Condominio

Il condòmino che impedisce il rifacimento della soletta paga i danni

di Matteo Rezzonico

L'articolo 1125 del Codice Civile dispone che: «Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto». E, dunque, l'onere di provvedere al rifacimento della soletta vetusta compete tanto al proprietario del piano sottostante, quanto al proprietario del piano sovrastante che sono comproprietari e che compossiedono il bene. Conseguentemente, chi dei due impedisca la ristrutturazione della soletta, indispensabile per l'agibilità dei locali, paga i danni all'altro anche per il mancato utilizzo dell'immobile. Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza del Tribunale di Savona, 14 luglio 2018, depositata il 15 Luglio 2018 . Nel caso affrontato dal Tribunale ligure, un condomino, proprietario di un appartamento al secondo piano, in uno stabile in Varazze, aveva citato in giudizio i proprietari dell'appartamento al terzo piano sovrastante, adducendo: 1) che da tempo il proprio immobile presentava lesioni sui muri, sulle travi e sulla soletta; 2) che tali lesioni erano state causate da lavori di ristrutturazione del sovrastante appartamento al terzo piano ed eseguiti dai precedenti proprietari, (danti causa dei convenuti); 3) l'inerzia, nonostante i solleciti, nell'esecuzione dei lavori da parte dei convenuti stessi che aveva determinato l'inutilizzo dell'immobile non affittabile. Senonchè, i proprietari dell'appartamento sovrastante, resistevano alla domanda, evidenziando, anche a norma dell'articolo 1172 CC (denuncia di danno temuto), di non avere potuto, a loro volta, utilizzare l'appartamento al terzo piano, quantomeno dalla dichiarazione di inagibilità del Comune di Varazze, a causa del comportamento dell'attore che si era rifiutato di sottoscrivere la Scia edilizia (Segnalazione Certificata di inizio attività), per il consolidamento della soletta. Né si poteva pretendere di consolidare la soletta intervenendo esclusivamente dal loro appartamento al terzo piano. Ciò infatti avrebbe comportato una illegittima riduzione dell'altezza e della cubatura (Cassazione 23 marzo 1991, numero 3178). Anche essi chiedevano pertanto il risarcimento dei danni, per il mancato utilizzo dell'immobile.
Espletata la perizia e sentiti i testimoni, la causa era decisa con sentenza favorevole ai proprietari del terzo piano.
Al riguardo, è bene premettere che il Tribunale di Savona, non si è occupato della questione della ambulatorietà passiva dell'obbligazione risarcitoria tra il venditore e gli acquirenti dell'appartamento al terzo piano che avrebbe potuto comportare una parziale carenza di legittimazione passiva di questi ultimi, che non hanno effettuato i lavori, causa dei danni all'appartamento al secondo piano.
In ogni caso, per il Tribunale di Savona, la mancata esecuzione dei lavori di consolidamento della soletta non può essere accollata ai convenuti e le anomalie presenti nell'immobile al secondo piano sono riconducibili alla vetustà dello stabile. La perizia ha infatti evidenziato uno stato di vetustà e di degrado delle travi - che erano ancora quelle originarie - e che il risanamento strutturale dovesse essere eseguito operando sull'intradosso con impossibilità di procedere ad un consolidamento strutturale della soletta passando esclusivamente dall'appartamento al terzo piano. Dalla perizia si ricava anche che “gli interventi di consolidamento dei solai lignei sono di maggiore efficacia se effettuati operando dal basso…con l'inserimento di nuove strutture portanti”. Infine, è stato escluso che le fessurazioni presenti all'interno dell'immobile al secondo piano fossero dovute ai lavori eseguiti al terzo piano dai precedenti proprietari.
In tale contesto, tenuto conto che la proprietaria dell'appartamento al secondo piano non ha consentito l'esecuzione dei lavori sul solaio e tenuto conto che intervenire dal solo piano superiore avrebbe comportato la creazione di un nuovo solaio in sovrapposizione a quello esistente, con conseguente riduzione dell'altezza dell'appartamento al terzo piano al di sotto dei minimi per l'abitabilità, la domanda risarcitoria della proprietaria dell'appartamento al secondo piano è stata respinta. E' stata invece accolta la domanda di danni dei proprietari dell'appartamento al terzo piano, sulla scorta dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui “Il solaio che divide due unità abitative l'una all'altra sovrastanti, ed appartenenti a diversi proprietari deve ritenersi, salva prova contraria, di proprietà comune costituendo l'inscindibile struttura divisoria tra le due strutture immobiliari, con utilità ed uso eguale ed inseparabile per le medesime, sì che la manutenzione e ricostruzione di tutte le sue parti - e, quindi, anche delle travi che ne costituiscono la struttura portante, e non siano meramente decorative del soffitto dell'appartamento sottostante - compete in parti uguali ai proprietari” (cfr. Cassazione 12 ottobre 2000, numero 13606).
Il danno è stato liquidato, con decorrenza dal provvedimento di inagibilità del Comune di Varazze, posto che da quella data non si è potuto più utilizzare l'appartamento.

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