Condominio

Servitù di passaggio e accertamento di confini, attenzione a discuterli insieme

di Valeria Sibilio


Accertare l'esistenza di una servitù di passaggio, in ambito condominiale, può sollevare non pochi problemi di corretta qualificazione giuridica. La Cassazione, nell'ordinanza 19497 del 2018 , ha trattato il tema esaminando il ricorso di un condòmino contro la sentenza della Corte d'Appello che aveva, in parte, ribaltato il giudizio di primo grado.
Il ricorrente aveva sottoposto al Tribunale l'accertamento dei confini tra la particella 176 di sua proprietà, la particella 49, indicata quale corte comune, e le particelle 50 e 51 di proprietà del condòmino convenuto, con riferimento ai limitrofi fondi. Quest'ultimo avrebbe eretto un muro con sovrastante rete di recinzione che violava i confini delle particelle 176 e 49, impedendo l'accesso alla sua proprietà. Inoltre, il ricorrente domandava anche di accertare l'esistenza di una servitù di passaggio pedonale e carrabile in favore del proprio fondo ed a carico della particella 49. Qualora l'istruttoria avesse dimostrato un impedimento ad accedere alla sua proprietà, l'attore richiedeva di riconoscere, a suo favore, l'avvenuta costituzione di una servitù di passaggio per usucapione anche sulle particelle 50 e 51.
Il Tribunale accertava l'esistenza di una servitù di passaggio pedonale e carrabile sul mappale 49, condannando il convenuto ad arretrare il muro di recinzione fino al confine tra la sua proprietà e la stessa particella 49, come individuato dalla perizia. Sull'appello di entrambe le parti, la Corte di secondo grado accoglieva l'impugnazione del precedente convenuto, rilevando il difetto di legittimazione attiva dell'attore in ordine all'azione di regolamento di confini fra il terreno di cui al mappale 49 ed i fondi di cui ai mappali 50 e 51, avendo adoperato, nella sua domanda originaria, avanzata al Tribunale, l'espressione equivoca «l'attore potrebbe essere comproprietario di tale particella, come risulta dall'atto ... in data 1/9/54», nonché contraddittoriamente insistito per accertare il proprio diritto di transito sul medesimo terreno, senza comunque dar prova della proprietà, o comproprietà, della particella 49, censita come corte comune ai mappali 48, 51 e 52.
La Corte, inoltre, dichiarava inammissibile l'appello alla domanda di accertamento della servitù di passaggio sulle particelle 50 e 51, in quanto proposta in via subordinata e/o alternativa alla domanda principale, accolta dal Tribunale, di accertamento del diritto di transito sul mappale 49, ritenendo altresì inammissibile l'ulteriore domanda di arretrare il muro di recinzione nel rispetto delle “prescrizioni del Codice della Strada”, in quanto fondata su titolo dedotto per la prima volta nel giudizio di secondo grado. Essendo l'appellante privo di legittimazione ad agire per il regolamento dei confini della particella 49, la Corte d'Appello riteneva priva di fondamento anche la domanda conseguenziale di condanna all'arretramento del muro di recinzione eretto, rigettando ancora la domanda di riconoscimento della servitù di passaggio a favore della proprietà sul mappate 49, sia per titolo (in quanto nell'atto 1° settembre 1954 non risultavano costituiti i proprietari del medesimo mappale 49), che per usucapione.
Nel primo motivo di ricorso si lamenta il mancato esame, da parte dei giudici di appello, della domanda proposta in via subordinata e/o alternativa, e riproposta con l'impugnazione e da esaminare all'esito dell'accoglimento della contrapposta impugnazione dell'attore. Motivo fondato, in quanto la Corte di Secondo Grado, accogliendo l'appello proposto dal precedentemente convenuto, ha, in pratica, rigettato tutte le domande proposte in via principale dall'attore, ma, allo stesso tempo, ha dichiarato inammissibile l'appello separatamente proposto da quest'ultimo, in quanto contenente la riproposizione della domanda di accertamento della servitù di passaggio sulle particelle 50 e 51, che era stata avanzata, come visto, in via soltanto “subordinata e/o alternativa” alle domande principali accolte dal Tribunale, ovvero in particolare a quella diretta all'accertamento del diritto di transito sul mappale 49.
La decisione dei giudici di secondo grado, evidenzia la Cassazione, non si è così uniformata al formulato secondo il quale, allorché la parte abbia proposto nello stesso giudizio due o più domande alternative, ma tra loro compatibili, ovvero legate da rapporto di subordinazione, l'accoglimento della principale o della domanda alternativa compatibile, se non obbliga l'attore, il quale voglia insistere su quella non accolta, a proporre appello (sia pure solo in via incidentale), comporta comunque la necessità di riproporre la stessa ai sensi dell'art. 346 c.p.c.; diversamente, qualora si tratti di domande incompatibili, ovvero sia stata accolta la subordinata, l'attore che voglia insistere nella domanda alternativa incompatibile non accolta, ovvero nella domanda principale, ha l'onere di farlo mediante appello incidentale, eventualmente condizionato all'accoglimento del gravame principale, in quanto solo in tal modo può ottenere la revisione dell'accertamento compiuto dal giudice circa l'esistenza dei fatti costituenti le ragioni della pretesa subordinata accolta, incompatibile con quella principale.
La Corte d'Appello avrebbe allora dovuto ritenere che l'attore aveva adempiuto all'onere di riproposizione esigibile per non incorrere nella presunzione di rinuncia di cui all'art. 346 c.p.c., in una forma comunque indicativa della volontà di sottoporre la relativa questione al giudice d'appello, così obbligando lo stesso a prendere in considerazione la domanda subordinata ove la domanda principale, come poi avvenuto, fosse stata respinta in sede di impugnazione.
