Condominio

Prevenzione incendi, pronte le nuove regole di sicurezza per i luoghi di lavoro

di Mariagrazia Barletta

È atteso da un decennio, da quando il cosiddetto “testo unico” sulla sicurezza, nel 2008, ne aveva previsto l'emanazione. È stato in fase di elaborazione per molto tempo, finché se ne sono perse le tracce. Il riferimento è al decreto interministeriale (dovrà essere firmato dal Viminale e dal ministero del Lavoro) destinato ad aggiornare la normativa antincendio dei luoghi di lavoro. Martedì 10 luglio una nuova bozza è stata illustrata nella seduta del Comitato centrale tecnico scientifico per la prevenzione incendi (Ccts) del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, organismo che ha il compito di elaborare e aggiornare le normative antincendio. Più nel dettaglio, si tratta del provvedimento che andrà a rivedere i criteri per la progettazione antincendio e la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro, andando a sostituire il decreto 10 marzo 1998 attualmente in vigore. Il decreto del 1998 è nato per dare attuazione al Dlgs 626 del 1994 e quindi va aggiornato al Dlgs 81 del 2008. Nel frattempo c'è stata la rivoluzione in campo antincendio, prima con il Dpr 151 del 2011, che tra l'altro ha introdotto la Scia e il criterio della proporzionalità del rischio, di cui il nuovo decreto deve necessariamente tener conto, e poi con la normativa prestazionale del cosiddetto “Codice di prevenzione incendi”, che resta una strada facoltativa e alternativa da poter scegliere in luogo delle future disposizioni del decreto interministeriale.
I contenuti
La bozza di decreto, come l'attuale Dm del 1998, stabilisce i criteri da seguire per valutare il rischio incendi nei luoghi di lavoro. Analisi dalla quale discende la scelta sia delle misure preventive, da adottare per ridurre il rischio di inneschi, che di quelle protettive, volte cioè a limitare danni a persone, ambiente e beni nel caso l'incendio si verifichi. Si va dalla progettazione delle scale, alle vie di esodo, alla valutazione dei mezzi estinguenti da impiegare, all'illuminazione di sicurezza, fino alle misure organizzative e gestionali da attuare, in cui rientrano, tra l'altro, la redazione dei piani di emergenza e la designazione e formazione degli addetti antincendio, ossia quei lavoratori preparati per spegnere un eventuale principio di incendio e guidare le operazioni pianificate da mettere in atto in caso di incidente.
Ampliato il campo di applicazione
Come il decreto 10 marzo 1998, il futuro decreto interministeriale si applicherà ai luoghi di lavoro. La definizione di luoghi di lavoro a cui fa riferimento la bozza è quella del Dlgs 81 del 2008 (art. 62), che li definisce come luoghi interni ad aziende, unità produttive e relative pertinenze, se accessibili ai lavoratori. Riguardo a ciò, nulla cambia. Per gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante e per i cantieri si applicherà solo parzialmente, limitatamente cioè alle misure che riguardano la nomina degli addetti antincendio, la loro formazione e i requisiti dei formatori. Aspetto importante, giacché il tema della formazione riserva non poche sorprese. L'ampliamento del campo di applicazione riguarda, in particolare, le attività non normate e soggette a controllo da parte dei Vigili del Fuoco, ossia inserite nell'elenco allegato al Dpr 151 del 2011 e prive di una regola tecnica specifica di prevenzione incendi.
Oggi queste attività sono tenute a conformarsi solo ad alcune delle previsioni contenute nel Dm 10 marzo, ma se la bozza diventerà decreto così com'è, allora le nuove norme si applicheranno anche a tali attività interamente (un corposo allegato sulle misure preventive e protettive è ad esse destinato). Va ricordato che le misure di prevenzione e protezione contenute nel decreto del 1998 costituiscono oggi un utile riferimento, ma non sono obbligatorie per le attività soggette e non normate. Inoltre, le misure minime di prevenzione e protezione che la bozza individua per le attività soggette e non normate vanno estese anche ad attività soggette a controllo che hanno una propria regola tecnica, «caratterizzate – si legge nel testo della bozza – da aspetti preminentemente tecnologici». Ne sono un esempio, solo per citarne alcune, i gruppi elettrogeni, le centrali termiche, gli oleodotti e le macchine elettriche. In questi casi, le disposizioni previste dal futuro decreto dovranno essere considerate integrative rispetto alle specifiche regole tecniche verticali.
