Condominio

Come affittare un immobile di proprietà condominiale

di Anna Nicola

Diversi sono i locali del condominio che possono essere oggetto di contratto di locazione. Si pensi, ad esempio, alla sala giochi, ai locali lavanderia, al sottotetto, all'alloggio del portiere ove l'assemblea abbia deciso di sopprimere il relativo servizio. In assenza di disposizioni del regolamento di condominio o assembleari, ai sensi dell'art. 1102, primo comma, c.c. ogni condomino può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.
Il condominio può decidere di locare una parte del suo edificio, quale, ad esempio, l'alloggio dell'ex-portiere. Le norme dettate in materia di condominio negli edifici non si occupano direttamente di una simile fattispecie. E' necessario studiare le disposizioni dettate per la comunione in generale, applicabili al condominio in virtù del rinvio operato dall'art. 1139 c.c. La norma di riferimento è quella dettata dal terzo comma dell'art. 1109 c.c. secondo il quale: “E' necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni.”
Per esempio, il condominio vuole affittare l'alloggio del portiere, andato in pensione, o un locale deposito che abbia i requisiti di legge per essere adibito a civile abitazione.
Se la durata del contratto non è superiore a nove anni, la sua conclusione è un atto di amministrazione ordinaria. L'assemblea in prima convocazione può deliberare di concedere il bene comune in locazione a maggioranza ex art. 1136, secondo comma, c.c. cioè con il voto espresso dalla maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno metà del valore dell'edificio. In seconda convocazione è sufficiente la decisione assunta con un numero di voti rappresentanti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio
<<Quando non sia possibile l'uso diretto della cosa comune per tutti i condomini, proporzionalmente alla loro quota, come nella specie rilevato senza contestazioni di sorta, i condomini possono deliberarne l'uso indiretto, a maggioranza, tramite atto di ordinaria amministrazione, qual'e' il contratto di locazione>>. (Cassazione 13763/2004).
<<La conclusione del contratto di locazione di un appartamento condominiale è da considerarsi atto di amministrazione ordinaria, essendo possibile conseguire la finalità del “miglior godimento delle cose comuni” anche attraverso l'accrescimento dell'utilità del bene mediante la sua utilizzazione indiretta (locazione, affitto); ne consegue che, ove l'amministratore del condominio abbia locato il bene condominiale anche in assenza di un preventivo mandato che lo abilitasse a tanto, deve ritenersi valida la ratifica del suddetto contratto di locazione disposta dall'assemblea dei condomini con deliberazione adottata a maggioranza semplice.>> (Cass.10446/1998).
<<La deliberazione dell'assemblea del condominio con la quale viene dato in locazione ad uno dei condomini il locale condominiale in cui è sistemato l'impianto di riscaldamento ed affidato allo stesso condomino la gestione del servizio di riscaldamento richiede, ai fini della sua validità, la maggioranza semplice, avendo ad oggetto la disciplina di un servizio volto al soddisfacimento dell'interesse collettivo dei condomini, e non un'innovazione diretta all'uso più comodo o al maggior rendimento di cosa comune>>. (Cass. 270/1976).
Il presupposto giuridico della decisione condominiale è la convocazione dell'assemblea e l'assunzione della relativa decisione in questa sede.
<<In tema di amministrazione del bene comune, la validità e vincolatività, nei confronti della minoranza dissenziente, della decisione adottata dalla maggioranza dei partecipanti, secondo la previsione dell'art. 1105 c. c., postula che tale decisione venga espressa mediante una formale deliberazione assembleare, previo avviso di convocazione a tutti i condomini>>. (Cass. 538/1982).
I presupposti fattuali che permettono all'assemblea di decidere in questo senso sono l'impossibilità di fare un uso individuale del bene in modo diretto e l'indivisibilità del godimento di esso.
<<Quando non sia possibile l'uso diretto della cosa comune per tutti i condomini, proporzionalmente alla loro quota, come nella specie rilevato senza contestazioni di sorta, i condomini possono deliberarne l'uso indiretto, a maggioranza, tramite atto di ordinaria amministrazione, qual e' il contratto di locazione>> (Cass. 13763/2004, n. 13763). Laddove la destinazione attuale della cosa comune, per sua natura o per volontà dei condomini, sia tale da escluderne l'uso diretto per tutti i partecipanti al condominio, proporzionalmente alla loro quota, non trova applicazione la regola generale dell'uso diretto della cosa comune, ben potendo i condomini deliberare l'uso indiretto della stessa (nella specie, l'assemblea ordinaria aveva deliberato l'uso indiretto della cosa comune attraverso un contratto di locazione). (cfr. Trib. Trapani, 20/07/2001).
