Condominio

Appropriazione indebita dell’amministratore, quando scatta il reato?

di Paolo Accoti

Commette il reato di appropriazione indebita l'amministratore di condominio che, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di denaro o di cose mobili di proprietà dei condòmini, delle quali detiene il possesso in virtù del rapporto di mandato allo stesso conferito dall'assemblea condominiale (art. 646 Cp).
Il delitto di appropriazione indebita è comunemente considerato reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, vale a dire nel momento in cui l'agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria momento che, in caso di detenzione qualificata, come in ipotesi di reato commesso dall'amministratore di condominio, si verifica quando il detentore rifiuti, anche per fatti concludenti, di restituire il bene che, in origine, deteneva legittimamente (Ex multis: Cass. n. 21011/2018; n. 25282/2016; n. 17901/2014; n. 1670/2014).
Un po' più spinosa, al contrario, è la questione relativa al momento della consumazione del reato che, evidentemente, ha importanti ricadute pratiche, prima tra tutte, il decorso del termine di prescrizione.
Al riguardo si registrano alcuni orientamenti, apparentemente in contrasto tra loro.
Da una parte, infatti, considerata la dimensione annuale dell'incarico dell'amministratore - per come si desume da diverse norme del codice civile, per le quali l'amministratore è tenuto ogni anno a predisporre il rendiconto annuale ed è tenuto a convocare l'assemblea annualmente per la sua approvazione (artt. 1130, n. 1 e 1130 n. 11 Cc) -, si è ritenuto che tale reato si consuma ogni anno nel momento in cui l'amministratore, chiamato a rendere il conto della propria gestione ed a restituire le somme possedute per conto dei predetti condòmini, omette tale restituzione trattenendo le somme con la volontà di farle proprie (Da ultimo: Cass. n. 21011/2018).
Un altro orientamento, invece, pur riconoscendo che, di norma, la restituzione avviene in seguito al rendiconto annuale, ove ciò non avvenga, una volta che la gestione si conclude l'amministratore del condominio è comunque tenuto alla restituzione di tutto quanto ha ricevuto nell'esercizio del mandato per conto del condominio, vale a dire tutto ciò che ha in cassa, e ciò indipendentemente dalla gestione alla quale le somme si riferiscono, pertanto, il reato si consuma all'atto della cessazione della carica, in quanto solo allora si verifica con certezza l'interversione nel possesso (Da ultimo: Cass. 40870/2017).
Nel mezzo una posizione giurisprudenziale che sembrerebbe tener conto della tipologia del bene, sia esso denaro o altra cosa mobile, così si è ritenuto perfezionato il delitto di appropriazione indebita della documentazione relativa al condominio da parte di colui che ne era stato amministratore, non nel momento della revoca dello stesso e della nomina del successore, bensì nel momento in cui l'agente, volontariamente negando la restituzione della contabilità detenuta, si era comportato “uti dominus” rispetto alla “res”. Per quanto concerne invece l'utilizzo delle somme versate nel conto corrente da parte dell'amministratore durante il mandato, ciò non profila l'interversione nel possesso che si manifesta e consuma soltanto quando terminato il mandato le giacenze di cassa non vengano trasferite al nuovo amministratore con le dovute conseguenze in tema di decorrenza dei termini di prescrizione. E difatti, avendo l'amministratore la detenzione “nomine alieno” delle somme di pertinenza del condominio sulle quali opera attraverso operazioni in conto corrente, solo al momento della cessazione della carica si può profilare il momento consumativo dell'appropriazione indebita poiché in questo momento rispetto alle somme distratte si profila l'interversione nel possesso (Cass. n. 27363/2016).
La questione ora viene nuovamente riproposta in ragione di due sentenze della Corte di Cassazione, la n. 34196 e la n. 33956 , depositate il medesimo giorno, il 20 luglio 2018.
Ebbene, la II Sezione penale, con la sentenza n. 34196 , ha statuito come <<questa Corte (Sez. 2, n. 40870 del 20.6.2017) ha già avuto modo di affermare che la cessazione dalla carica di amministratore di Condominio determina la consumazione del delitto di appropriazione indebita di somme relative al Condominio, atteso che in tale momento, in mancanza di restituzione delle somme ricevute nel corso della gestione, si verifica con certezza l'interversione del possesso.>>.
Viceversa, la VII Sezione penale, con la sentenza n. 33956 , ha ritenuto che <<l'appropriazione si deve ritenere compiuta con la distrazione delle somme versate dai condomini dalla destinazione contabilmente attribuita alle stesse e, quindi, avendo riguardo a periodi contabili annuali>> e che, pertanto, la prescrizione inizierebbe a decorrere dal momento in cui, con la chiusura del periodo contabile, si manifestata la volontà di trattenere le somme e, quindi, di appropriarsene.

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