Condominio

Regolamento contrattuale e assembleare: guida alle differenze

di Anna Nicola

La prassi conosce due diverse tipologie di regolamento: quello assembleare e quello contrattuale
Il primo è espressamente previsto dall'art. 1138 c.c.
Si tratta, come dispone la norma, del regolamento redatto dall'assemblea del condominio.
Questa norma, intitolata “Regolamento di condominio” così dispone: <<Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione. Ciascun condomino può prendere l'iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente. Il regolamento deve essere approvato dall'assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell'articolo 1136 e trascritto nel registro indicato dall'ultimo comma dell'articolo 1129. Esso può essere impugnato a norma dell'articolo 1107. Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118 secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.>>
La deliberazione deve essere presa dall'assemblea nel rispetto dei quorum deliberativi e costitutivi di cui all'art. 1136, secondo comma, c.c.
- per quanto riguarda la costituzione della riunione, all'assemblea devono partecipare tanti soggetti che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio;
- per quanto riguarda la decisione, il regolamento deve essere approvato da un numero di voti che rappresenti almeno la maggioranza degli intervenuti.
Questa disposizione concerne sia la prima redazione del regolamento sia l'eventuale successiva modificazione o revisione.
Anche per poterlo modificare occorre che la relativa assemblea rispetti i quorum costitutivo e deliberativo di cui all'art. 1138, terzo comma –che fa rimando all'art. 1136 secondo comma c.c.- c.c. Il mancato rispetto dell'uno o dell'altro comporta l'invalidità del regolamento: il primo è previsto a pena di invalidità dell'assemblea e di conseguente invalidità del regolamento deciso in questa sede; il secondo è previsto sotto pena di invalidità della decisione assunta, cioè dell'invalidità del regolamento eventualmente approvato.
<<A norma dell'art. 1138 c.c. l'assemblea dei condomini può, in sede di modificazione del regolamento condominiale, regolare a maggioranza, le modalità di godimento delle cose e dei servizi comuni>> (Cass3169/1978).
Leggendo l'art. 1138 c.c., si deduce che i regolamenti condominiali approvati a maggioranza non possono contenere disposizioni che limitino il godimento delle proprietà esclusive dei singoli condomini in quanto “le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni”.
L'eventuale regolamento di condominio formato in assemblea che introduca delle limitazioni al godimento di dette proprietà, deve essere dichiarato invalido in quanto contrario alla legge.
<<E' nulla la delibera con la quale un'assemblea condominiale approvi l'interpretazione autentica da dare al regolamento nel senso di non ammettere la destinazione delle singole unità ad esercizio commerciale pur in assenza di qualsiasi norma specifica che imponga tale divieto, in quanto atto potenzialmente lesivo dei diritti individuali di ciascun proprietario ex art. 1138 c.c. >> (Trib. Napoli, 19 marzo 1994).
Si possono ritenere lecite le clausole che introducono disposizioni rivolte a disciplinare l'uso od il godimento di parti delle singole proprietà dell'edificio semprechè con esse si miri a tutelare un interesse comune e purché l'imposizione sia necessaria al fine di permettere e regolare l'uso delle cose e servizi comuni, nei limiti della quota di ciascuno oppure al fine di assicurare la tutela del decoro dell'edificio.
<<Se il regolamento non si limita alla disciplina dell'uso delle cose comuni in conformità dei diritti spettanti ai singoli condomini, ma pone delle norme che, incidendo sui singoli diritti, si risolvono in un'alterazione, a vantaggio di alcuni dei partecipanti e in pregiudizio degli altri della misura del godimento che ciascun condomino ha in ragione della propria quota in tal caso nessuna modificazione può essere ammessa senza il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio>> (Cass. 21287/2004; Cass., 642/1996; Cass. 158/1966).
Il regolamento ha natura contrattuale ove sia stato predisposto dall'unico originario proprietario dello stabile ed accettato dagli acquirenti delle singole unità immobiliari, in sede di compravendita degli alloggi che compongono l'edificio.
