Condominio

Perimetro più ampio per i gravi difetti nelle costruzioni

di Lidia Scantamburlo

Anche delle piccole fessure nell’intonaco esterno di un edificio possono essere classificate come grave difetto costruttivo. La Cassazione sta rendendo sempre più estesa l’area dei gravi difetti che fanno scattare la responsabilità aggravata dell’appaltatore, in base all’articolo 1669 del Codice civile.

Da ultimo la seconda sezione della Cassazione è intervenuta la scorsa settimana (con la sentenza 10048 del 24 aprile) e ha ulteriormente esteso questa nozione alle «fessurazioni o microfessurazioni (tra le quali le cavillature) di intonaci (o anche di altri tipi di rivestimento)» e questo a prescindere «dalla possibilità di dar luogo o no a infiltrazioni». In questo quadro, ritiene la Cassazione, «quand’anche le fessurazioni impattino solo dal punto di vista estetico», esse devono comunque essere qualificate, in via astratta, come idonee a compromettere la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene e, quindi, a configurare un grave vizio ex articolo 1669 del Codice civile.

Le Sezioni unite della Cassazione hanno inoltre chiarito in via definitiva che l’appaltatore risponde in base all’articolo 1669 anche se interviene su una costruzione già esistente: è pertanto del tutto indifferente che i gravi vizi riguardino una costruzione interamente nuova, o un edificio preesistente interessato da lavori manutentivi o di restauro (Sezioni unite civili, sentenza 7756/17). Il dato oggettivo è unicamente l’incidenza che la problematica dell’opera può avere sul godimento del bene.

I giudici hanno ampliato i confini della responsabilità dell’appaltatore mediante una progressiva estensione della nozione di “grave difetto” della costruzione rispetto alle ipotesi (più facilmente individuabili) di rovina totale o parziale di un fabbricato o di evidente pericolo di rovina.

La casistica

In questo perimetro i giudici hanno incluso i gravi difetti degli impianti di scarico delle acque, ma soprattutto quelli determinanti infiltrazioni di ogni sorta; la mancata protezione del fabbricato dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dal fondo contiguo; i vizi del tetto e del terrazzo tali da provocare infiltrazioni d’acqua negli appartamenti sottostanti; il difetto di impermeabilizzazione del tetto; la pendenza dei balconi verso l’esterno .

Rientrano tra i gravi difetti anche la gran parte dei vizi che attengono al rivestimento esterno dell’immobile, ai pavimenti, ai difetti dell’intonaco che staccandosi pregiudica l’impermeabilizzazione e l’isolamento termico, il distacco delle mattonelle, le esalazioni della canna fumaria e l’utilizzo di materiali scarsamente adesivi e friabili.

I difetti estetici

Al contrario, i vizi meramente estetici continuano ad essere estranei all’articolo 1669 del Codice civile, essendo destinati a ricadere nella diversa (e meno grave per alcuni aspetti) disciplina delle garanzie per difformità e vizi ai sensi dell’articolo 1667 . In questo senso il tribunale di Milano (sezione VII, sentenza 12 febbraio 2018) ha escluso la qualificazione in termini di gravi difetti della cavillature riscontrate sui «marmi della cornice perimetrale esterna dei balconia».

La responsabilità

La responsabilità dell’appaltatore sussiste, comunque, entro dieci anni dal compimento dell’opera (ovvero dal giorno in cui sono stati ultimati i lavori). L’esperibilità dell’azione è subordinata alla denuncia del committente entro il termine di decadenza di un anno dalla scoperta del grave vizio il quale, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, decorre dal giorno in cui questi abbia conseguito una sicura conoscenza dei vizi e delle loro cause: il termine può ritenersi posposto all’esito degli accertamenti tecnici necessari per comprendere la gravità dei vizi e stabilirne la causa (da ultimo, Cassazione civile 2436/2018).

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