Condominio

Aprire una porta sul terrazzo non crea il diritto di proprietà

di Valeria Sibilio

Casi giudiziari generati da lavori abusivi, durante le ristrutturazioni di immobili, sono frequenti nell'universo condominiale. Come dimostra l'ordinanza della Cassazione n°10182 del 2018 nella quale è stato esaminato un caso in cui gli acquirenti di un immobile erano stati citati in giudizio dai venditori proprietari di un altro immobile confinante con quello venduto e facente parte di un complesso edilizio unitario.
I convenuti, nell'eseguire la ristrutturazione del loro immobile, avevano abusivamente aperto una porta di accesso al lastrico solare della porzione di proprietà dei ricorrenti, installando sul lastrico un lavatoio, con impianto idrico ed elettrico, senza il rilascio della concessione edilizia. Deducevano, quindi, che, in tal modo, i convenuti – i quali ribadivano di essere divenuti proprietari del lastrico solare - si erano appropriati di un bene di loro proprietà e, perciò, andavano condannati alla rimozione delle opere.
Il Tribunale accoglieva la domanda proposta dai vicini, condannando i convenuti al ripristino dell'originario stato. La Corte di secondo grado, rigettava l'appello, in quanto la materia del contendere era limitata alla sola questione concernente la proprietà del lastrico solare.
I giudici di appello rilevavano, inoltre, che non poteva accedersi alla tesi degli appellanti secondo cui la stessa era stata avanzata solo da una delle proprietarie, la quale, all'esito della valutazione del giudice di primo grado, non era stata considerata proprietaria del terrazzo. La Corte distrettuale affermava che, dai documenti versati in atti, emergeva che dal 1974 la nuda proprietà dell'immobile in questione era stato donato da padre in figlia, lasciandone alla madre l'usufrutto. Con l'atto del 29 luglio del 1986 madre e figlia, nelle rispettive qualità, donavano prima ad una terza persona l'unità immobiliare sita al piano terra dell'edificio - riservandosi però la proprietà della sovrastante area solare -, e successivamente, con atto del 24 gennaio 1996, vendevano ai convenuti gli immobili in questione. A seguito di tali atti di vendita, le originarie donatarie erano rimaste nella titolarità delle porzioni del fabbricato non alienate, e tra queste dell'area solare sovrastante tutti gli immobili, con la conseguenza che gli appellanti non potevano vantare alcun diritto sul terrazzo oggetto di causa. A loro carico anche le spese di lite in ragione della loro sostanziale soccombenza.
Gli appellanti proponevano ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Con il primo, ritenevano che, nonostante sin dall'inizio una delle proprietarie avesse affermato la propria estraneità rispetto al lastrico solare, quanto meno per le spese non poteva addivenirsi alla condanna dei ricorrenti a suo favore. Inoltre, la seconda proprietaria – la suddetta figlia - aveva a sua volta escluso di essere proprietaria del lastrico solare, sicché l'accoglimento della domanda in suo favore costituiva una violazione dell'art. 112.
Il motivo è stato ritenuto infondato, in quanto la Corte di merito, avvalendosi del potere ad essa riservato di interpretazione della domanda stessa, ha ritenuto che in realtà, nell'atto di citazione, tutte e tre le attrici si erano qualificate proprietarie dell'immobile a tutela del quale agivano e che pertanto non poteva reputarsi che vi fosse un'affermazione della proprietà a favore di una sola, idonea a precludere l'accoglimento della domanda di revindica in favore di quella dell'attrice rivelatasi essere poi l'unica proprietaria, a seguito dell'istruttoria espletata. Infondata anche la censura per quanto attiene alla violazione delle previsioni in tema di regolamentazione delle spese di lite, delle quali si è unicamente occupata la sentenza oggetto di ricorso. In sede di appello era stata messa in discussione solo la questione concernente la titolarità del lastrico solare, già risolta dal Tribunale. Non essendo stato posto in contestazione l'assetto della sentenza di prime cure, è emersa la correttezza della condanna al rimborso delle spese.
Nel secondo motivo i ricorrenti rilevavano che i convenuti, in primo grado, avessero chiesto il rigetto delle domande attoree, dovendosi accertare l'esistenza da tempo immemorabile di un accesso al lastrico attraverso la proprietà dei coniugi acquirenti. Tali domande imponevano l'espletamento dell'attività istruttoria richiesta in entrambi i gradi e denegata. Il motivo si risolve evidentemente in una censura di merito, insuscettibile di trovare spazio in sede di legittimità, palesandosi il reale intento dei ricorrenti di aspirare con le censure mosse ad un apprezzamento dei fatti difforme da quello oggetto di ricostruzione da parte del giudice di appello. La sentenza gravata ha, infatti, ricostruito le vicende dominicali dei beni oggetto di causa partendo correttamente dalla disamina dei titoli di provenienza, fornendo quindi un'interpretazione dei vari atti traslativi, per effetto della quale doveva escludersi che l'acquisto dei ricorrenti ricomprendesse anche il lastrico solare. Il convincimento del giudice di merito circa la possibilità di pervenire all'accertamento della reale situazione dominicale dei beni sulla scorta dei titoli di provenienza, denota l'infondatezza della denuncia circa la mancata ammissione dei mezzi di prova e di rinnovo della CTU, essendosi ritenute del tutto soddisfacenti le considerazioni svolte dall'ausiliario d'ufficio, e valutando del tutto prive di concludenza le deduzioni degli appellanti in relazione al tema oggetto dell'indagine peritale.
Nel terzo motivo, i ricorrenti deducevano che, in caso di dubbio, deve reputarsi che i lastrici solari rivestano la natura di bene condominiale ex art. 1117 c.c., anche alla luce delle caratteristiche del bene. I convenuti avevano chiesto accertarsi l'esistenza da tempo immemorabile di porte e finestre che consentivano di accedere al lastrico dall'immobile acquistato dai ricorrenti, il che avrebbe permesso di affermarne la natura quanto meno condominiale. Anche tale motivo è infondato, per la Cassazione. Nella specie è ravvisabile una statuizione implicita di rigetto della richiesta di accertare la proprietà del bene in capo ai convenuti, avendo la sentenza impugnata reputato che, sulla scorta dei titoli di provenienza, fosse possibile affermare che l'originaria unica proprietaria dell'immobile si era riservata a proprietà del lastrico solare, impedendo quindi sia l'acquisto da parte dei convenuti, sia l'acquisto della qualità di bene condominiale, ai sensi dell'art. 1117 c.c.. Trattasi di apprezzamenti delle risultanze istruttorie demandati esclusivamente al giudice di merito, i quali oltre a determinare il rigetto implicito della domanda avanzata in comparsa di risposta, danno contezza dell'insussistenza della dedotta violazione dell'art. 1117 c.c., la cui inapplicabilità alla fattispecie risulta essere il frutto della precisa volontà dell'originario unico proprietario di riservarsene la proprietà esclusiva, al momento in cui si è determinata una situazione tale da dare vita ad un condominio.
La Cassazione ha rigettato, perciò, il ricorso, condannando i ricorrenti al rimborso in favore delle controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 4.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori di legge.

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