Condominio

L’amministratore può rimuovere subito gli interventi abusivi sulle parti comuni

di Anna Nicola

In base all'articolo 1130 c.c., comma 1, n. 4 e articolo 1131 c.c. l'amministratore del condominio e' legittimato, senza la necessita' di una specifica deliberazione assembleare ad instaurare un giudizio per la rimozione di opere in quanto tale atto e' diretto alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio. E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella concreta ipotesi per cui e' giudizio che ha visto l'amministratore del condominio ricorrente (anche al di la' dell'aspetto della norma regolamentare su cui pure si e' discusso in corso di causa) agire per la rimozione della struttura di parte controricorrente limitante la corretta usufruizione del comune cavedio (Cass. 23890/2016).
Nel caso di specie l'amministratore del condominio (anche al di là dell'aspetto della norma regolamentare su cui pure si è discusso in corso di causa) ha chiesto solo la rimozione della struttura di parte controricorrente limitante la corretta usufruizione del comune cavedio.
La previa delibera autorizzativa da parte dell'assemblea condominiale non era, pertanto, necessaria.
Al riguardo, anche in continuità con il condiviso e consolidato orientamento della Corte di Cassazione (sentenze 24391/20018 e 14626/2010) non può che riaffermarsi il principio -valido per la fattispecie - secondo cui, ai sensi dell'articolo 1130 c.c., comma 1, n. 4 e articolo 1131 c.c. l'amministratore del condominio è legittimato, senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare ad instaurare un giudizio per la rimozione di opere in quanto tale atto è diretto alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio.
L'art. 1131, ai commi primo e secondo, del codice civile dice che: «Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto».
Si tratta, quindi, della rappresentanza processuale, strettamente connessa ai poteri dell'amministratore ed alla collegata rappresentanza sostanziale, in base alla quale l'amministratore può agire a tutela dell'interesse comune del condominio sia contro i terzi, sia contro gli stessi condomini.
È utile distinguere la legittimazione attiva da quella passiva, sulla base delle quali, entro i limiti stabiliti dalla legge, l'amministratore ha il potere di agire in giudizio, promuovendo una lite nell'interesse del condominio, ovvero ha la capacità di resistere nelle vertenze giudiziarie inerenti il condominio da lui rappresentato.
La riforma del condominio non ha inciso in modo diretto sulla disciplina della rappresentanza processuale dell'amministratore, lasciando inalterato l'art. 1131 c.c. che rappresenta, appunto, il cardine della disciplina.
Con riguardo alle prime, l'amministratore potrà agire in giudizio nei limiti delle attribuzioni elencate nell'art. 1130 c.c. ed in quelli dei poteri conferitigli dal regolamento e dall'assemblea. Si tratta, per i primi, di limiti molto ben definiti, tassativi. Quelli previsti dall'assemblea e dal regolamento andranno valutati di volta in volta. In ogni caso stando al contenuto dell'art. 1138 c.c., l'art. 1130 c.c. è derogabile, sicché, non è scontato che in ogni condominio tutte le attribuzioni contenute in quest'ultimo articolo si trasformino “d'ufficio” in rappresentanza processuale attiva dall'amministratore.
Nei limiti delle sue ordinarie attribuzioni, ovvero le materie che l'art. 1130 c.c. attribuisce alle sue competenze, l'amministratore potrà promuovere qualsiasi lite senza necessità di apposita autorizzazione assembleare, la quale è invece necessaria allorquando (così come disposto dall'art. 1136, 4 comma, c.c.), debba dar corso a liti che riguardano materie esorbitanti dalla previsione dell'art. 1130 c.c.
Per fare alcuni esempi, salva l'estensione della legittimazione ad agire estesa ai casi previsti dal regolamento di condominio o a quelli in cui è l'assemblea a dargli mandato, l'amministratore può agire nei confronti dei singoli condomini senza alcuna autorizzazione per eseguire le delibere assembleari, per garantire l'osservanza del regolamento condominiale, per disciplinare l'uso dei beni e dei servizi comuni, nonché compiere gli atti conservativi. E' competente ad avviare un'azione di danno temuto contro i confinanti (o gli stessi condomini), qualora necessaria a tutela degli interessi comuni, ovvero ad iniziare l'azione di recupero giudiziale del credito nei confronti dei condomini morosi, nonché a promuovere un giudizio per rimuovere le aperture abusive realizzate sulla facciata dello stabile, senza bisogno di specifica autorizzazione assembleare (Cass. 26849/2013). Fatta eccezione per le transazioni o per le altre cause estintive delle liti in cui il condominio è parte attiva, una volta iniziata l'azione, l'amministratore dovrà ritenersi legittimato ad agire in tutti i gradi di giudizio.