Per poter essere vincolante per gli acquirenti delle singole unità immobiliari occorre che esso sia richiamato ed approvato nei singoli atti di acquisto
<<Le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale, che può imporre purché siano enunciate in modo chiaro ed esplicito, sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell'atto di acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che, seppure non inserito materialmente, deve ritenersi conosciuto e accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto>> (Cass. 17086/2009).
<<Le clausole limitative dei diritti esclusivi di proprietà spettanti a ciascun condomino non sono opponibili agli aventi causa a titolo particolare di questi se non espressamente e specificamente riportate nelle note di trascrizione relative agli atti di acquisto e di provenienza>> (Corte appello Milano, 03 novembre 2005; Cass. 10774/1991; 8066/1992; Cass. 714/1998; Cass. 1942/1998).
<<E' inopponibile al condomino il regolamento condominiale, da questi non approvato con atto scritto, per la parte che vietava la collocazione di una caldaia sul ballatoio e la collocazione di fili elettrici nell'androne del fabbricato>> (Cass. 1314/2004).
Ha altresì tale natura nel caso in cui venga approvato dall'assemblea all'unanimità dei condomini.
<<In tema di condominio, i poteri dell'assemblea condominiale possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni sia a quelle esclusive, soltanto quando una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o in riferimento ai singoli atti o mediante approvazione del regolamento che la preveda, in quanto l'autonomia negoziale consente alle parti di stipulare o di accettare contrattualmente convenzioni e regole pregresse che, nell'interesse comune, pongano limitazioni ai diritti dei condomini. (Nella specie è stata esclusa la nullità della delibera recante il diniego ad una condomina della installazione sul lastrico condominiale di un'antenna ricevente, promessa contrattualmente alla società locatrice del proprio appartamento esercente sistemi di navigazione satellitare, perché il regolamento condominiale di natura contrattuale vietava di destinare le unità abitative ad attività di impresa)>> (Cass. 26468/2007).
<<Il regolamento di condominio trae origine o da un patto stipulato da tutti i condomini ovvero dall'accettazione da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari (piani o porzioni di piano) del regolamento già predisposto dal venditore, unico originario proprietario del fabbricato; ne consegue che l'esistenza di tale regolamento non può ritenersi dimostrata ove non risulti né l'accettazione dei condomini nei singoli rogiti di acquisto né l'approvazione dell'assemblea di condominio>> (Cass. 3245/2009).
E' un contratto plurisoggettivo, dato dall'incontro della volontà di tutti i condomini, ma non è un contratto a prestazioni corrispettive. Ciò perché il regolamento tutela i medesimi interessi sussistenti in capo ai singoli condomini, senza che questi si trovino su posizioni contrapposte. L'interesse dei contitolari è unico: il convivere insieme in condominio nel rispetto delle singole proprietà individuali e di quelle collettive, come disciplinato dal regolamento.
<<Il regolamento di condominio cosiddetto contrattuale, quali ne siano il meccanismo di produzione ed il momento della sua efficacia, si configura, dal punto di vista strutturale, come un contratto plurilaterale, avente cioè pluralità di parti e scopo comune. Il detto regolamento, in relazione alla sua specifica funzione di costituire una sorta di statuto della collettività condominiale, e' un atto volto ad incidere - con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i componenti di tale collettività - su un rapporto plurisoggettivo concettualmente unico ed a porsi come fonte di diritti ed obblighi per tutti i condomini>> (Cass. 9137/2009).
