Condominio

Il condominio non risponde se qualcuno cade sulla strada privata per imprudenza

di Giulio Benedetti


Il condominio non risponde della caduta della condomina sulla ghiaia della strada privata.
Le parti comuni dell'edifico , disciplinate dall'art. 1117 c.c., devono essere realizzate e tenute in manutenzione affinchè siano fruibili in sicurezza da tutti i soggetti che frequentano il condominio secondo il principio “alterum non laedere “.
A tal riguardo la dottrina afferma che esiste una responsabilità civile aggravata a carico del condominio il quale , in qualità di custode e secondo l'art. 2051 c.c., è tenuto a risarcire il danno provocato dalle cose comuni salvo che provi il caso fortuito. Vale a dire che , a differenza della responsabilità “aquiliana” (articolo 2043 c.c. ) e per favorire la parte danneggiata , asseritamente più debole, esiste un'inversione dell'onere della prova liberatoria dalla responsabilità che mette a carico del condominio dimostrare l'interruzione del nesso causale tra il fatto e la parte comune.
Tuttavi,a per quanto difficile sia detta prova, non sussiste una responsabilità oggettiva del condominio per tutti gli infortuni accaduti sulle parti comuni . Tale assunto è stato affermato dalla Corte di Cassazione (ord. n. 17425/2018) che ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti di un condominio da una donna che , mentre procedeva in discesa lungo un tratto di strada privata , interna ad un condominio, a causa del dissesto della strada e per la presenza di ghiaia, cadeva per terra provocandosi delle lesioni. La ricorrente chiedeva la riforma della sentenza del giudice d'appello dove si affermava che era sua la responsabilità dell'infortunio poiché, pur conoscendo le condizioni della strada , non aveva camminato sul lato destro della strada , dove non era presente la ghiaia. Per la ricorrente la sentenza della Corte d'appello errava laddove riteneva idonea ad integrare il caso fortuito la sua conoscenza dello stato dei luoghi ed in tale modo invertiva l'onere della prova, e le addebitava una imprudenza teorica senza avere individuato un comportamento incauto della danneggiata.
La Corte di cassazione respingeva l'assunto della ricorrente poiché, a suo dire, correttamente il giudice di appello ricavava la posizione della buca sul lato sinistro dalla descrizione dell'incidente fornita da un teste e l'esistenza della ghiaia dalla prospettazione contenuta in citazione per cui per superare i due profili di rischio la ricorrente avrebbe dovuto percorrere il lato destro, per evitare la buca, e occupare la parte di strada priva di ghiaia. La Corte afferma che ai sensi dell'art. 2051 c.c. quando venga accertato , anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo , comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l'adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa , ridotta al rango di mera occasione dell'evento e deve ritenersi integrato il caso fortuito (C.Cass. Sent. n. 23584/2013) .
Le altre censure della ricorrente consistono in un riesame del merito della vicenda non proponibile nel giudizio di legittimità se la sentenza ricorsa non è affetta da vizi logici e giuridici. Pertanto il ricorso è inammissibile per quanto riguarda la valutazione dello stato dei luoghi, gli interventi di manutenzione, il comportamento incauto della danneggiata , lo stabilire se il danno sia stato cagionato dallo stato della cosa in custodia o dal comportamento della vittima o se vi sia stato un concorso causale tra i due fattori.

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