Condominio

Lite sul muro di confine, tutti i proprietari devono essere chiamati in giudizio

di Edoardo Valentino

In un'azione giudiziale per accertare la proprietà privata di un muro sito nel cortile di una abitazione e ottenere dal condominio confinante la chiusura di aperture praticate nel muro stesso dai condomini è necessario convenire in giudizio tutti i proprietari pena la nullità dell'azione in quanto sussiste un litisconsorzio necessario.
Questo il principio espresso dall'ordinanza della Cassazione, Sez. II (relatore Antonio Scarpa) depositata il 5 luglio 2018, n. 17663.
La vicenda principiava con il ricorso da parte di una proprietaria la quale agiva rivendicando la proprietà esclusiva del muro che cingeva il cortile di sua proprietà esclusiva contro i condòmini di uno stabile confinante, e domandava anche la chiusura di luci aperte dai convenuti nello stesso muro.
Tale azione giudiziale era avviata avverso tutti i condomini e tutelari di diritti reali del palazzo adiacente l'immobile attoreo.
All'esito del processo il giudice di primo grado accoglieva la domanda e condannava i convenuti al ripristino dello stato dei luoghi e in particolare alla chiusura delle luci aperte nel muro in uso esclusivo all'attrice.
La citata sentenza veniva impugnata da due dei convenuti innanzi la Corte d'appello competente la quale, in modo non dissimile dal giudice del primo grado, rigettava il gravame proposto dando ragione alla proprietaria del muro.
Secondo il giudice del riesame, difatti, sussisteva la presunzione di cui all'art. 881 c.c., che afferma che “Si presume che il muro divisorio tra i campi, cortili, giardini od orti appartenga al proprietario del fondo verso il quale esiste il piovente e in ragione del piovente medesimo.
Se esistono sporti, come cornicioni, mensole e simili, o vani che si addentrano oltre la metà della grossezza del muro, e gli uni e gli altri risultano costruiti col muro stesso, si presume che questo spetti al proprietario dalla cui parte gli sporti o i vani si presentano, anche se vi sia soltanto qualcuno di tali segni.
Se uno o più di essi sono da una parte, e uno o più dalla parte opposta, il muro è reputato comune: in ogni caso la positura del piovente prevale su tutti gli altri indizi”.
Rilevava la Corte come nel caso in questione si potesse presumere la proprietà del muro in capo all'attrice in primo grado per diversi elementi tra i quali: le caratteristiche costruttive del muro, la presenza in cima al manufatto di un piovente inclinato verso il confine dell'attrice e infine l'analisi delle licenze edilizie che avesse indicato la posterità dell'edificazione del condominio rispetto all'abitazione della proprietaria.
Alla luce della soccombenza in appello i due condòmini impugnavano la decisione in Cassazione con un ricorso articolato in sette motivi.
Di questi, tuttavia, la Corte di Cassazione trattava unicamente la settima in quanto considerata preliminare ed assorbente rispetto alle altre.
Con il settimo motivo di ricorso, difatti, i due proprietari contestavano la decisione della Corte d'appello nella parte in cui questa non si era pronunciata sulla domanda di nullità del giudizio per effetto della mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini dei due edifici confinanti.
La Cassazione accoglieva tale motivo specificando come, dato che la domanda attorea era consistita in una domanda di accertamento della proprietà esclusiva del muro e contestuale richiesta di eliminazione delle aperture realizzate sul manufatto (e quindi chiedendo il mutamento dello stato dei luoghi), questo procedimento avrebbe dovuto essere svolto nel contraddittorio di tutti i condomini dei due edifici.
La decisione d'appello, non essendo stata pronunciata nel contraddittorio di tutte le parti (litisconsorzio necessario) era da considerare nulla e conseguentemente il procedimento avrebbe dovuto essere svolto nuovamente con integrazione del contraddittorio.
In ragione di quanto affermato, quindi, la Suprema Corte accoglieva il ricorso limitatamente al settimo motivo e, dichiarata la nullità della sentenza impugnata, rinviava il giudizio per un nuovo processo di merito in appello.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©