uso comune o all'esercizio di un interesse comune”(Cass.18091/2002). Si pensi ad esempio al locale che, in ragione delle sue dimensioni, ospita beni o servizi del condominio, quale l'impianto di riscaldamento centralizzato o simili.
Diversamente è da qualificarsi come pertinenza dell'alloggio sito all'ultimo piano qualora assolva nei suoi confronti una funzione isolante e protettiva (dal caldo e dal freddo e dall'umidità) tramite la creazione di una camera d'aria, al pari di un'intercapedine. In ragione di queste caratteristiche, è un bene complementare all'unità immobiliare sottostante, non potendo essere utilizzato separatamente dall'alloggio da cui accede. Così è, ad esempio, quando il sottotetto è limitato, nella parte superiore, dalla struttura del tetto e, nella parte inferiore, dal solaio che copre i vani dell'ultimo piano. Anche se qui indicato, occorrerà nel caso di specie verificarne La destinazione. La presente norma vale solo in termini di presunzione di condominialità (Cassazione, 22 marzo 2013, n. 7327; Trib. Pesaro, 10/02/2009; App. Firenze, 04/02/2009; Cass., sez. II, 19-12-2002, n. 18091; Cass., sez. II, 20-06-2002, n. 8968)
La novella ha mantenuto la presunzione di comunione, come già sancito dalla giurisprudenza.
I beni indicati dall'art. 1117 c.c. possono essere sottratti alla comproprietà degli abitanti dell'edificio se vi è un titolo che dispone diversamente. Questo titolo può essere l'atto costitutivo del condominio, cioè il primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dall'originario unico proprietario ad altro soggetto. Può trattarsi di compravendita ma anche di qualsiasi atto idoneo a trasferire il diritto di proprietà in capo ad una persona diversa dall'originario proprietario o costruttore, come potrebbe essere una donazione o una successione testamentaria. Ad esempio il costruttore, che è proprietario di un edificio, decide di creare vari appartamenti all'interno dello stabile per poterli vendere a terzi. Il primo atto di vendita (o donazione) comporta la nascita di fatto del condominio. In questa sede il costruttore può riservare a sé la proprietà di una certa parte del condominio, prevedendo espressamente la clausola di riserva di proprietà a suo favore nel contratto di compravendita dell'appartamento.
Anche il regolamento condominiale contrattuale può escludere la comunione di un bene che, per destinazione, sarebbe al servizio dell'intero edificio, in ragione della decisione all'unanimità dei condomini. Poiché tutti i condomini sono d'accordo, si può costituire stabilire che un certo bene è di proprietà esclusiva di un singolo condomino. Al pari può essere costituito un certo diritto reale, ad esempio una servitù a favore dell'unità immobiliare di un solo abitante dello stabile e a carico della collettività del condominio. In realtà è più corretto parlare (non di regolamento ma) di clausole del regolamento aventi natura contrattuale in ragione del loro rispettivo contenuto. Poiché vi è la rinunzia del bene da parte dei singoli condomini a favore di uno solo di essi, occorre la manifestazione del consenso da parte di tutti gli abitanti dell'edificio. Questa è la ragione per cui ci si esprime in termini di contenuto contrattuale del regolamento, onde distinguerlo da quello assembleare che, come tale, non deroga e non può derogare ai principi sanciti dal codice civile. Poiché la decisione è assunta a maggioranza e non all'unanimità, non può essere validamente costituito alcun diritto reale, a partire dalla proprietà a finire all'uso, mancando il consenso totalitario degli aventi diritto.
Si pensi ad esempio al regolamento che ripropone in tutto e per tutto la disciplina del codice in tema di condominio. Queste clausole sono valide e pienamente legittime anche se approvate a maggioranza in quanto non derogano ad alcuna norma.