I poteri di rappresentanza passiva dell'amministratore sono sicuramente più vasti in quanto è il punto di riferimento ai fini della notifica di tutti gli atti e provvedimenti di carattere giudiziario e amministrativo. Solo in un secondo momento, cioè nel vaglio dell'attività da svolgere in risposta, si deve valutare se la materia è tra quelle per le quali l'amministratore può agire d'ufficio o se è necessario convocare un'assemblea.
Sulla base del tenore letterale dell'art. 1131, secondo comma, c.c., il quale prevede che l'amministratore possa essere convenuto in giudizio per qualsiasi azione concernente le “parti comuni dell'edificio”, si ritiene che la legittimazione passiva dell'amministratore sussista con riferimento ad ogni azione riguardante gli interessi del condominio e i rapporti giuridici nascenti o aventi incidenza sulle parti comuni.
Pertanto, sulla base di tali premesse, è stata affermata la sua legittimazione passiva anche in ordine: alle azioni di natura reale promosse contro il condominio da terzi o dal singolo condomino relativamente alle parti comuni dell'edificio (Cass. 22886/2010; Cass. 9093/2007; Cass. 919/2004); alle impugnazioni delle delibere assembleari (Cass. 14951/2008; Cass. 16228/2006) nonché alle controversie relative ai servizi comuni (Cass. 8139/2004; Cass.. 852/2000). La giurisprudenza, inoltre, ha chiarito che la generale vocazione della legittimazione passiva ex art. 1131, 2° co., c.c., rimane insensibile all'eventuale distinzione tra azioni di accertamento, costitutive o di condanna, poiché la ratio legis è sempre quella di agevolare i terzi nella chiamata in giudizio del condominio, attraverso la rappresentanza di un organo unitario (Cass. 19460/2005).
Tuttavia, in ordine alle modalità di esercizio della rappresentanza passiva, se in passato l'orientamento della giurisprudenza riteneva l'amministratore, quale rappresentante del condominio, il legittimato passivo di ogni domanda altrui, il quale poteva validamente costituirsi e difendere il condominio in ogni controversia in cui lo stesso fosse convenuto senza alcuna specifica delibera in merito, avendo, soltanto per le cause esorbitanti dalle attribuzioni ordinarie, un mero “obbligo di informativa” da compiere alla prima assemblea utile, di recente si è affermato l'indirizzo secondo il quale l'amministratore di condominio è comunque tenuto, anche laddove possa costituirsi in giudizio senza preventiva autorizzazione assembleare, ad ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assise, al fine di evitare una pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione o di impugnazione.
Secondo le Sezioni Unite della Cassazione, la cui tesi viene confermata anche dalle singole sezioni (cfr. ex multis, Cass. 26015/2010), infatti: <<L'amministratore convenuto può anche autonomamente costituirsi in giudizio ovvero impugnare la sentenza sfavorevole, nel quadro generale di tutela (in via d'urgenza) di quell'interesse comune che integra la ratio della figura dell'amministratore di condominio e della legittimazione passiva generale, ma il suo operato deve essere ratificato dall'assemblea, titolare del relativo potere. La ratifica, che vale a sanare con effetti ex tunc l'operato dell'amministratore che abbia agito senza autorizzazione dell'assemblea, e' necessaria sia per paralizzare la dedotta eccezione di inammissibilità della costituzione in giudizio o dell'impugnazione, sia per ottemperare al rilievo ufficioso del giudice che, in tal caso, dovrà assegnare, ex art. 182 c.p.c., un termine all'amministratore per provvedere>> (Cass., S.U., 18331/2010).
Qualora la citazione o il provvedimento abbiano un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore, questi dovrà dotarsi di una delibera assembleare preventiva per costituirsi in giudizio, essendo tenuto ad informare senza indugio l'assemblea, pena la revoca dell'incarico su provvedimento dell'autorità giudiziaria (richiesto anche da un singolo condomino), oltre al risarcimento degli eventuali danni.
Una delle novità inserite dalla riforma è la nuova formulazione dell'art. 69 disp. att. c.c. che sancisce l'obbligo per l'amministratore di dare immediata notizia all'assemblea nelle ipotesi di convocazione in giudizio per la revisione delle tabelle millesimali. Anche in tal caso, l'amministratore che non adempie a tale obbligo informativo è soggetto alla revoca dell'incarico e al risarcimento dei danni eventualmente cagionati al condominio
La legittimazione dell'amministratore, quale rappresentante del condominio, non priva in ogni caso <<i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti, esclusivi o comuni, inerenti all'edificio condominiale. Ne consegue che ciascun condomino è legittimato ad impugnare personalmente, anche per cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività condominiale, ove non vi provveda l'amministratore>>, al fine di evitare gli effetti sfavorevoli del provvedimento per il condominio, ovvero intervenire nei giudizi in cui la difesa sia stata assunta dall'amministratore (Cass. 1011/2010; Cass. 6881/1986).

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