Condominio

La trasformazione tecnologica del condominio e i beni che restano comuni

di Giulio Benedetti

Gli edifici condominiali sono soggetti a continue trasformazioni che ne alterano la consistenza originaria stabilita dal costruttore, cristallizzata nelle tabelle millesimali e disciplinata dal regolamento . E' un fenomeno che si è sempre verificato , ma che negli ultimi anni ha assistito ad un notevole sviluppo. Invero gli incentivi fiscali ed energetici hanno cambiato il mercato immobiliare nel senso che gli appartamenti, venduti a minore prezzo a causa della perdurante crisi economica, sono soggetti a radicali interventi di ristrutturazione che spesso ne stravolgono la struttura ed interessano anche le parti comuni.
La riforma della legge n. 220/2012 ha riscritto l'elenco delle parti comuni dell'edificio, previsto dall'art. 1117 c.c.., ed ha adeguato la normativa al progresso tecnologico che introduce sul mercato gli edifici domotici. Ne consegue che il contenzioso condominiale sempre più esorbita dai temi tradizionali e si occupa maggiormente di tali trasformazioni che incidono profondamente sulla vita del condominio ed a tal riguardo la dottrina e la giurisprudenza hanno adottato il criterio interpretativo dell'accessorietà per individuare le cose comuni.
La Corte di Cassazione (Sent. n. 10073/2018) ha rigettato il ricorso di una società avverso una sentenza che aveva escluso la natura condominiale di alcune parti dell'edificio che erano state trasformate, a seguito di una ristrutturazione , in un cortile interno , in uno spazio per quadri elettrici ed in un ascensore ad uso esclusivo per un appartamento . La Corte di Appello ha escluso la natura condominiale di tali parti poiché non erano state menzionate nel rogito di acquisito della società ricorrente, non erano state rappresentate come parti comuni nelle planimetrie catastali redatte dall'originario proprietario dell'intero edificio e inoltre per le stesse mancava una relazione di accessorietà e di rapporto funzionale con l'intero edificio. Pertanto la Corte di Appello affermava l'insussistenza di un rapporto di strumentalità dei beni controversi con l'intero edificio condominiale in quanto gli stessi erano al servizio di una sola porzione.
La Corte di Cassazione afferma che la verifica della relazione di accessorietà è indispensabile e preliminare per rendere operante la presunzione dell'art. 1117 c.c. : laddove manchi in concreto, i beni non possono ritenersi comuni a tutti i condomini , senza che sia necessario verificare la sussistenza di un titolo contrario alla presunzione e fare riferimento all'atto costitutivo del condominio (C.Cass. Sent .n. 884/2018; Sent. n. 4973/2007, Sent. n. 1625/2007) . Quando il bene , anche se rientra nell'elenco dell'art. 1117 c.c., per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali , serva in modo esclusivo al godimento di una sola parte dell'edificio in condominio, la quale formi oggetto di un autonomo diritto di proprietà , viene meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini , poiché la destinazione particolare vince la presunzione legale di comunione , alla stessa stregua di un titolo contrario (C. Cass. Sent. n. 9644/2007, Sent. n. 758/1975).
La presunzione di bene comune, stabilita dall'art. 1117 c.c., viene meno non perché è necessario che il contrario sia espresso dal titolo, ma essendo sufficiente che emergano elementi univoci che siano contrastanti con la esistenza di un diritto di comunione . Invero la presunzione di condominialità si deve basare su elementi obiettivi che rivelino l'attitudine del bene al servizi o o al godimento collettivo. Invece se il bene , per le sue caratteristiche obiettive e strutturali serve in modo esclusivo all'uso di una sola parte dell'immobile , la quale formi oggetto di un autonomo diritto di proprietà, viene meno l'operatività dell'art. 1117 c.c. (C.Cass. Sent. n. 19490/2011; Sent .n. 8119/2004, Sent. n. 24015/2004). Pertanto validamente il giudice accertava che mancava la relazione di accessorietà funzionale e quindi correttamente non dava rilievo al contenuto dei titoli , né considerava che l'atto di accatastamento compiuto dall'unico proprietario , prima della costituzione del condominio, non era stato richiamato nella prima vendita , potendo esso rilevare solo quale titolo contrario alla presunzione dell'art. 1117 c.c. , se non fosse già stata esclusa in concreto tale relazione (C.Cass. Sent. n. 11195/2010; Sent. n. 2670/2011; Sent.n. 1915/1991).
Inoltre il giudice affermava che l'originario proprietario ben poteva disporre di tali locali a vantaggio soltanto di alcuni degli acquirenti delle singole porzioni poiché non facevano parte dei beni condominiali . La Sentenza della Corte di Cassazione fonda il principio di accessorietà , criterio indispensabile per stabilirne la natura condominiale , sulla concreta attitudine funzionale del bene a consentire a tutti i condominio il godimento collettivo . Quindi l'accertamento di fatto della sussistenza di tale accessorietà prevale su tutti gli altri elementi documentali, in modo che la sostanza prevalga sulla forma.

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