<<Non sono applicabili le norme dettate per i contratti a prestazioni corrispettive e, in particolare, la disciplina dell'eccezione di inadempimento, atteso che il principio inadimpienti non est adimplendum trae origine dal nesso di interdipendenza che, nei contratti sinallagmatici, lega le prestazioni delle parti, mentre le obbligazioni assunte dai condomini con il regolamento contrattuale sono indipendenti l'una dall'altra e garantiscono contemporaneamente il diritto di tutti i contraenti; ne consegue che, in ipotesi di violazione del regolamento condominiale contrattuale effettuata da un condomino, ciascuno degli altri condomini può richiedere, oltre al risarcimento la riduzione in pristino, senza che possano essere opposte eventuali violazioni del suddetto regolamento cui il richiedente medesimo abbia dato causa>> (Cass. 977/2000).
Sempre per la medesima ragione, per essere vincolante occorre che esso sia stato preventivamente determinato nel contenuto, oltre a dover avere i requisiti essenziali per poterlo qualificare come vero e proprio contratto, onde ritenerlo valido ed efficace.
<<Qualora nell'atto di acquisto sia previsto l'obbligo di rispettare il regolamento da redigersi in futuro, manca uno schema negoziale definitivo, suscettibile di essere compreso per comune volontà delle parti nell'oggetto del contratto; in questa ultima ipotesi, pertanto, il regolamento può vincolare l'acquirente solo se, successivamente alla sua redazione, quest'ultimo vi presti volontaria adesione>> (Cass. 856/2000).
<<L'obbligo genericamente previsto in una scrittura privata di rispettare un regolamento di condominio da predisporsi in futuro a cura del costruttore (venditore o promittente venditore) non vale a consentire a quest'ultimo di atteggiare a suo arbitrio il relativo testo e, in particolare, di inservirvi un contenuto atipico, limitativo dell'estensione dei poteri e delle facoltà che normalmente caratterizzano nel condominio degli edifici il diritto di proprietà di ciascun condominio>>. ( Cass. 4927/1977).
Anche se il suo contenuto normale è quello dettato dall'art. 1138 c.c., la prestazione del consenso da parte di tutti i condomini legittima la previsione e la validità di clausole con cui si limitano in qualche modo le proprietà esclusive. Questa è la fondamentale differenza rispetto al regolamento assembleare.
Il medesimo regolamento deve sancire almeno una parte delle regole dettate dall'art. 1138 c.c. (in tema di gestione dei beni comuni, di ripartizione delle spese in ragione della quota parte spettante a ciascun condomino (tabelle millesimali), dell'amministrazione e della tutela del decoro dell'edificio). Se così non fosse non sarebbe un regolamento condominiale ma un contratto costitutivo di sole servitù reciproche tra tutti i soggetti privati che rivestono –anche- il ruolo di condomini. Affianco a questo contratto, occorrerebbe che i medesimi stipulassero un vero e proprio regolamento condominiale. A ben vedere il regolamento condominiale potrebbe in questo caso disciplinare i beni e servizi comuni, secondo quanto previsto dall'art. 1138 c.c., e riprodurre integralmente o semplicemente richiamare il testo del predetto contratto. In entrambi i casi quest'ultimo costituirebbe parte integrante del regolamento. Nel primo caso è certo in quanto ogni singola clausola del contratto è ripetuta nel regolamento. Così sarebbe anche nel secondo caso: il richiamo per relationem operato dal regolamento fa in modo che tutte le clausole del contratto siano automaticamente ritenute anch'esse facenti parte del medesimo regolamento.
Il regolamento contrattuale può avere ad oggetto materie attinenti alle singole proprietà esclusive, le cui limitazioni sono vietate per il regolamento assembleare (art. 1138, ultimo comma c.c.)
<<La clausola di un regolamento condominiale che prevede una diminuzione del 30 della quota di spettanza delle spese di gestione dell'impianto di riscaldamento, ripartite in base alle tabelle millesimali, per il condomino che abbia tenuto chiuso l'appartamento per l'intero periodo di riscaldamento, è legittima solo ove inserita in un regolamento contrattuale, adottato all'unanimità, e non in un regolamento adottato con delibera assembleare a maggioranza>> (Trib. Modena 15 settembre 2004).
