Condominio

Prese d’aria sul marciapiede: si paga il Cosap anche senza concessione

di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico

Sui “grigliati” condominiali il Cosap va pagato anche senza concessione
Il condominio che sostituisce con delle griglie una parte del suolo pubblico e crea delle intercapedini al fine di migliorare il godimento dei locali sotterranei dell'edificio, è obbligato a pagare al Comune il Cosap (Canone per l'occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche) e ciò vale anche in assenza di una specifica concessione rilasciata dalla pubblica amministrazione.
È quanto deciso dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 1435 del 19 gennaio 2018, che ha accolto il ricorso del Comune di Roma contro la sentenza del tribunale capitolino che - ribaltando il giudizio del giudice di pace - aveva ritenuto il canone “non dovuto”, condannando l'amministrazione alla restituzione delle somme versate dal condominio a titolo di canone, oltre agli interessi.
Come osservato dai giudici supremi, infatti, «già nella vigenza del Regio Decreto 14 settembre 1931 (…) che aveva introdotto la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, questa Corte aveva affermato che la stessa era dovuta non in relazione alla limitazione o sottrazione all'uso normale e collettivo di parte del suolo, ma in relazione all'utilizzazione particolare (o eccezionale) che ne traeva il singolo, sicché, qualora il proprietario del suolo gravato da servitù pubblica di passaggio avesse sostituito una parte del piano di calpestio con griglie, al fine di migliorare il godimento dei locali sottostanti al suolo, il medesimo si sarebbe venuto a trovare in una situazione di utilizzazione particolare dell'area stessa, che costituiva il presupposto per l'applicazione della tassa (Cass. 11/03/1996, n. 1996)».
Senonché, rispetto alla tassa, il canone di occupazione del suolo pubblico – di cui si discute nella vertenza in oggetto - istituito dall'articolo 63 del Dlgs 446/1997 è qualcosa di “ontologicamente” diverso, che sostituisce la tassa, e si configura come corrispettivo di una concessione, reale o presunta, dell'uso esclusivo e speciale di beni pubblici da parte del singolo. Nello stesso senso si pone l'articolo 16 del Regolamento del Comune di Roma, approvato con delibera consigliare 339/1998, laddove prescrive che il canone è dovuto dal titolare della concessione (dovendosi intendere per titolare della concessione, anche l'utilizzatore di fatto).
In quest'ottica per la Cassazione non può essere condivisibile la pronuncia del giudice di appello, che ha ritenuto che la mancanza della concessione fosse ostativa all'obbligo di pagamento del canone. E infatti, per la Corte Suprema «quando vi sia un'occupazione di fatto del suolo pubblico» l'assenza di tale formale concessione è del tutto irrilevante. Di conseguenza, oltre al pagamento delle spese processuali, il condominio è obbligato a versare il canone comunale, secondo le tariffe predisposte dall'amministrazione cittadina.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©