Ritornando alla presunzione di comunione sancita dall'art. 1117 c.c., essa può altresì essere superata dalla obiettiva ed effettiva destinazione del bene a servizio e/o godimento di un singolo alloggio. L'esempio classico sino alla nuova formulazione dell'art. 1117 c.c. era – e attualmente è - in tema di sottotetto: come visto, le sue dimensioni e quindi la sua conseguente destinazione fa propendere per la presunzione di comunione, ove sia di certe dimensioni; viene invece , ritenuta di proprietà solitaria, se le dimensioni sono ridotte e quindi la sua funzione è solo quella di protezione dell'alloggio sottostante (c.d. camera d'aria). (Cass., ordinanza 17 maggio 2013, n. 12046; Cass. Civ., Sez. II, 3/1/2013, n. 64; Cassazione, II civile, 21 febbraio 2013 n. 4340; Cassazione, Sezione 2 civile , Sentenza 27 maggio 2011, n. 11820)
In assenza di titolo contrario, tutti i condomini hanno il pari diritto di usare del bene, salvo che la sua destinazione sia tale da permettere un uso diversificato in capo ai singoli e semprechè non vi sia una clausola del regolamento di condominio che ne sancisca un certouso specifico.
Se ad esempio nel cortile condominiale vi è un rubinetto dell'acqua condominiale, i singoli condomini possono utilizzare –salvo diversa previsione del regolamento dell'edificio- l'acqua per lavare la propria automobile, il proprio scooter e così via mentre il portiere la usa per bagnare le piante che ci sono nel cortile. Al pari, la scala condominiale è comune anche quando il piano è di proprietà di un solo condomino e gli altri non la utilizzino. Il condomino non può chiudere l'accesso, in quanto così facendo ostacola il diritto di proprietà del bene comune sussistente in capo agli altri abitanti dell'edificio.
Lo stesso dicasi per la resonsabilità derivante da danni cagionati da una parte comune dell'edificio: tutti i suoi abitanti sono obbligati a rispondere dei danni causati anche eventualmente alle individuali proprietà dei singoli condomini. Il condominio è custode dei beni e servizi della proprietà collettiva ex art. 2051 c.c. e è obbligato a adottare tutte le misure necessarie onde evitare qualsivoglia pregiudizio. (Cass., 6 febbraio 2013, n. 2840; Cass. 21 febbraio 2013, n. 4419; Cass., 30 Aprile 2013, n. 10195; Cass., 21 marzo 2013, n. 7103)
La responsabilità del condominio è stata di recente affermata dal Supremo Collegio in un caso di caduta di un condomino per la scala dell'edificio a causa del pavimento scivoloso, per la presenza di materiali di risulta. In linea di principio, si ritiene che vi possa essere il concorso di responsabilità nell'accadimento del fatto: il soggetto danneggiato, essendo condomino, era a conoscenza della pericolosità del pavimento, dovendo perciò percorrerlo con le dovute cautele. Circostanza non verificata tuttavia nel caso di specie.
La responsabilità per i furti che si possono verificare negli alloggi in condominio, mentre vengono eseguiti interventi di manutenzione con ponteggi nelle parti comuni dell'edificio, deve essere accertata in ragione delle circostanze del caso concreto e dello specifico comportamento del soggetto che subisce il furto, sulla base delle risultanze istruttorie. (Cass., sez. III Civile, sentenza del 28/01/2013, n. 1883; Cass., 30 Aprile 2013, n. 10195; Cass. 28 gennaio 2013, n. 1890)
I beni e servizi di cui all'art. 1117 c.c. sono indicati solo a titolo esemplificativo. Non deve essere esclusa la fattispecie condominiale se vi è un vincolo di accessorietà o di necessità che lega il condominio e/o le unità immobiliari a cose e impianti non contemplati dalla norma. Così è ad esempio per la piscina all'interno di un complesso condominiale, a cui tutti gli abitanti degli edifici possono accedere. (Cass. 15 aprile 2013, n. 9105; Cass. 9 giugno 2010, n. 13883)

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