Condominio

Nel supercondominio limiti alle misure cautelari per l’amministratore del singolo stabile

di Selene Pascasi

Nel supercondominio, ogni amministratore può chiedere solo le necessarie misure cautelari per i beni comuni all'edificio gestito e non per quelli riconducibili al loro accorpamento, spettanti invece all'assemblea composta dai proprietari degli stabili che concorrono a formarlo e all'amministratore del supercondominio stesso. Lo precisa la Corte d'Appello di Roma, con sentenza n. 2709 dello scorso 26 aprile (Presidente e relatore Nicola Pannullo).
La lite parte con la decisione dell'amministratore pro-tempore di un condominio di citare il supercondominio di riferimento affinché fosse dichiarata l'inesistenza, la nullità o l'annullamento di alcune delibere approvate dall'assemblea. Il supercondominio – marca – non si era mai costituito formalmente e, quindi, era privo dei poteri rappresentativi del condominio da egli gestito. Lo stabile, infatti, era costituito da un singolo edificio inserito all'interno di un isolato urbano in cui, salvo il cortile interno (unico spazio comune) ogni palazzo era autonomo e amministrato in maniera separata.
Il supercondominio, poi, era stato voluto da un solo condomino che, invitati i vari proprietari ad approvarne la costituzione, si era costituito illegittimamente in difetto di quorum costitutivo e deliberativo dell'assemblea che, peraltro, approvava le tabelle millesimali e il compenso per l'amministratore. Tesi bocciata dal giudice romano: per il costituirsi di un supercondominio non è essenziale, scrive, «un formale atto costitutivo» essendo sufficiente «la necessità di fatto di amministrare alcuni impianti comuni o servizi a tutti i condomìni».
Ma l'amministratore porta il caso in appello, i cui giudici ribaltano la pronuncia impugnata. Intanto, spiegano, non ha pregio l'assunto – disatteso anche in primo grado – per cui la legittimazione ad impugnare le delibere relative alla costituzione del supercondominio apparterrebbe ai singoli condòmini e non al condominio appellante, essendo l'amministratore abilitato ad agire soltanto per la gestione delle parti comuni del condominio gestito. È vero, infatti, che per l'orientamento prevalente (Cassazione 19558/2013) la legittimazione degli amministratori di ciascun condominio per gli atti conservativi si riflette, sul piano processuale, nella facoltà di richiedere le necessarie misure cautelari unicamente per i beni comuni all'edificio amministrato, esclusi quelli inglobati nel supercondominio che «quale accorpamento di due o più singoli condomìni per la gestione di beni comuni, deve essere gestito attraverso le decisioni dei propri organi, e, cioè, l'assemblea composta dai proprietari degli appartamenti che concorrono a formarlo e l'amministratore del supercondominio». Tuttavia, va osservato come tale principio fosse inconferente alla vicenda, laddove nella delibera impugnata si discuteva dell'esistenza del supercondominio non ancora costituito, in assenza della gestione di beni comuni ai singoli da amministrare. Contesto, in cui si nominava l'amministratore, se ne approvava il compenso e si preventivavano le spese.
Tanto chiarito, i giudici di appello disattendo anche il motivo di impugnazione centrato sulla pretesa illegittimità del supercondominio in difetto di un formale atto di costituzione. Così come nel condominio di edifici, scrive la Corte del gravame richiamando Cassazione 27094/2017, anche il supercondominio viene in essere ipso iure et facto «se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno di approvazioni assembleari, essendo sufficiente che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati». Ciò, a nulla rilevando la presenza di una comunione ordinaria di un singolo bene, ossia del cortile interno comune. Inevitabile, quindi, disporre l'annullamento della delibera “incriminata”, con ogni conseguenza sulla costituzione del supercondominio appellato.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©