<<L'uso indiretto del bene comune (nella specie: mediante locazione) è validamente disposto con deliberazione presa a maggioranza dei condomini allorchè sia impossibile e irragionevole il ricorso all'uso diretto del suddetto bene per tutti i condomini, in proporzione alla loro quota, promiscuamente, oppure con turni temporali o frazionamenti degli spazi; l'eventuale istanza avanzata da uno dei condomini al fine di ottenere la conduzione dell'immobile non vincola l'assemblea a preferire il condomino a terzi nella locazione del bene comune, fatte salve diverse disposizioni di legge o del regolamento di condominio.>> (Cass. 4131/2001).
Occorre considerare l'uso potenziale del bene. Se esso può servire a determinati fini, anche se non attuati nel concreto, la locazione può essere conclusa solo all'unanimità del condominio.
Ad es. non si può locare un lavatoio comune, anche se attualmente non utilizzato da nessuno, ma potenzialmente usufruibile.
Inoltre se il bene viene goduto dai singoli condomini in momento diversi, ad esempio, secondo disposizioni di turnazione o in modo promiscuo, la locazione del bene non può avere luogo se non con il consenso unanime di tutti gli interessati. Ad es., il cortile è destinato per posti auto comuni di cui il singolo dispone in ragione di criteri di turnazione.
<<L'uso indiretto della cosa comune (nella specie, mediante locazione), incidendo sull'estensione del diritto reale che ciascun comunista possiede sull'intero bene indiviso, può essere disposto dal giudice o deliberato dall'assemblea dei condomini a maggioranza, soltanto quando non sia possibile o ragionevole l'uso promiscuo, semprechè la cosa comune non consenta una divisione, sia pure approssimativa, del godimento. L'indivisibilità del godimento costituisce il presupposto per l'insorgenza del potere assembleare circa l'uso indiretto, onde la deliberazione che l'adotta senza che ne ricorrano le condizioni è nulla, quale che sia la maggioranza, salvochè ricorra l'unanimità.>> (Cass. 8528/1994).
<<L'uso indiretto della cosa comune, risolvendosi in una minorazione delle facoltà del dominus e incidendo sulla estensione del diritto reale che ciascun comunista possiede sull'intero bene indiviso, può essere disposto dal giudice o deliberato dall'assemblea dei condomini, a maggioranza, solo quando non sia possibile o ragionevole l'uso promiscuo e sempreché la cosa comune non consenta una divisione sia pure approssimativa del godimento.>> (Cass. 312/1982).
La mancanza della formazione di una maggioranza in assemblea per stabilire l'ammontare del canone, determina l'impossibilità della stipulazione del contratto per impossibilità dell'oggetto o della causa, venendo a mancare la determinazione della seconda prestazione del sinallagma.
Ove non vi sia la previa decisione assembleare di concedere il bene in locazione, l'amministratore agisce in assenza di poteri. Successivamente alla conclusione del contratto, il condominio può far proprio il contratto, ratificando l'operato del suo mandatario in prima o seconda convocazione.
<<Ove l'amministratore del condominio abbia locato un appartamento di proprietà condominiale in assenza di preventivo mandato che lo abilitasse, deve ritenersi valida la ratifica di tale contratto di locazione, integrante atto di ordinaria amministrazione, disposto dall'assemblea dei condomini con deliberazione adottata a maggioranza semplice>>. (Trib. Bologna, 09/08/1999).
Anche la disdetta del contratto e la conseguente azione per ottenere il rilascio dell'immobile, ove questi non sia stato spontaneamente liberato dal conduttore, possono costituire oggetto di deliberazione di ratifica
<<La disdetta del contratto di locazione proveniente dal “falsus procurator” del locatore può essere da quest'ultimo ratificata, ai sensi dell'art. 1399 c.c., con effetto retroattivo nei confronti del conduttore; sicchè, ai fini dell'operatività della disdetta, nonchè ai fini della legittimazione processuale del “falsus procurator”, ove questi abbia altresì promosso il procedimento di sfratto per finita locazione, non rileva che la ratifica sia intervenuta dopo la scadenza del termine utile per la comunicazione della disdetta e dopo l'inizio del giudizio di rilascio dell'immobile locato (nella specie, l'amministratore del condominio locatore aveva comunicato la disdetta e iniziato il procedimento di sfratto per finita locazione senza il preventivo mandato dall'assemblea condominiale).>> (Cass. 6075/1995).
