Condominio

Il condominio brucia e il vicino ne risponde anche penalmente

di Giulio Benedetti

Il proprietario del campo che accende il fuoco risponde penalmente dell'incendio del condominio adiacente.
Il sopraggiungere dell'estate comporta l'aumento del rischio incendi e tale proposito le norme di riferimento sono quelle dettate dall'art. 46 del d.lvo n. 81/2008 che impone al datore di lavoro di adottare le misure per prevenire gli incendi e tutelare l'incolumità dei lavoratori e dell'art. 423 c.p. che punisce chi cagiona l'incendio anche di una cosa propria , se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità . Gli artt. 423 bis e 424 c.p rispettivamente sanzionano l'incendio boschivo ed il danneggiamento seguito da incendio, mentre 449 c.p disciplina i delitti colposi di danno. Molti incendi originano da atti dolosi spesso finalizzati alla distruzione di verde per compiere successive edificazioni , nonostante le norme regionali che vietano la costruzione su aree precedentemente incendiate, mentre molti altri sono cagionati da comportamenti colposi assai riprovevoli. Tale è il caso esaminato dalla Corte di Cassazione (sent. n. 34783/2018) che ha rigettato il ricorso avverso una sentenza di condanna per incendio colposo e per violazione delle norme paesaggistiche (art. 163 d.lvo n. 490/1999) del proprietario di un terreno che , per ripulire un bosco, ne cagionava l'incendio il quale propagandosi , provocava l'incendio e la distruzione parziale di un condominio confinante. In particolare la sentenza riconosceva la sua colpa perché il condannato ometteva di predisporre viali parafuoco o e di fasce di rispetto come impostigli dalla Regione Puglia, strumenti riconosciuti idonei a contenere l'incendio probabilmente originato dalle operazioni di bruciature di stoppie presenti nel suo campo. La Corte di Cassazione condivide le argomentazioni dei giudici di merito i quali affermavano che il comportamento doveroso omesso, la predisposizione di fasce tagliafuoco, avrebbe evitato , con alto grado di probabilità logica, la propagazione incontrollata dell'incendio . Invero la realizzazione di tali presidi, posti al confine con il terreno seminativo, sarebbero stati idonei a mantenere il fuoco radente al suolo senza che avesse la possibilità di attaccarsi alle chiome degli alberi ad altro fusto presenti nel parco del condominio. La Corte sostiene che dette misure di salvaguardia costituivano un'evidente utilità anche per rallentare le fiamme e per predisporre un piano di intervento antincendio. Però si sostiene che secondo i criteri elaborati dalla giurisprudenza di legittimità ( sent. C.Cass. 9170/2013 ) sussiste il nesso causale non soltanto laddove l‘evento non avrebbe avuto luogo , ma anche quando avrebbe avuto luogo in epoca posteriore o con minore intensità. E'
È stata esclusa la concorrente responsabilità del condominio , per la mancata presenza dei presidi antincendio, poiché attorno al perimetro del medesimo era presente una strada asfaltata , larga circa 12 metri, che di fatto costituiva un'idonea fascia tagliafuoco. La Corte infine richiama la legge n. 15/1997 della Regione Puglia la quale prevede che la bruciatura delle stoppie può essere praticata a condizione che lungo il perimetro delle superfici interessate sia tracciata , subito dopo le operazioni di trebbiatura e comunque entro il 15 luglio, una fascia protettiva per tutta l'estensione confinante con i boschi e le altre proprietà per una larghezza non inferiore a 10 metri. Inoltre gli enti o privati che siano proprietari o conduttori di superfici boscate devono, a loro cura e spese tenere costantemente riservata una fascia protettiva larga almeno 5 metri , nella loro proprietà , libera da piante o arbusti per tutta l'estensione perimetrale del bosco confinante con fondi adibiti a cultura cerealicola in cui si pratica l'accensione delle stoppie.

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