Nel secondo motivo di ricorso si deduceva che la Corte d'Appello avesse ritenuto inammissibile l'ulteriore domanda di arretrare il muro di recinzione nel rispetto delle “prescrizioni del Codice della Strada” in quanto fondata su titolo dedotto per la prima nel giudizio di secondo grado. Il ricorrente evidenzia di aver domandato tale arretramento sin dal primo grado, domanda in appello specificata soltanto con riferimento altresì alle particelle 50 e 51. Motivo inammissibile, in quanto il punto censurato della pronuncia della Corte d'Appello aveva esplicitamente fatto riferimento alla novità dell'allegazione, compiuta soltanto in secondo grado, del rispetto delle «non specificate prescrizioni del Codice della Strada». Sebbene i diritti reali si identifichino in base alla sola indicazione del bene che ne forma l'oggetto e non al titolo che ne costituisce il fondamento, l'allegazione nel giudizio attinente ad un'azione reale, in primo come in secondo grado, di un titolo diverso rispetto a quello originariamente posto a base della domanda, rappresenta solo un'integrazione delle difese sul piano probatorio, e non implica la proposizione di una domanda nuova.
Infondato anche il terzo motivo di ricorso, nel quale il ricorrente evidenziava come l'attore non avesse contestato in primo grado, la contitolarità della particella 49 vantata in citazione dal medesimo attore, sia pure in termini dubitativi. La Corte d'appello ha rilevato come il ricorrente avesse adoperato, nella citazione davanti al Tribunale, l'espressione del tutto equivoca “l'attore potrebbe essere comproprietario di tale particella, come risulta dall'atto ... in data 1/9/54”; per di più, contraddittoriamente, ad avviso del giudici d'appello, avrebbe insistito per accertare il proprio diritto di transito sul medesimo terreno, senza dare prova della proprietà, o comproprietà, della particella 49, censita, come corte comune al mappale 48, ad enti urbani ed alle particelle 51 e 52.
Avendo il ricorrente esercitato l'azione di regolamento di confini sull'asserito presupposto di essere comproprietario della particella 49, assieme alla controparte, è certo che la mancata prova, acclarata nella sentenza impugnata, del diritto di comproprietà escludesse la sua legittimazione ad agire come a resistere con riguardo alla suddetta azione, essendo questa, ai sensi dell'art. 950 c.c., concessa ai soli proprietari confinanti, giacché nessun altro soggetto, al di fuori dei titolari dei fondi il cui confine deve essere regolato, rimane o può rimanere coinvolto nel relativo giudicato. Ne consegue che, alla stregua dei generali principi enunciati da Cass. Sez. U, 16/02/2016, n. 2951, la sussistenza del diritto di proprietà o di comproprietà dei fondi confinanti è un elemento costitutivo della domanda di regolamento dei confini ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione di essa, da parte del convenuto.
Inoltre, la carenza della prova della titolarità dei fondi confinanti, dei quali si chiede l'accertamento dei confini, è rilevabile d'ufficio dal giudice se, come nella specie, risultante dagli atti di causa. Per ultimo, le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità o contitolarità dei fondi controversi dedotta dall'attore, hanno natura di difese, proponibili in ogni fase del giudizio, anche come motivo di appello, ferme le eventuali preclusioni maturate per l'allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarità del diritto non rilevabili dagli atti.
Nel quarto motivo di ricorso si deduceva la mancata applicazione, da parte della Corte d'Appello, della presunzione di possesso intermedio dal 1969 al 1990. Motivo giudicato infondato. A norma dell'art. 1142 c.c., il possesso si presume ininterrotto sin dall'origine in capo al possessore attuale che ha posseduto in tempo più remoto, incombendo sulla parte interessata l'onere di provare che tale possesso è mancato, per un tempo più o meno lungo, nel periodo intermedio. In tema di usucapione, pertanto, tale disposizione appresta una presunzione di continuità del possesso, con conseguente inversione dell'onere della prova, non essendo il possessore tenuto a dimostrare la mancata interruzione del possesso, quanto onere della controparte provare che lo stesso è mancato, per un tempo più o meno lungo, nel periodo intermedio. Peraltro, la presunzione di possesso intermedio ex art. 1142 c.c. trova applicazione anche con riguardo al possesso dei successivi danti causa dell'attore, allorché il nesso derivativo si riveli sufficiente a risalire ad un acquisto collocato al di là del termine per l'usucapione. Tuttavia, la Corte d'Appello, nell'ambito dell'apprezzamento dei fatti di causa spettante al giudice del merito, ha affermato che la presunzione di possesso intermedio della servitù di passaggio ex art. 1142 c.c. in favore dell'attuale possessore fosse vinta dalla dimostrazione che il possesso era mancato fra il 1969 ed il 1990. Tale circostanza, individuata dalla Corte, costituisce idonea prova contraria alla presunzione del possesso intermedio esercitato ininterrottamente dai danti causa dell'attore.
La Cassazione ha, perciò, accolto il primo motivo del ricorso, dichiarando inammissibile il secondo motivo e rigettando il terzo ed il quarto motivo, cassando la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, rinviandola, anche per le spese del giudizio, ad un'altra sezione della Corte d'appello.

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