Formazione e aggiornamento
Per la priva volta vengono definiti e dettagliati i requisiti e i titoli che i formatori degli addetti al servizio antincendio devono possedere. Si fissa, inoltre, la periodicità dell'aggiornamento degli addetti antincendio, che deve essere almeno quinquennale. Viene previsto, infine, un controllo preventivo da parte dei Vigili del Fuoco sui corsi per addetti antincendio. Nascono, inoltre, specifici corsi di formazione e di aggiornamento anche per i formatori. Corsi che saranno tenuti dal Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco (si veda l'articolo di approfondimento sul tema della formazione).
Piano di emergenza anche nei luoghi aperti al pubblico
L'obbligo di redazione del piano di emergenza viene ampliato ai luoghi di lavoro aperti al pubblico con affollamento superiore a 50 persone, indipendentemente dal numero di lavoratori. Lo stesso obbligo continua a scattare per i luoghi di lavoro dove sono occupati almeno 10 lavoratori e per tutte le attività elencate nel Dpr 151 del 2011. Indipendentemente dall'obbligo di elaborazione del piano di emergenza, i datori di lavoro devono adottare le necessarie misure organizzative e gestionali da mettere in atto in caso di incendio. «Tali misure – viene specificato nella bozza - devono essere, comunque, riportate nel documento di valutazione dei rischi».
Niente più riferimento ai tre livelli di rischio
Cambia il metodo di valutazione del rischio incendio, che non si basa più sull'individuazione da parte del professionista del livello di rischio (basso, medio e alto), ma è stesso il legislatore a definire una prima suddivisione delle attività in base al rischio individuandone quattro gruppi (attività non soggette e non normate, non soggette e normate, soggette e normate, e un ultimo gruppo che include le attività soggette e non normate).
Il «Codice di prevenzione incendi» come alternativa
Per le attività rientranti nel campo di applicazione del cosiddetto “Codice di prevenzione incendi “ (Dm 3 agosto 2015) resta la possibilità di impiegare tali norme in alternativa a quelle del futuro decreto. Sono ormai 38 le attività che gravitano nella sfera di azione del “Codice” e ben presto se ne aggiungerà un'altra. Il riferimento è alle attività commerciali che superano i 400 metri quadrati, la cui regola tecnica verticale prestazionale è approdata in Commissione europea lo scorso 27 giugno (il periodo di standstill termina il 28 settembre).
Entrata in vigore
Secondo quanto si legge nella bozza, il decreto andrà in vigore 180 giorni dopo la pubblicazione in “Gazzetta ufficiale”. Ma prima della pubblicazione il provvedimento deve prendere la forma di decreto interministeriale. Prima ancora servirà almeno un'altra riunione in sede di Ccts (non prima di settembre) in cui si discuterà delle osservazioni dei soggetti interessati che siedono nel Comitato, tra cui i rappresentanti delle professioni tecniche. Mettendo a sistema quanto scritto nella bozza in merito al periodo transitorio e alla revisione della valutazione del rischio, sembrerebbe che le valutazioni che risulteranno già elaborate all'entrata in vigore del decreto interministeriale siano salve e che in fase di rielaborazione e modifica della valutazione del rischio incendio vada applicata la nuova normativa. La valutazione del rischio incendio va rivista – si legge nella bozza – nei casi indicati nel Dlgs 81 del 2008 (articolo 29), tra questi figurano le modifiche al processo produttivo o all'organizzazione del lavoro e quelle legate all'evoluzione tecnica.

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