Il mutamento della destinazione dell'unità in precedenza locata può essere deciso dall'assemblea con le maggioranze prescritte dall'art. 1136, secondo e terzo comma, c.c.(a seconda che la riunione si svolga in prima o seconda convocazione) al fine di concedere l'immobile in locazione a fini diversi da quelli previsti in precedenza.
<<La delibera che autorizzi la locazione per l'esercizio di un'attività professionale di un immobile condominiale, in precedenza adibito a civile abitazione, non costituisce un'innovazione, ex art. 1120 c.c., ma soltanto una diversa utilizzazione del bene comune, che l'assemblea dei condomini può approvare con la maggioranza semplice dell'art. 1136, comma 2, c.c.>> (Trib. Salerno, 14/01/2011).
Il condominio può deliberare di dividere l'unità immobiliare, oggetto del rapporto di locazione, e di far eseguire i conseguenti interventi, al fine di concedere con altro contratto locatizio l'alloggio conseguentemente derivato. La deliberazione è validamente assunta ex art. 1136, secondo comma e terzo comma, c.c. in quanto la divisione del locale non altera l'entità sostanziale dello stesso, né ne muta la destinazione originaria, ma potenzia ed indubbiamente rende più vantaggioso il godimento della cosa comune.
<<I lavori deliberati dall'assemblea di condominio per la divisione di un locale di proprietà condominiale (già adibito a portineria) e già condotto in locazione da un terzo, al fine di conseguire due locali, di cui uno da concedere in locazione ed altro da destinare al parcheggio dei motoveicoli di proprietà dei condomini, non costituiscono innovazione, bensì mera modifica finalizzata al miglior godimento e sfruttamento del bene comune, a maggior ragione se nessun nocumento economico ne derivi - come nel caso di specie – al condominio. La delibera per l'approvazione di detti lavori, pertanto, non necessita delle maggioranze di cui al comma 5 dell'art. 1136 cod. civ., essendo invece sufficiente la maggioranza semplice di cui al comma 2 del richiamato art. 1136 cod. civ. La suddetta decisione, infatti, non integra gli estremi della innovazione propriamente detta, giacché la divisione del locale non altera l'entità sostanziale dello stesso, né ne muta la destinazione originaria, ma potenzia ed indubbiamente rende più vantaggioso il godimento della cosa comune.>> (Trib. Napoli, 14/01/2005).
Il contratto di locazione si qualifica come atto di straordinaria amministrazione solo ove prevede che la durata del rapporto sia ultranovennale
<<La stipulazione di una locazione di immobile per uso diverso dall'abitazione, disciplinata dagli art. 27 ss. legge n. 392 del 1978, configura un atto di straordinaria amministrazione solo quando raggiunga una durata ultranovennale per effetto della preventiva rinuncia del locatore alla facoltà di diniego della rinnovazione del rapporto accordatagli dagli art. 28 e 29 stessa legge (conseguentemente, la cassazione ha confermato la pronunzia di merito che aveva ritenuto valido il contratto di locazione concluso dagli amministratori di una comunione ereditaria muniti di poteri di ordinaria amministrazione e ratificato a maggioranza dai partecipanti alla comunione). (Cass. 10779/1993).
Ove si preveda una durata superiore a nove anni, occorre il consenso unanime dei comunisti ex artt. 1105 e 1108 c.c.
<<Il contratto di locazione ultranovennale del bene comune stipulato senza il consenso unanime dei partecipanti alla comunione è da considerare totalmente inefficace. I comunisti dissenzienti tuttavia difettano della legittimazione ad agire, nell'interesse della comunione, per il rilascio immediato del bene locato a causa dell'evidente contrasto fra i comproprietari, ed hanno diritto esclusivamente al risarcimento del danno>>. (Trib. Cagliari, 07/06/1993).
<<La locazione della cosa comune da parte di uno dei comproprietari sorge validamente e svolge i suoi effetti contrattuali, anche se il locatore abbia violato i limiti dei poteri di amministrazione a lui spettanti a norma degli art. 1105 e 1108 c. c. (nella specie: attraverso la stipula di una locazione ultranovennale senza il consenso degli altri comproprietari), senza che agli altri partecipanti, che gli hanno lasciato la completa disponibilità della cosa, possa competere azione di rilascio, e tantomeno di revendica, nei confronti del conduttore, salvo il diritto al risarcimento dei danni verso il condomino-locatore, ove la sua attività risulti pregiudizievole agli interessi della comunione.>> (Cass.5890/1982).
<<La delibera con la quale un'assemblea di condominio approvi la transazione di una vertenza mediante concessione di un'area comune in locazione ultranovennale deve essere approvata, a pena di nullità, all'unanimità dei partecipanti al condominio.>> (Trib. Napoli, 19/11/1994).