Naturalmente anche questa tipologia di regolamento deve rispettare le norme in tema di assemblea (quali quelle riguardanti la costituzione e le deliberazioni assembleari, l'impugnazione delle medesime, il dissenso alle liti).
Si tratta di disposizioni inderogabili, che devono essere rispettate anche ove il regolamento sia contrattuale.
<<Poiché le norme in tema di composizione e funzionamento dell'assemblea di condominio non sono derogabili dal regolamento di condominio, anche se di natura contrattuale, , è nulla per contrarietà a norme imperative (artt. 1136, 1138 c.c.) la clausola del regolamento contrattuale che prevede che l'assemblea di un cosiddetto “supercondominio” sia composta dagli amministratori dei singoli condomini, anziché da tutti i comproprietari degli edifici che lo compongono>> (Cass. 7894/1994).
E' lecito e possibile nel regolamento contrattuale introdurre vincoli e limiti alle singole proprietà a seguito di concorde ed unanime determinazione degli aventi diritto, necessitata dallo scopo di conseguire la più comoda e proficua utilizzazione delle cose comuni. Per essi ci si esprime in termini di oneri reali, di obbligazioni propter rem, di servitù reciproche, di oneri aventi natura sostanziale, di servitù. Affinchè simili clausole siano valide occorre che le medesime rivestano l'eventuale forma prescritta in relazione alla natura della limitazione in essa contenuta: trattandosi di limiti –servitù- al diritto di proprietà immobiliare, devono necessariamente rivestire la forma scritta ab substantiam. Esse possono essere formulate sia mediante l'elencazione delle attività vietate sia mediante riferimento ai pregiudizi che si intendono evitare. Nella prima ipotesi è sufficiente, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, verificare se la destinazione sia inclusa nell'elenco, dovendosi ritenere che già in sede di redazione del regolamento ne siano stati valutati gli effetti come necessariamente dannosi. Nella seconda ipotesi, essendo mancata la valutazione in astratto degli effetti dell'attività, è necessario accertare se l'attività oggetto di contestazione sia capace di creare gli inconvenienti che la clausola intende evitare.
Simili limiti devono comunque risultare da una volontà chiara ed espressa o da una volontà desumibile, comunque, in modo certo dal contenuto del regolamento. A questo fine, la semplice indicazione di una determinata destinazione delle unità immobiliari non può essere tale da precluderne altre diverse: questo risultato può essere conseguito solo mediante la costituzione di reciproche servitù volontarie fra i vari condomini, con conseguente restrizione della sfera di dominio sui beni di loro proprietà esclusiva.
<<Tra gli usi propri cui è destinato un cortile comune si deve annoverare la possibilità, per i partecipanti alla comunione, di accedere ai rispettivi immobili anche con mezzi meccanici al fine di esercitarvi le attività - anche diverse rispetto a quelle compiute in passato - che non siano vietate dal regolamento condominiale, poiché tale uso non può ritenersi condizionato né dalla natura dell'attività legittimamente svolta né dall'eventuale, più limitata forma di godimento del cortile comune praticata nel passato. (Nella specie, la S.C., enunciando il suddetto principio, ha confermato la sentenza impugnata, con la quale era stata esclusa sia l'improprietà del nuovo, più intenso uso del cortile comune fatto, anche mediante il transito di autoveicoli, dal condomino convenuto rispetto al passato, sia la qualificabilità di tale più recente uso come nuova servitù imposta sul cortile comune a vantaggio dell'immobile di proprietà esclusiva del medesimo condomino). (Cassazione civile , sez. II, 16 marzo 2006, n. 5848).
I divieti e le limitazioni di destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini possono essere formulati nel regolamento sia mediante la elencazione delle attività vietate (in tal caso, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, basterà verificare se la destinazione stessa sia inclusa nell'elenco) sia mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare (in questo secondo caso, naturalmente, al fine suddetto, è necessario accertare la idoneità in concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che si vollero evitare)>> (Cass. 20237/2009).
