Condominio

L’usucapione si interrompe anche con una scala in muratura

di Valeria Sibilio

Le questioni inerenti muri divisori in cortili condominiali sono disciplinate dal codice civile che risponde a tutte le possibili conseguenti implicazioni in materia di interpretazione. L a Cassazione, con l'ordinanza 10170 del 2018, ha esaminato un caso originato dalla citazione in giudizio di primo grado, da parte dei proprietari di un cortile interno a più fabbricati - gravato da servitù di passaggio a favore di un fondo confinante di altra proprietà -, nei confronti dei proprietari del fondo dominante, denunciando l'apposizione di un cancello di chiusura della porzione di cortile relativa al fondo di loro proprietà, precisando che, in tale cancello, era stato aperto un varco che incanalava il traffico dei veicoli a ridosso dell'abitazione dei proprietari del fondo servente, derivandone da ciò un aggravamento della servitù di passaggio.
Sostenevano, inoltre, che l'opera realizzata costituiva violazione della clausola del titolo costitutivo della servitù che vietava la realizzazione di muri divisori nel cortile, denunciando che i proprietari del fondo dominante avevano realizzato una scala in muratura a pochi centimetri dal muro della casa degli attori, in violazione delle norme sulle distanze fra costruzioni.
Il Tribunale aveva rigettato le domande con sentenza confermata in grado d'appello. Per la Corte, la costruzione del cancello non aveva comportato una modifica del percorso veicolare rispetto a quello seguito in precedenza e la clausola invocata dai proprietari del fondo servente non aveva attinenza con la servitù di passaggio. Non essendo ravvisabile l'utilità per i fondi, il passaggio non poteva valere come costituzione di una servitù reciproca, in quanto la sua funzione era quella di consentire il passaggio di aria e luce nel cortile. In merito alla nuova scala, la corte territoriale rilevava che il manufatto aveva preso il posto di una medesima in ferro, posta alla stessa distanza e idonea, al pari di quella in muratura, a creare intercapedine.
Nel ricorso in Cassazione contro la sentenza, gli attori ritenevano che la corte di merito, dapprima avrebbe dovuto identificare il percorso veicolare in conformità al criterio legale e poi stabilire se l'innovazione fosse consentita. Motivo giudicato infondato in quanto le caratteristiche dei luoghi rendevano il percorso obbligato e, conseguentemente, l'apposizione del cancello non aveva determinato un reale e significativo spostamento del tragitto percorso dalle auto. Inoltre, i ricorrenti rimproveravano ai giudici d'appello di non avere considerato le conseguenze negative, a carico del fondo servente, che derivavano dall'apposizione in sé del cancello, a prescindere dallo spostamento del transito. Una parte del motivo giudicata inammissibile, in quanto la corte d'appello ha inteso la domanda come diretta a denunciare esclusivamente lo spostamento del tragitto e i riflessi negativi che derivavano da tale fatto per il fondo servente. Una interpretazione della domanda che non ha costituito oggetto di censura.
Nel secondo motivo di ricorso, i ricorrenti censuravano l'affermazione della Corte d'appello che non vi fosse, nel titolo, alcuna previsione destinata a regolare l'esercizio della servitù. Previsione che, per i ricorrenti, esisteva ed era riscontrabile nella clausola che faceva divieto al venditore e al compratore di erigere un muro divisorio nel cortile. Motivo inammissibile, in quanto limitato a proporre una interpretazione alternativa del titolo.
I ricorrenti, inoltre, lamentavano che se, come dichiarato dalla Corte, il passaggio era finalizzato anche ad un libero passaggio di aria e luce all'interno del cortile, a favore delle prospicenti abitazioni, tale funzione si prestava a identificare una utilità oggettiva a favore del fondo e non a favore del proprietario. Censura infondata in quanto la Corte d'appello indagando sulla portata del divieto, traeva la conclusione che la ratio della previsione imponeva una certa interpretazione, tale da escludere, in ogni caso, l'illegittimità dell'opera realizzata dai convenuti.
Per i ricorrenti il divieto di erigere un muro divisorio doveva estendersi a qualsiasi separazione fra le diverse porzioni del cortile, proponendo, tuttavia, una diversa interpretazione del titolo, in contrasto con il principio che l'interpretazione del contratto non è censurabile in cassazione alla stregua degli stessi elementi di fatto esaminati dal giudice di merito, ma solo per violazione dei criteri legali di interpretazione e per inadeguatezza della motivazione, che sia tale da non consentire la ricostruzione dell'iter logico seguito dal giudice di merito per giungere alla determinazione adottata.
Nel terzo motivo, i ricorrenti deducevano che la corte di merito aveva rilevato d'ufficio, a beneficio dei convenuti, un'eccezione di acquisto per usucapione del diritto di mantenere la scala a distanza inferiore a quella prescritta. Una eccezione che essi non avevano proposto. Motivo infondato in quanto la corte d'appello ha ritenuto che l'eccezione di usucapione era implicita nella deduzione dei convenuti che la nuova scala si trovava nella stessa posizione di una scala precedente. Il fatto che la presenza della scala fu dedotta dagli stessi attori, è in contrasto con la sentenza impugnata, nella quale si assume la deduzione come proposta dai convenuti nella comparsa di risposta.
Nel quarto motivo, i ricorrenti censuravano la sentenza sotto una pluralità di profili. Dal fatto che il diritto di mantenere una costruzione a distanza inferiore a quella legale non può costituire oggetto di servitù alla non configurazione dell'acquisto per usucapione di una servitù contraria al limite legale, qualora questo sia stabilito in regolamenti urbanistici locali, essendo questi inderogabili. Tutti motivi giudicati infondati in quanto, in materia di violazione delle distanze legali fra proprietà confinanti, deve ritenersi ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dalle norme del codice civile o da quelle dei regolamenti locali (Cass. n 4240/2010; conf. n 22824/2012).
Nell'ambito di questo motivo, i ricorrenti censuravano la sentenza per non avere considerato che l'usucapione avrebbe potuto ritenersi maturata per una scala in ferro, mentre i convenuti avevano sostituto la scala precedente con una scala in muratura. Un motivo giudicato dagli ermellini fondato. In tema di usucapione del diritto a mantenere una distanza tra immobili inferiore a quella legale, poiché per il suo acquisto è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo ed ininterrotto, il possesso continuato è interrotto quando la vecchia costruzione sia sostituita da una costruzione nuova - cioè modificata per dimensioni e volumetrie - che, pertanto, deve rispettare le distanze legali vigenti al momento della sua realizzazione» (Cass. n. 362/2017; cfr. S.U., n. 21578/2011). Occorreva, perciò, una specifica indagine volta a verificare l'identità di dimensioni e volumetria del nuovo manufatto rispetto al precedente ed indagare se la modifica del materiale di costruzione non costituiva, per sé stessa, causa di discontinuità fra il prima e il dopo.
Il quinto motivo, volto a riproporre sotto diverso profilo la questione della impossibilità di acquisire per usucapione la servitù contraria ai limiti legali in materia di distanze, è stato assorbito.
La Cassazione ha, perciò, rigettato i primi tre motivi di ricorso, accogliendo il quarto e dichiarando assorbito il quinto, cassando la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviando alla Corte d'appello in diversa composizione anche per le spese.

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