Il rapporto di locazione così posto in essere segue le normali regole dettate dalla normativa vigente in materia. La locazione deve essere a titolo oneroso. Il canone percepito deve essere ripartito tra tutti i condomini in ragione delle rispettive quote millesimali di proprietà oppure, a seguito di apposita deliberazione assembleare -in prima o seconda convocazione- accantonati in un fondo destinato a determinate opere ovvero ancora portate in detrazione della spese generali, così che tutti i condomini ne abbiano vantaggio. La contro prestazione della locazione può anche essere rappresentata da qualcosa di diverso dal denaro, quali servizi che vengono resi a favore dell'intero stabile.
<<La deliberazione dell'assemblea del condominio con la quale viene dato in locazione ad uno dei condomini il locale condominiale in cui è sistemato l'impianto di riscaldamento ed affidato allo stesso condomino la gestione del servizio di riscaldamento richiede, ai fini della sua validità, la maggioranza semplice, avendo ad oggetto la disciplina di un servizio volto al soddisfacimento dell'interesse collettivo dei condomini, e non un'innovazione diretta all'uso più comodo o al maggior rendimento di cosa comune.>> (Cass., 270/1976).
Il conduttore può non versare il canone contrattualmente previsto con il condominio o versarlo in misura inferiore ove il godimento dell'immobile si sia temporaneamente ridotto in ragione di eventi non derivanti da chi detiene l'immobile, in applicazione del principio generale–qui parziale- inademplendi non est ademplendum.
<<In tema di locazione al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore. La sospensione totale o parziale dell'adempimento dell'obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un'alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. Inoltre, secondo il principio “inadimplenti non est adimplendum”, la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede. (Nella specie, in applicazione del riportato principio, la S.C. ha confermato la sentenza con cui il giudice di appello aveva limitato il periodo di inutilizzabilità dell'immobile locato - con conseguente esonero del conduttore dal pagamento dei canoni della locazione e degli accessori - a quello di effettiva inagibilità dei locali, danneggiati dall'acqua utilizzata per spegnere un incendio sviluppatosi nel condominio)>>. (Cass. 261/2008).
Se il condominio intende esercitare il diritto di recesso deve prestare attenzione ai termini e alle modalità contrattualmente previsti a questo fine in quanto la comunicazione di disdetta non inviata o inviata in ritardo comporta il rinnovo della locazione. Ad es. clausola per diritto di recesso nel contratto di locazione di alloggio condominiale: Il condominio, nella persona dell'amministratore, può esercitare il diritto di recesso con l'invio di una raccomandata a.r. almeno sei mesi prima della scadenza contrattuale. Solo questa modalità e il rispetto di questo termine comportano lo scioglimento del rapporto.
<<La locazione si ha per rinnovata se, scaduto il termine di essa, il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa locata o se, trattandosi di locazione a tempo indeterminato, non è stata comunicata la disdetta a norma dell'articolo precedente>>. (Trib. Milano, 05/05/2010).
Particolare è la locazione di parte del lastrico solare del condominio per l'installazione di una stazione radio in quanto viene inquadrata come innovazione vietata in quanto può creare pregiudizio allo stabile, compreso il decoro architettonico. Per poter validamente concludere questo contratto, occorre la deliberazione unanime
<<Laddove non approvata dall'unanimità dei condomini, è nulla la delibera con la quale l'assemblea autorizzi l'amministratore a stipulare con una società telefonica un contratto di locazione di parte del lastrico solare comune, al fine dell'installazione - dietro corresponsione di un canone convenuto - di una stazione radio base per telefonia mobile, integrando tale opera una innovazione vietata ex art. 1120, comma 2, c.c.>> (Trib. Milano, 23/10/2002).
Il contratto di locazione può interessare anche un immobile in comproprietà. Anche qui sussiste il limite di confine tra locazione inferiore a nove anni e locazione ultranovennale
<<Il contratto di locazione di immobili adibiti ad attività alberghiera, di durata non inferiore a nove anni e tacitamente rinnovabile per un eguale periodo di tempo, ancorché alla prima scadenza contrattuale il locatore possa esercitare la facoltà di diniego soltanto per i motivi indicati dall'art. 29 l. 27 luglio 1978 n. 392, non può essere considerato contratto di durata superiore a nove anni, posto che la durata ultranovennale è solo eventuale, con la conseguenza che, con riguardo ad immobile in comproprietà, per la sua stipulazione non è necessario il consenso di tutti i partecipanti alla comunione, prescritto dall'art. 1108, 3° comma, c.c. per tale tipo di locazione.>> (Cass., 11771/1993).