<<Le norme del regolamento di condominio che introducono divieti o attribuiscono maggiori diritti al alcuni condomini piuttosto che ad altri devono essere formulate in modo chiaro ed inequivoco e non possono essere oggetto di interpretazione estensiva>> (Cass. 16832/09)
Strettamente collegato a quanto sin qui detto è il tema dell'efficacia di simili clausole nei confronti dei terzi aventi causa a titolo particolare dagli originari condomini stipulanti.
È pacifico che ove contengano vere e proprie servitù, esse devono essere trascritte in base ai principi desumibili dagli artt. 2643 ss. c.c. Si può discutere se necessitino di specifica trascrizione oppure se sia sufficiente che siano menzionate nella nota di trascrizione del regolamento. In realtà si tratta di un falso problema in caso di regolamento redatto dal costruttore - venditore.
Questi può sì redigere il regolamento ma finchè non vende il primo alloggio, le clausole costitutive delle servitù non sono valide ed efficaci, non potendo essere costituite a favore e contro il medesimo soggetto costruttore.
Il regolamento non può venire trascritto, in quanto il proprietario dell'intero edificio non può costituire a suo favore e/o a suo carico delle servitù, in base al principio nemini res sua servit. Solo nel momento in cui il condominio esiste con diversità di soggetti si può parlare di valide servitù. Ciò tuttavia non è ancora sufficiente.
Perché la servitù sia opponibile ai terzi, è necessaria la completezza della nota, sia del punto di vista soggettivo, sia da quello oggettivo. La nota deve indicare il contenuto essenziale del titolo di cui si chiede la trascrizione e menzionare con chiarezza il negozio giuridico cui si vuole dare pubblicità, onde permettere di accertare con sicurezza a favore ed a carico di chi la trascrizione deve conseguire i suoi effetti. In particolare, non basta fare riferimento, nella nota, al regolamento di condominio, ma occorre indicare le clausole di esso incidenti in senso limitativo sui beni di proprietà esclusiva dei condomini. Solo se la nota di trascrizione contempla tutti questi elementi si può dire che la relativa clausola è opponibile anche ai terzi aventi causa a titolo particolare del singolo condomino.
A ben vedere, la questione riguarda solo questi ultimi e non i condomini primi acquirenti: questi, con la conclusione del contratto di compravendita o con la loro adesione al regolamento in sede assembleare, si sono vincolati direttamente al rispetto di simili clausole.
E' ricorrente nelle applicazioni giurisprudenziali l'affermazione secondo la quale le limitazioni in questione vincolano i successivi acquirenti dei singoli appartamenti, indipendentemente dalla trascrizione, qualora essi, nell'atto di acquisto, facendo esplicito riferimento al regolamento condominiale, ne approvino il contenuto. Ciò è perché, oltre ad essere stato accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli appartamenti, è stato regolarmente trascritto nei registri immobiliari.
Tutti i successivi acquirenti sono vincolati non solo al rispetto delle clausole che disciplinano l'uso o il godimento dei servizi o delle parti comuni, ma anche di quelle che restringono i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive.
<<Il condominio non può opporre al condomino una clausola limitativa dei suoi diritti dominicali mai espressamente e specificamente trascritta, né riportata nell'atto di acquisto e negli atti anteriori di provenienza>>. (Corte appello Milano, 03 novembre 2005).
Così è anche nel caso di regolamento contrattuale deciso all'unanimità dall'assemblea, avendo tutti i soggetti legittimati prestato il proprio consenso. In questo caso è chiaro che il regolamento può essere immediatamente trascritto con riferimento alle clausole costitutive di servitù. È dunque legittimo introdurre nell'ambito del regolamento di condominio divieti per i singoli condomini, che, stante la natura contrattuale, hanno forza vincolante per tutti i condomini e possono essere modificati solo all'unanimità.

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