Condominio

La Cassazione mette i paletti della movida in condominio

di Giulio Benedetti

La convivenza tra i locali notturni , i pub , i disco bar , le paninoteche e i condomini non sempre è facile. In particolare la stampa riferisce quasi quotidianamente i dissidi che , cagionati dalla rumorosità di detti esercizi , sorgono tra gli abitanti delle zone interessate dalla movida notturna e gli esercenti, tanto da comportare spesso la svalutazione economica degli immobili interessati ed addirittura problemi di ordine pubblico.

Spesso i sindaci intervengono sul fenomeno , al fine di evitarne gli eccessi , con ordinanze contingibili ed urgenti, la cui violazione è sanzionata penalmente dall’articolo 650 del Codice penale. Gli uffici del pubblico ministero, a seguito della presentazione degli esposti degli abitanti molestati dal rumore, spesso ricorrono al sequestro preventivo dei locali, che viene mantenuto fino alla loro completa insonorizzazione e regolarizzazione, per violazione della normativa sul rumore (articolo 659 del Codice penale), della sicurezza sul lavoro con particolare riferimento alla prevenzione degli incendi (articoli 18,36,37,36 e 46 del Dlgs 81/2008) e all’apertura abusiva di locali di pubblico spettacolo (articolo 681 del Codice penale).

La Corte di Cassazione recentemente (sentenza 17131/2018) ha confermato la condanna di un esercente di un locale di pubblico spettacolo per disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone (articolo 659, comma 1, del Codice penale). In particolare la Corte ha ritenuto che nel caso esaminato non ricorreva l’ipotesi dell’articolo 659 , comma secondo in quanto:

l’illecito amministrativo della legge 447/1995 ricorre qualora si verifichi il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalla normativa specifica ;

il reato di cui all’articolo 659, comma 1, del Codice penale si avvera qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio in modo da realizzare una condotta idonea a turbare la pubblica quiete;

il reato di cui all’articolo 659, comma 2, del Codice penale si realizza quando siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni dell’autorità che regolano l’esercizio del mestiere e dell’attività, diverse da quelle relativi ai valori limite della legge 447/1995.

Nel caso esaminato dalla Cassazione ricorre la violazione dell’articolo 659, comma 1, del Codice penale, perché il Tribunale ha accertato che l’esercizio pubblico non aveva alcuna autorizzazione a svolgere manifestazioni od eventi con diffusione di musica e/o a utilizzare strumenti musicali.

Si trattava di un’attività che poteva somministrare bevande ed alimenti , ma non poteva diffondere musica fino a tarda notte: mancando detta autorizzazione non poteva applicarsi l’articolo 659, comma 2, del Codice penale. Invece ricorre il reato di cui al comma 1, perché l’attività rumorosa si svolge in un ambito condominiale e produce rumori idonei ad arrecare disturbo e a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante ma anche di una più consistente parte degli occupanti del predetto edificio (Cassazione, sentenza 45616/2013). Il Tribunale ha stabilito, mediante le deposizioni dei condòmini e i rilievi tecnici dell’Arpa, che quel locale pubblico ha dato disturbo al riposo ed alle occupazioni dei condomini, abitanti tutti nello stesso edificio, attraverso l’impianto di diffusione sonora.

In particolare i condòmini sentenza nel dibattimento sono stati concordi nell’affermare che la musica ad alto volume proveniva dal predetto pubblico esercizio. La Corte di cassazione ha annullato la sentenza limitatamente alla liquidazione del danno in favore della costituita parte civile con rinvio per un nuovo giudizio al giudice civile competente.

La Corte non ha, invece, condiviso la sentenza impugnata laddove ha liquidato equitativamente il danno morale perché non erano state motivate le circostanze di fatto considerate in sede di valutazione.

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