L'art.1 co.346 della L. 431 del 30.12.04 (nota come legge finanziaria 2005) testualmente recita: “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”.
<<I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati>>. (Trib. Bari, 05/05/2010).
La disposizione in esame (art. 346, comma 1, L. 431/2004) ha costituito oggetto di diverse pronunce della Corte Costituzionale, la quale ha rilevato che, sebbene in ambito di normativa fiscale, le questioni sollevate e portate al suo vaglio erano infondate e/o inammissibili. Ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione -sollevata dal Tribunale di Torino, con ordinanza del 1° giugno 2006- di legittimità costituzionale dell'art.1 co.346 della L.431/04 in relazione all'art.24 Cost. “per l'inconferenza del parametro costituzionale invocato, dal momento che nell'ordinanza non veniva chiarito sotto quale profilo sia prospettata la violazione della citata disposizione costituzionale, stante il carattere sostanziale della norma denunciata, che non attiene alla materia delle garanzie di tutela giurisdizionale, limitandosi a sancire una nullità non prevista dal codice civile e che tale norma, come esattamente rilevato dalla difesa erariale, non introduce ostacoli al ricorso alla tutela giurisdizionale, ma eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell'art. 1418 cod. civ. (nello stesso senso, per l'infondatezza della questione quando sia invocato, con particolare riguardo all'art. 24 Cost., un parametro inconferente, ex plurimis, ordinanze numeri 181 e 180 del 2007, n. 940 del 2004, n. 940 del 1988)” (Corte Cost., ordinanza 420/2007). Con la successiva ordinanza n.389/08, ha ribadito il principio affermato con l'ordinanza del 2007. In questo caso a sollevare la questione è stato il Tribunale di Napoli con ordinanza del 24 settembre 2007, che ritiene l'art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 in contrasto con gli artt. 3, 24 e 41 della Costituzione.
Si riportano per completezza due decisioni della Corte Costituzionale in tema di alloggi assegnati in condominio in applicazione di leggi regionali: la Corte ha affermato che anche per queste fattispecie l'amministratore del condominio vede riconosciuti i suoi poteri istituzionali, compreso l'obbligo di agire nei confronti degli assegnatari morosi.
<<E' manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 35, comma 3, l. reg. Toscana 4 maggio 1989 n. 25 e dell'art. 32, comma 3, l. reg. Toscana 20 dicembre 1996 n. 96, nella parte in cui prevedono che, in caso di assegnazione in locazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica compresi in stabili a regime condominiale, le spese relative ai servizi a rimborso sono versate direttamente all'amministratore del condominio, cui compete di agire anche in giudizio per il recupero nei confronti degli assegnatari inadempienti o morosi, in riferimento all'art. 108 cost.>> (Corte cost., 352/2001).
<<E' manifestamente infondata, con riferimento all'art. 108 cost., la q.l.c. dell'art. 32 comma 3 l. reg. Toscana 20 dicembre 1996 n. 96 (Disciplina per l'assegnazione, gestione e determinazione del canone di locazione degli alloggi di e.r.p.), nella parte in cui prevede che, in caso di assegnazione in locazione di alloggi compresi negli stabili a regime condominiale, le spese relative ai servizi a rimborso (quali le spese di riscaldamento) sono versate direttamente all'amministrazione del condominio, cui compete di agire in giudizio per il recupero nei confronti degli assegnatari inadempienti o morosi, in quanto - pur dovendo ribadirsi che il legislatore regionale non può emanare norme che prevedano rimedi giurisdizionali, ovvero dispongano in ordine a poteri o facoltà dell'autorità giudiziaria, riservando l'art. 108 cost. alla competenza del legislatore statale la materia della giurisdizione e quella processuale - la disposizione impugnata non detta alcuna norma in tali materie, ma pone un obbligo diretto, di natura sostanziale, a carico degli assegnatari nei confronti del condominio e, simmetricamente, un credito in favore del condominio direttamente nei confronti degli assegnatari, senza peraltro alterare la posizione dei diritti e degli obblighi dell'ente gestore nei confronti del condominio stesso e senza in particolare introdurre alcuna ipotesi di accollo privativo; ed in quanto è estraneo all'ambito della censura di costituzionalità proposta dal Giudice “a quo” il diverso ed ulteriore profilo concernente il limite che la potestà legislativa regionale incontra nella materia del diritto privato.>> (Corte cost. (Ord.), 243/2000).

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