Condominio

Bloccare la servitù di passaggio contestata non è «violenza»

di Paolo Accoti



Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, pur potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 516 euro. Agli effetti della legge penale, si ha violenza sulle cose allorché la cosa viene danneggiata o trasformata, o ne è mutata la destinazione (art. 392 Cp).
Allo stesso modo, chi si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo usando violenza o minaccia alle persone, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno, ma se il fatto è commesso anche con violenza sulle cose, alla pena della reclusione è aggiunta la multa fino a 206 euro. La pena è aumentata se la violenza o la minaccia alle persone è commessa con armi (art. 393 Cp).
Ciò posto, non commette reato chi, al fine di esercitare il diritto di proprietà - comunque risultante dagli atti -, impedisca l'accesso al vano condominiale dell'immobile con il posizionamento di un ferro di bloccaggio nel portoncino di ingresso, tanto da ostacolare la pretesa servitù di passaggio non ancora accertata, in quanto al vaglio del Giudice civile.
Tale condotta, infatti, non può ritenersi antigiuridica rappresentando un mero esercizio del diritto di proprietà.
Tanto ha incidentalmente statuito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30747, pubblicata in data 6 luglio 2018, con la quale ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Palermo.
La Corte d'Appello di Palermo confermava la sentenza di primo grado, resa dal Tribunale di Trapani, con la quale erano stati assolti due condòmini, <<perché il fatto non sussiste>>, accusati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, per avere questi <<al fine di esercitare un preteso diritto di proprietà e potendo ricorrere al giudice, impedito a [un altro condomino] di fare ingresso nel vano condominiale dell'immobile …, mediante violenza sulle cose consistite nel posizionare un ferro di bloccaggio nel portoncino di ingresso.>>.
Ricorre per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Palermo, per violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) e d), Cpp in relazione all'art. 606, commi 3 e 3-bis Cpc.
A sostegno del ricorso viene dedotto che il Giudice del gravame avrebbe erroneamente rigettato la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, non ammettendo l'acquisizione del provvedimento d'urgenza con cui la persona offesa aveva ottenuto dal Tribunale civile il passaggio attraverso l'area condominiale in oggetto.
Evidenza la Corte di Cassazione che <<la circostanza che la parte offesa avesse dovuto ricorrere al giudice per il riconoscimento della servitù di passaggio in favore del proprio immobile, altrimenti intercluso, avrebbe «eliso», nelle conclusioni raggiunte dai giudici di appello, l'antigiuridicità dell'azione degli imputati che per la contestata condotta avrebbero solo esercitato una facoltà del loro diritto di proprietà.>>.
La stessa da inoltre atto che, con raccomandata a/r, gli imputati con una nota a firma degli stessi hanno documentato di essere gli unici proprietari dell'immobile e dell'area su cui la persona offesa rivendica il diritto di passaggio.
Come detto il ricorso viene dichiarato inammissibile, perché <<proposto al di fuori delle ipotesi previste dalla legge>>, con sostanziale conferma della sentenza di assoluzione emessa in secondo grado.
Occorre ricordare come il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, richiede, oltre al dolo generico, rappresentato dalla coscienza e volontà di farsi ragione da sé, pur potendo ricorrere al giudice, anche quello specifico, consistente nell'intento di esercitare un preteso diritto nel ragionevole convincimento della sua legittimità.
Ciò posto, in linea con la sentenza oggi in commento, è stato ritenuto non sussistere <<il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni se l'agente usa violenza sulle cose per difendere il diritto di possesso in presenza di un atto di spoglio, a condizione che tale reazione venga posta in essere nell'immediatezza dell'azione lesiva del diritto e per difendersi da un pericolo grave e imminente alla propria o altrui persona.>> (Cass. n. 31598/2017).
Nel caso appena visto era stato contestato agli imputati, conduttori in locazione di un appartamento, il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni per avere chiuso dall'interno la porta di accesso alla abitazione in cui gli stessi vivevano assieme ad un'altra conduttrice, parte civile nel processo, così reagendo nei confronti della stessa che più volte si era chiusa in casa impedendo agli stessi di accedervi.

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