Condominio

L’assemblea decide le sanzioni per le infrazioni al regolamento di condominio

di Valeria Sibilio

In materia condominiale rientra, nei poteri dell'assemblea, l'approvazione del regolamento di condominio e l'irrogazione della sanzioni connesse. Un aspetto affrontato dal Tribunale di Cassino nella sentenza 466/2018, originata dal ricorso di una condòmina la quale, impugnando la deliberazione adottata dal proprio condominio nell'assemblea del 8/11/2013, ribadiva la validità della precedente deliberazione assunta nell'assemblea del 28/08/2013 relativa a determinazioni in merito all'art. 38 del regolamento di condominio. L'attrice chiedeva l'annullamento della deliberazione per illegittimità dell'avviso di convocazione, inviato da soggetti non identificati, risultando come amministratore uno studio associato privo di personalità giuridica. Inoltre, le deliberazioni dell'assemblea del 8/11/2013 erano state adottate in seconda convocazione senza verificazione e acquisizione di informativa circa i motivi per cui la prima non aveva potuto deliberare.
Per l'attrice l'oggetto, oltre ad essere impossibile, non rientrando tra le attribuzioni dell'assemblea la materia in questione, risultava illecito, per indebita incidenza su diritti individuali. L'attrice lamentava l'inopponibilità dell'art. 38 del Regolamento di condominio, poiché quest'ultimo non era allegato al contratto di acquisto della propria unità immobiliare, né sottoscritto e approvato dalla ricorrente e non trascritto nei registri immobiliari. Rilevando l'inapplicabilità dell'art. 38, in quanto in contrasto con l'art. 70 e poiché il regolamento non era sottoscritto da tutti i condomini, chiedeva la nullità del deliberato successivo.
Il condominio, costituendosi in giudizio, eccepiva la nullità della domanda per violazione dell'art. 163, comma 1, c.p.c., in quanto formulata con ricorso anziché atto di citazione e per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatorio. Nel merito, deduceva che il procedimento di convocazione era regolare, in quanto le assemblee precedenti erano sempre state convocate dallo studio a cui l'attrice aveva in passato versato la sua quota parte degli oneri condominiali. In ogni caso, il ruolo di amministratore poteva essere ricoperto da uno studio associato e nell'assemblea del 14/02/06, l'amministratrice aveva portato a conoscenza i condòmini del cambio di denominazione del proprio studio. Il presidente aveva dato atto che la prima convocazione era andata deserta e aveva dichiarato validamente costituita l'assemblea in seconda convocazione. La delibera impugnata non aveva introdotto alcunché, essendosi limitata ad aggiornare importi economici di sanzioni già previste all'art. 38 del regolamento condominiale sin dalla prima approvazione, in attuazione della riforma della disciplina del condominio introdotta con legge n. 220 del 2012. Il regolamento condominiale era opponibile seppur non trascritto, ed era stato consegnato alla ricorrente nell'assemblea del 14/02/2006, senza ricevere mai alcuna contestazione ed affisso dal 2001 nell'atrio del portone. Tale regolamento era stato impugnato nell'aprile 2001 congiuntamente alla delibera dell'assemblea del 30/03/2001 ed il Tribunale aveva dichiarato la validità della delibera, del regolamento e dell'art. 38, annullando la sola maggiorazione della sanzione.
Per la Corte, il suddetto annullamento era da interpretare come nullità parziale in quanto l'applicazione di una sanzione di gran lunga superiore alla misura massima inderogabilmente stabilita dal disposto legislativo, è nulla in quanto “contra legem”. La statuizione conclusiva adottata è quella di «inderogabilità della sanzione prevista dall'art. 70 disp. att. c.c..». Pertanto, il reale contenuto della dichiarazione di nullità è l'inderogabilità della relativa sanzione. Con la deliberazione impugnata, il condominio convenuto aveva manifestato la volontà di ripristinare l'operatività dell'art. 38 del regolamento, nel rispetto della I. 220/2012. La deliberazione dell'assemblea è da ritenersi valida, rientrando nei suoi poteri sia l'approvazione del regolamento di condominio, sia le connesse sanzioni.
Le clausole dei regolamenti condominiali predisposte dall'originario proprietario dell'edificio e allegati ai contratti di acquisto delle singole unità immobiliari, nonché quelle dei regolamenti condominiali formati con il consenso unanime di tutti i condòmini, hanno natura contrattuale soltanto qualora si tratti di clausole limitatrici dei diritti dei condòmini sulle proprietà esclusive o comuni od attributive ad alcuni condòmini di maggiori diritti rispetto agli altri, mentre, qualora si limitino a disciplinare l'uso dei beni comuni, hanno natura regolamentare. Ne consegue che, mentre le clausole di natura contrattuale possono essere modificate soltanto dall'unanimità dei condòmini e non da una deliberazione assembleare maggioritaria, quelle di natura regolamentare sono modificabili anche da una deliberazione adottata con la maggioranza prescritta dall'art. 1136 c.c., comma 2. La Corte ha osservato che il regolamento di condominio può contenere norme intese a tutelare il decoro architettonico dell'edificio condominiale che, a tale fine, siano suscettibili di incidere anche sulla sfera del dominio personale esclusivo dei singoli partecipanti, nei limiti in cui ciò si riveli necessario in funzione della salvaguardia del bene comune protetto.
L'assemblea, perciò, ha il potere di prevedere sanzioni per le infrazioni al regolamento condominiale e decidere le questioni connesse con la maggioranza di cui all'art. 1138 c.c. e non con l'unanimità, salvo che si determini una limitazione di diritti dei condòmini sulle proprietà esclusive o comuni o si attribuisca ad alcuni condòmini maggiori diritti rispetto ad altri. Non lamentando, la ricorrente, una limitazione dei propri diritti esclusivi dominicali, l'inopponibilità di cui si duole non assume rilevanza, in quanto la trascrizione del regolamento riguarda sempre e solo l'opponibilità delle anzidette limitazioni dei diritti dominicali individuali (Cass. 21024/2016).
L'opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti va regolata secondo le norme proprie delle servitù, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l'indicazione, nella nota di trascrizione, delle specifiche clausole limitative, non essendo sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale. Risultano, altresì, infondati il motivo concernente l'inesistenza dell'avviso di convocazione e la provenienza da soggetto non legittimato, essendo indifferente l'intestazione della missiva che è chiara nel suo contenuto e nella provenienza, e quello concernente la mancata verificazione della legittimità della seconda convocazione, avendo il Presidente dato atto della diserzione della prima convocazione.
Il Tribunale ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese di lite, liquidate in euro 630,00 per competenze oltre spese generali nella misura del 15%.

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